L’Ovadese in bottiglia

- il mitico Dolcetto

Di Virgilio Pronzati

 

Tra i pochi vini che hanno il dono di farsi apprezzare quotidianamente, c'è sicuramente il Dolcetto o meglio i Dolcetto. Un vitigno poliedrico che, secondo le condizioni pedoclimatiche, da vini con caratteristiche ben diverse tra loro, che si sposano con molti di piatti regionali, nazionali ed esteri. Dopo barbera e moscato è il terzo vitigno piemontese. Non solo, in Piemonte da origine a 13 vini Doc e 3 Docg. Un primato ma anche un disorientamento nel consumatore, in particolare quello dei Paesi esteri.

 

 

I Dolcetto Doc sono prevalentemente consumati in Piemonte e, in discreta quantità, in Lombardia e Liguria. Solo il 5-8% è venduto all'estero. Il suo nome deriva da “dusset” ossia dosso; rilievo o pendio collinare. Lo troviamo citato in Piemonte e in Liguria sin dal Trecento; in quest'ultima regione, è conosciuto col nome di Ormeasco. Benché 13 Dolcetto siano un po' tanti, ognuno possiede caratteristiche peculiari. Chi si stacca dagli altri o meglio si distingue per varietale e terroir è il Dolcetto di Ovada, in particolare l’Ovada Docg.

 

Parlando del Dolcetto d'Ovada, emergono aspetti contrastanti. Infatti, sebbene sia stato (assieme al Dolcetto d'Acqui) il primo ad ottenere la Doc (1972) e nei primi posti nella produzione tra i confratelli, è tra i meno conosciuti dai consumatori del nostro Paese. Eppure storia ne ha. Sin dal 1200 si susseguono compravendite di vigneti e vino dell'Ovadese. Nel Trecento il vino di Ovada è anche scambio di merci con Genova (col sale) e Milano. Negli Statuti di Carpeneto del 1458, chi tagliava una vite o un trancio, era punito con multe salate. Nei due secoli seguenti, copiose le cessioni e affitti di terre coltivate a vite e vendite di vino nel Genovesato. Addirittura nel 700 nei trattati bilaterali con Francia ed Austria, i soli vini citati erano Dolcetto dell'Ovadese e Barbera del Monferrato.

 

Il Gallesio nei primi decenni dell'Ottocento scrisse che il vino d'Ovada, derivato dall'uva Ovadensis, non poteva essere altro che Dolcetto. Non solo, questo vino lo poneva alla pari con quello dei colli intorno ad Alba.

Da almeno vent’anni la qualità del Dolcetto d’Ovada è notevolmente aumentata. Cambi generazionali nelle aziende agricole, hanno portato nuove risorse fisiche ed economiche sul territorio. Il nuovo Consorzio di produttori si sta muovendo per valorizzare e diffondere l’immagine del vino soprattutto in Italia.

 

Il vitigno dolcetto

 

Vigoria vegetativa: leggermente inferiore alla media, richiede una potatura non troppo lunga. Produttività: buona, ma non molto costante. Foglia: piccola, pentalobata, con colorazione rossa in prossimità dell'attacco del picciolo. Grappolo: di forma piramidale, lungo, con acini di media grandezza, rotondi e di colore blu tendente al nero. Epoca di maturazione: metà settembre.

 

Le caratteristiche organolettiche generali del Dolcetto d’Ovada

Aspetto: limpido, di colore rosso rubino con tonalità violacea da giovane, tende al granato con l'invecchiamento. All'olfatto si presenta fragrante, vinoso e fruttato da giovane, affinandosi diventa intenso e persistente, fine, con sentori di piccoli frutti rossi di bosco (ciliegia e mora mature) e, lieve, di mandorla amara. Al sapore è asciutto e un po' ruvido da giovane, affinandosi (2-3 anni), diventa secco, sapido, delicatamente caldo, con piacevole vena tannica, pieno e persistente, con gradevole fondo amarognolo.

Evoluzione: nelle annate buone, può raggiungere tranquillamente 6-8 anni.

 

Abbinamento gastronomico: congeniale da giovane con primi piatti al sugo di carni bianche, ottimo se affinato con pollame e coniglio in umido, agnello e capretto al forno e formaggi (vaccini e di pecora) leggermente stagionati. Con vinificazione a fermentazione breve, si ottengono dei Dolcetto d’Ovada freschi e fruttati, ideali con i salumi. Conservazione: in cantina idonea (12-14°) in posizione coricata. Modalità di servizio: servirlo a 15-16° (17-18° se affinato alcuni anni) in calici con stelo medio.

 

 

I due disciplinari

 

Dolcetto di Ovada - Il riconoscimento D.O.C. l’ottenne con D.P.R. del 1° settembre del 1972.

Vitigno: Dolcetto. Titolo alcolometrico volumico minimo totale: 11,5%.

Le due tipologie: Dolcetto d’Ovada - Resa massima di uve per ettaro: 8 tonnellate. Titolo alcolometrico volumico minimo totale: 11,5%.

Dolcetto d’Ovada Superiore: Titolo alcolometrico volumico minimo totale: 12,5% ed un anno d’invecchiamento.

Zona di produzione: Ovada, Belforte Monferrato, Bosio, Capriata d'Orba, Carpeneto, Casaleggio Boiro, Cassinelle, Castelletto d'Orba, Cremolino, Lerma, Molare, Montaldeo, Montaldo Bormida, Mornese, Morsasco, Parodi Ligure, Prasco, Roccagrimalda, San Cristoforo, Silvano d'Orba, Tagliolo Monferrato e Trisobbio in provincia di Alessandria.

 

Dolcetto di Ovada Superiore o Ovada - Il riconoscimento D.O.C.G. l’ottenne con decreto del 6 luglio 2005 e pubblicazione sulla gazzetta ufficiale n. 1229 del 30 settembre 2008.

Vitigno: Dolcetto 100%. Resa massima di uve per ettaro: 6 tonnellate.

Le tipologie previste:

Dolcetto di Ovada Superiore o Ovada: Titolo alcolometrico volumico minimo totale 12,5%. Affinamento minimo: 12 mesi.

 

Dolcetto di Ovada Superiore o Ovada riserva: titolo alcolometrico volumico minimo totale 12,5%. Affinamento minimo: 24 mesi.

Dolcetto di Ovada Superiore o Ovada vigna: Titolo alcolometrico volumico minimo totale 13%: Affinamento minimo: 12 mesi.

Dolcetto di Ovada Superiore o Ovada vigna riserva: Titolo alcolometrico volumico minimo totale 13%. Affinamento minimo: 24 mesi.

L’inserimento del nome della vigna, è previsto solo se la vigna ha un’età di almeno 7 anni.