“Realtà Visionaria”

 L’Associazione Culturale EventidAmare presenta 

“Realtà visionaria”

 

L’Associazione EventidAmare, costituita nel 2010, ha realizzato eventi artistici nazionali ed internazionali, coinvolgendo in tutti questi anni oltre un centinaio di artisti: pittori, scultori e fotografi. In questa occasione siamo onorati di organizzare, nell’ambito del suggestivo Palazzo Ducale di Genova, la mostra personale di Geppo Monzio Compagnoni, un artista autodidatta che nelle sue opere ha sempre trattato tematiche sociali di grande attualità, scomode realtà per questo spesso volutamente dimenticate, quali emarginazione, diseguaglianze, segregazione.

Nel suo coerente percorso artistico, che lo ha portato da Amsterdam a New York, da Parigi a Genova, con sguardo disincantato, egli descrive il mondo che lo circonda senza ergersi mai a giudice e lo rappresenta in immagini di grande potenza emozionale. Geppo è un uomo semplice, sincero ed i suoi lavori riflettono il modo con il quale conduce la sua esistenza. Ha talento e lavora con passione, con lo stesso atteggiamento di chi non ha mai sopportato la Scuola, i Salotti... per lui vere e proprie “gabbie” oppressive.

Pietro Bellantone 

Presidente dell’Associazione Culturale EventidAmare

 

 

Daniele Grosso Ferrando

 GEPPO MONZIO COMPAGNONI

“Realtà visionaria”

Geppo Monzio Compagnoni nasce a Bergamo da una famiglia di decoratori e vive a Rovegno in Liguria. Artista autodidatta, non appartiene a nessuna corrente artistica. Le sue opere raccontano, in uno stile altamente originale, storie autobiografiche e drammi sociali, con uno sguardo ora ironico ora amaramente critico. Anticonformista e stravagante, Geppo dipinge come un artista del passato, curando ogni minimo dettaglio, grazie a una eccezionale perizia tecnica e a una precisione certosina.  Acuto osservatore sia dell’animo umano sia del mondo che lo circonda, Geppo descrive l’umanità e soprattutto la disumanità dei suoi protagonisti, in opere che si leggono come un libro di storia. I suoi quadri sono racconti di vite e di sofferenze, dai neri d’America ai deportati di Auschwitz, dai nuovi migranti ai disastri ecologici, ma narrano anche il riscatto sociale grazie alla musica e alla solidarietà.  Come uno spettatore curioso e stupito, Geppo osserva e riflette sui falsi miti del mondo, trasformando la realtà in visioni personali, “oniriche” e disincantate, ma mai meramente illustrative. Come un veggente metafisico, Geppo coniuga immagini che rivelano un mondo distonico e capovolto nei suoi valori umani e sociali, dove la “normalità” è una nave di migranti/deportati o un bambino che la cicogna porta in un mondo senza futuro. Come un alchimista d’altri tempi, Geppo seduce con il colore che si accorda sempre in armonie tonali, frutto di una lunga e appassionata ricerca. Geppo è tanti pittori in uno dal momento che mescola elementi che vanno dal realismo alla metafisica al surrealismo, ma interpretati con un timbro originale che ne fanno un artista singolare sempre fuori dal coro.

Geppo Monzio Compagnoni dice di sé: “Nasco come tanti nel 1951 da una bottega di pittori decoratori ecc. ecc. studiare non se ne parla, mi piacciono boschi, fiumi e la ciufetula, che da piccolo ero convinto avesse le ali. Inizio la mia battaglia nel 1967 a Dalmine, tra matite, pastelli, tempere, oli, acrilici. Racconto storie con la pittura, come si raccontano con le canzoni: come hanno fatto e fanno Fabrizio De André, Leo Ferré, Francesco Guccini e Augusto Daolio, Ivano Fossati, Franco Battiato... oppure racconto di questo sistema globale che sotto la crosta di miele nasconde brandelli di lebbra. Il mio stile di pittura lo lascio dire agli stilisti, che, del resto, è più importante apparire che essere. Questo è la moda. Sto nell’umiltà e ci sto bene.”

Daniele Grosso Ferrando è nato a Novi Ligure (AL) nel 1959. Storico dell’arte, è docente di storia dell’arte nei licei artistici genovesi e collabora con diverse università italiane. La sua formazione avviene fra Genova, Pisa e Firenze dove studia con Mina Gregori, Luciano Bellosi, Antonio Paolucci e Federico Zeri. Nel 1992 pubblica con la casa editrice Zanichelli un libro di Storia dell’Arte per le scuole medie inferiore dal titolo “Osservare, interpretare, inventare”; nel 2009 pubblica una monografia su Lucio Fontana: L’altro spazio; nel 2012 pubblica una monografia su Pablo Picasso: Artista stregone, Erga edizioni. È uno dei massimi esperti italiani nel campo della Storia dell’arte al femminile, su cui ha scritto numerosi articoli e saggi. Con le associazioni culturali EventidAmare e Liguria-Ungheria, delle quali è collaboratore, cura alcune mostre in Italia e in Ungheria, fra cui Artisti liguri a Budapest nel 2016. È vicepresidente dell’associazione culturale “Arte in campo” di Genova.

Realtà visionaria

 

Geppo Monzio Compagnoni nasce a Bergamo da una famiglia di pittori, affreschisti e decoratori e vive a Rovegno, in Liguria. Artista autodidatta, non appartiene ad alcuna corrente artistica. Le sue opere raccontano, in uno stile altamente originale, storie autobiografiche e drammi sociali, con uno sguardo ora ironico, ora amaramente critico. Geppo è infatti un artista bifronte che proietta le sue visioni personali in opere che sono invece esemplari di una condizione universale. Anticonformista e stravagante, Geppo dipinge come un artista del passato, curando ogni minimo dettaglio, grazie a un’eccezionale perizia tecnica e a una precisione certosina. Lo dimostrano, ad esempio, i riflessi di figure e di volti nella bottiglia di Vino nero, vino bianco: buon vino, o i minuscoli biglietti da 100 euro, dipinti con abilità micrografica, in Padroni di niente. Acuto osservatore sia dell’animo umano sia del mondo che lo circonda, Geppo descrive l’umanità e, soprattutto, la disumanità dei suoi protagonisti, in opere che si leggono come un libro di storia.

 

I suoi quadri sono racconti di vite e di sofferenze, dai neri d’America ai deportati di Auschwitz, dai nuovi migranti ai disastri ecologici, ma narrano anche il riscatto sociale grazie alla musica e alla solidarietà, che sono gli unici antidoti al degrado del mondo contemporaneo. In Vino nero, vino bianco: buon vino, un “blues man” dell’Alabama e un anziano contadino della Valtellina fraternizzano, perché la musica e il vino uniscono gli uomini e li rendono solidali. In Blues clandestino, la musica si eleva, addirittura, a simbolo di riscatto e di speranza, come le stelle che l’anima del fanciullo lascia cadere in mare. Geppo non è, comunque, solamente un “homo iratus”, che condanna i comportamenti folli e amorali dell’uomo, ma è anche un “homo ironicus”, dato che l’ironia è l’unico strumento in grado di svelare ipocrisie e falsità. In Teatrino, Geppo mette in scena un mondo carnevalesco, controllato da un rampante “grande burattinaio”, che manovra i fili di una società edonistica e corrotta. Avarizia è invece un apologo grottesco sull’avidità e sulla cupidigia umane, dove una lente d’ingrandimento deforma il volto di un avaro che ha una moneta al posto dell’occhio interiore.

 

Come uno spettatore curioso e stupito, Geppo osserva e riflette sui falsi miti della società, trasformando la realtà in visioni personali, “oniriche” e disincantate, ma mai meramente illustrative. In Troia brucia: l’inganno, ad esempio, il tranello teso dai Greci ai Troiani diventa la metafora paradossale di un mondo dominato dall’inganno e dalla finzione. Come un veggente metafisico, Geppo associa fra di loro immagini che rivelano un universo distonico e capovolto nei suoi valori umani e sociali, dove la “normalità” è una nave di migranti/deportati o un bambino che la cicogna depone in un mondo senza futuro. In Fai la ninna fai la nanna che a inquinare ci pensano papà e mamma, ad esempio, Geppo denuncia l’inquinamento su scala mondiale della Terra, contrapponendo la figura innocente del bambino al disastro ambientale causato dall’uomo. In I più letali predatori dei mari, l’inquinamento è di tali proporzioni che i pesci, per sopravvivere, hanno bisogno della maschera anti/gas. Come un alchimista d’altri tempi, Geppo ci seduce con il colore che si accorda sempre in armonie tonali, frutto di una lunga e appassionata ricerca. In Volta la carta, infatti, il colore è abilmente graduato in un’armonia di toni, talmente delicati da sembrare graffite.

Nella Venditrice di soffioni invece è la stessa composizione a essere resa uniforme dal colore, sapientemente modulato in variazioni tonali, per mezzo delle quali si ottengono effetti di luce, di ombra e di profondità. La ricerca di Geppo è orientata anche verso “l’opera d’arte totale”, in cui i materiali più vari e lo stesso supporto diventano parte integrante del lavoro artistico. In Roxy Bar, ad esempio, il cabaret vintage rievoca l’atmosfera del locale notturno, cantato da Vasco Rossi in “Vita spericolata”. In Sempre contro la disumanità, il timone/ supporto è in perfetta sintonia con il soggetto che rappresenta i vecchi e i nuovi “deportati”, in una visione circolare del tempo dove convivono passato e presente. Amaramente, Geppo ci ricorda che la storia non è più (ma, forse, non lo è mai stata) “magistra vitae”, con buona pace di Cicerone. Geppo è, quindi, tanti pittori in uno dal momento che la sua ricerca si muove in molte direzioni e mescola elementi che vanno dal realismo alla metafisica al surrealismo, interpretati sempre con un timbro originale che fanno di Geppo un artista singolare e fuori dal coro.

 

 

 

Daniele Grosso Ferrando