“Vin de meie”: Il gusto frizzante delle mele

Di Alessia Cotta Ramusino

Vino di mele del Genovesato?

Non è l'ultimo prodotto del marketing o il risultato

di un qualche esperimento genetico sui cloni di un

vitigno raro!

 

Qualcuno lo vuole considerare una stravagante diavoleria di Piero Lugano, patron dell'azienda agricola Bisson ideatore del vino spumante degli Abissi affinato nella Baia di Portofino, ma la restante parte conoscendo il suo amore per la storia e per l'arte, sia espressiva che delle produzioni agricole, sa che lo ha riscoperto dalle antiche tradizioni della nostra terra ligure grazie a Stefano Rolli.

 

E' pur sempre vino... il prodotto della fermentazione di un succo di un frutto, ma stavolta protagonista è la mela!

“Cidre” o “jus de pommes fermenté” così lo chiamano i francesi, sì perchè ancora una volta la Francia è attrice di questa storia che risale al 1500 quando il sidro fu introdotto in Normandia dai marinai provenienti dai Paesi Baschi che portavano con loro questa dolce bevanda inebriante che chiamavano sagarnoa o sagardoa che in basco letteralmente significa “vino di mela”. In realtà il merito della diffusione del sidro va attribuito agli arabi, protagonisti delle migliorìe agricole più importanti e della diffusione della coltura delle mele in tutto il mondo. Ma è in Gran Bretagna che nel 1700 ha un vero e proprio boom di consumi, per via del prezzo economico delle mele rispetto ai cereali per produrre birra e anche per le difficoltà nel reperire vino. Continua tutt'oggi ad essere uno dei paesi di maggior consumo tanto che ha indotto alcune delle maggiori case di produzione di birra e quindi Heineken con Strongbow Gold, Carlsberg con Somersby Cider e Stella Artois Cidre a dedicare al sidro una cospicua parte di produzione destinata per la maggior parte proprio al popolo britannico.

Ritorniamo a noi e al nostrano “vin de meie” presentato il 15 maggio alla Brinca di Ne della famiglia Circella che ha ospitato gli ideatori e promotori di questa produzione: Stefano Rolli, giornalista e vignettista del Secolo XIX, Piero Lugano (Bisson di Chiavari), Enzo Michelet dello studio di analisi e consulenza in enologia Michelet di Conegliano (Treviso). Costoro prendono la parola durante la serata e spiegano l'intero progetto, dall'idea di Stefano Rolli all'incoraggiamento, sostegno e supporto di Piero Lugano ed alla definizione tecnica e realizzazione del prodotto finale di Enzo Michelet.

Stefano Rolli nel suo intervento dà qualche cenno storico raccontando di come il sidro fosse una bevanda in uso nelle nostre campagne dove la produzione di mele era indirizzata sia per il consumo fresco, raggiungendo il mercato di Genova e del vicino Piemonte, sia per la trasformazione. Le "mele da sacco" chiamate così perché di seconda scelta, si vendevano infatti per essere trasformate in "alcool" e gli stessi agricoltori locali erano soliti preparare surrogati del vino, per l'appunto il "vin de meia" sidro e la "vinetta" preparata con mele e raspi di uva. Le mele più utilizzate erano di varietà locali come la Selvatica di Casella, mela abbastanza grossa, la Gianchetta, bianca, rotonda, non tanto grossa ma gustosa e la Garbuçinn-a, mela rossa di medio-piccole dimensioni, presente in Valbrevenna. Stefano confessa che l'esperimento è stato fatto con le mele del suo giardino...

Enzo Michelet prosegue poi con la spiegazione della preparazione e quindi di una prima fase di lavorazione consistente nella frantumazione delle mele, una successiva fase di torchiatura da cui si ottiene il primo succo, il quale, dopo essere filtrato, viene riposto in un recipiente dove avviene una prima fermentazione di circa 3-4 giorni. Il prodotto così ottenuto viene travasato e lasciato rifermentare in bottiglia.


Piero Lugano interviene parlando di un aspetto sociale importante che ultimamente è argomento di molti dibattiti televisivi che riguarda il consumo di alcool tra i giovani. Il vin de meie, sostiene, è una bevanda salutare che non ha bisogno di coloranti o conservanti né di anidride carbonica aggiunta, è di un tenore alcolico contenuto pari a 5-6 gradi, ha un gusto piacevolmente fresco adatto agli aperitivi tanto in voga tra i ragazzi durante quelli che loro chiamano apericene o negli happy hour. Continua poi illustrandoci come l'imbottigliamento si esegua in bottiglie da spumante e con tappo a gabbia in quanto il prodotto risulta leggermente frizzante. Ce ne accorgiamo dal botto fragoroso nell'apertura... il sommelier dal volto contrito esprime il proprio disappunto nell'aver invano tentato di frenare l'esplosione ma la sala reagisce con entusiasmo perché comunque quello scoppio rimanda pur sempre ad occasioni di festa...

Ecco che ci è servito il Vin de Meie e tutti i commensali armati di scheda e penne cominciano la degustazione, così faccio io: all'esame visivo si presenta di colore intenso, compatto, giallo dorato e Michelet precisa che trattasi di un vino appena imbottigliato a questo è dovuta l'opacità; all'olfatto è di buona intensità, fine, gradevolmente aromatico e muschiato e al palato si preannuncia fresco, secco e  delicatamente sapido.

Al primo sorso rimango formale e professionale, un'imperturbabile sommelier ...ma il secondo sorso mi fa per un istante socchiudere gli occhi e mi ritrovo al banchetto di nozze di Madame Bovary, quell'eroina ottocentesca nata dalla penna di Gustave Flaubert, romantica, annoiata e sensuale che sorseggia il sidro considerandolo, come la società francese dell'epoca, un bene raro e di lusso riservato ai ricchi per questo assurto a simbolo di opulenza e passionalità, a discapito della popolana birra povera bevanda del popolo.

L'antica tradizione vuole che terminato di bere il sidro, si lasci qualche goccia nel bicchiere da versare con gesto deciso a terra in segno di restituzione alla Natura di una parte di quanto le si è tolto nel suo sfruttamento, così al suono delle ghironde dei Roscigneu Sarvaego lontano dagli sguardi incauti degli ospiti, lascio che qualche goccia cada sul pavimento... e così la tradizione è rispettata.

La serata si conclude spumeggiante, con nell'aria l'intenso profumo del frutto proibito e in bocca le papille ancora solleticate dal gusto frizzante delle mele...

 

Alessia Cotta Ramusino