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Vulcano vecchio… fa buon vino


Più i suoli vulcanici risultano antichi più sarà ricco

il vino che da quegli stessi suoli verrà prodotto.
Lo hanno affermato ieri, nel corso della quarta

edizione di Vulcania, esperti di settore e relatori

internazionali.


 

Sono i vulcani più antichi a generare i vini migliori. Questo in sintesi quanto emerso nell’ambito della quarta edizione di Vulcania, il forum internazionale dei vini bianchi da suolo vulcanico, coordinato dal Consorzio del Soave, in collaborazione con Veneto Agricoltura, che si è concluso nella giornata di ieri, 8 giugno, a Borgo Rocca Sveva (Soave) , e che ha visto la partecipazione di un’ampia rappresentanza della stampa estera oltre che di quella italiana.

Nutrito il parterre di relatori: Diego Tomasi del Centro Ricerca per la viticoltura di Conegliano, Attilio Scienza, docente di viticoltura dell’Università di Milano, Monica Larner,  Wine Entusiasth, Richard Baudains, Decanter, Veronica Crecelius, Weinwirtschaft, Antonio Paolini, L’espresso.

Tra le zone produttive di origine vulcanica in Italia, quella del Soave, oltre ad essere la più ampia per estensione, risulta essere anche la più antica dal momento che i filari di garganega che oggi rivestono le colline del Soave sprofondano le loro radici tra basalti e sedimenti vulcanici risalenti a 50 milioni di anni fa.  In tutto questo tempo le terre sono emerse dal mare ed hanno subito una lenta ma preziosa fase di “maturazione”. Ne risultano suoli tra i più ricchi in elementi minerali a sostanza organica che i ricercatori chiamano paleosuoli. Un ambiente ideale dove la Garganega ha dimostrato da centinaia di anni di trovarsi a proprio agio.

Il “sistema vulcano” del Soave infatti, oltre a concorrere in modo evidente a comporre un preciso ed identificativo aspetto paesaggistico del territorio, di fatto proprio per le sue specifiche caratteristiche chimico fisiche costituisce una sorta di stabilizzatore ambientale, quasi un ombrello protettivo nei confronti delle influenze, spesso negative, che i recenti cambiamenti climatici inducono nella regolare maturazione dell’uva.

Da un punto di vista organolettico due sono gli aspetti che maggiormente si riflettono sulla qualità dei vini: i contenuti di argilla - nelle zone del Soave, di norma più elevati che non nei suoli vulcanici cosiddetti di accumulo - che conferiscono ai vini, soprattutto ai bianchi, struttura e longevità; e la presenza di calcare attivo elevato, di norma assente negli altri terreni vulcanici, che porta finezza ed eleganza. Il legame Vulcano e Garganega è quindi oggi un valore inestimabile per il Sistema Soave, che continua a premiare i tremila produttori attivi sulla zona.

Un vero e proprio patrimonio che vale doppio dato che ogni anno può essere capitalizzato dalle stesse imprese con minori interventi in fase di concimazione e di interventi fitosanitari, con una regolarità nelle produzioni e con la possibilità di pianificare ogni processo produttivo nel migliore dei modi. Un punto di partenza importante che determina un evidente e notevole vantaggio anche economico.

Il vulcano oltre ad essere un valore da un punto di vista qualitativo, rappresenta una chiave di comunicazione vincente non solo in Italia ma anche all’estero, dal momento che tutti conoscono questo fenomeno che a seconda del paese e della cultura evoca emozioni e suggestioni differenti.

<Veronica Crecelius di Weinwirtschaft – e lo associano a termini come “sale”, “pietra”, “vibrante”, tutte parole che rimandano subito al Soave>>. Ha una visione più legata al vino nel calice Richard Baudains, Decanter, secondo il quale .  E al calice torna anche Monica Larner di Wine Ethusiast, ma per riprendere poi la via della poesia perché .

Non a caso l’Associazione del doc vulcaniche, costituitasi lo scorso Vinitaly e che comprende oltre al Soave, la doc Lessini Durello, Etna, Campi Flegrei, Ischia, Gambellara, Bianco di Pitigliano, Colli Euganei, è stata ideata come veicolo per meglio comunicare in maniera unitaria, soprattutto all’estero, i valori che contraddistinguono il vulcano.

 

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