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PREMIO RAPALLO BPER BANCA 2023
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Columbus Day 2023
Domenica 15 ottobre alle ore 15:00 il Complesso Monumentale della Lanterna celebra l’anniversario dell’arrivo nel Nuovo Mondo con il laboratorio e visita fiabesca “Dall’America… a tavola”. Il faro si illumina con i colori della bandiera di Genova.
In occasione del Columbus Day 2023, la ricorrenza che ricorda il giorno dell'arrivo del navigatore Cristoforo Colombo nel Nuovo Mondo il 12 ottobre 1492, la Lanterna di Genova ha organizzato un programma speciale. In particolare, domenica 15 ottobre alle ore 15:00 al Complesso Monumentale si terrà il laboratorio (nel format della visita fiabesca) “Dall’America… a tavola”: la narrazione di una fiaba inedita, pensata per i bambini ma che saprà affascinare anche gli adulti, per conoscere i monumenti più importanti della città attraverso le “avventure” del faro.
Una filastrocca introdurrà la visita che, lungo la passeggiata che porta alla Lanterna, intratterrà con giochi e curiosità sul simbolo di Genova e sul porto. In occasione dell’anniversario della scoperta del Nuovo Mondo, i bambini saranno invitati a riconoscere alcuni alimenti che sono giunti a noi proprio dalle Americhe e che, in alcuni casi, ancora oggi provengono da lontano. Per esempio, scopriranno l’origine del cacao, che si trasforma nel cioccolato, un cibo del quale quasi nessuno potrebbe fare a meno!
Al termine, le famiglie potranno salire sulla prima terrazza panoramica della torre, con la salita a piedi di 172 gradini. Per partecipare all’iniziativa, che è adatta a tutta la famiglia:
• I posti sono limitati e su prenotazione, scrivendo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. (indicando nome e cognome numero adulti, numero ed età bambini, recapito telefonico)
• In caso di disdetta chiediamo gentilmente di inviare tempestiva comunicazione
• L’appuntamento è alle ore 15:00 presso la scala mobile all’interno del vicino Terminal Traghetti
• Quota di partecipazione: 0-3 anni gratuito; bambini fino ai 6 anni € 12; bambini dai 7 anni e adulti € 15
• Il gruppo sarà limitato (in caso di un numero di richieste superiore alla disponibilità, sarà organizzato un
secondo gruppo alle ore 15.30. Ulteriori indicazioni saranno eventualmente fornite in fase di prenotazione)
In concomitanza con il Columbus Day, giovedì 12 ottobre, la Lanterna avrà anche un'illuminazione dedicata, con i colori bianco e rosso della bandiera di Genova.
A FINE MESE APERTURE STRAORDINARIE
Al Complesso Monumentale della Lanterna è in vigore l'orario invernale, con apertura il venerdì, sabato, domenica e festivi dalle 10:00 alle 18:00 (ultimo ingresso alle 17.30). Sono in programma aperture straordinarie a cavallo tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre: dal 26 ottobre al 5 novembre compreso, il Complesso resterà aperto tutti i giorni con gli stessi orari. Inoltre, il calendario sarà arricchito da proposte didattiche inserite nel "Fuori Festival della Scienza", oltre all’appuntamento mensile “Ti porto alla Lanterna”.
LE PROSSIME ILLUMINAZIONI DELLA LANTERNA – UNA LUCE PER OGNI OCCASIONE
12 ottobre – Columbus Day – Ricorrenza della scoperta dell’America> BIANCO E ROSSO BANDIERA GENOVESE
13 ottobre – Giornata Nazionale di sensibilizzazione Tumore al Seno Metastatico > colore VIOLA
15 ottobre – Giornata Internazionale delle Donne Rurali > colore ROSA
16 ottobre – Giornata Mondiale del Cibo > colore AZZURRO
17 ottobre – Giornata Internazionale per l’Eradicazione della Povertà > colore AZZURRO
24 ottobre – Giornata delle Nazioni Unite > colore AZZURRO
30 ottobre – Giornata per il Disarmo > colore ROSSO
*MODALITÀ DI ACCESSO
Il Complesso Monumentale della Lanterna di Genova è visitabile tenendo conto di tutte le misure di sicurezza definite dalle autorità competenti.
Gianluca Dotti
ALBERTO GALLINGANI: METAREALISMO L'ARTE CHE SI FA PARTE
Alberto Gallingani
Firenze, 1938
Dopo aver compiuto gli studi tecnico-industriali, inizia ad avere le prime esperienze pittoriche in ambito figurativo poi, dai primi anni sessanta entra in contatto con gli artisti dell’Astrazione fiorentina con i quali parteciperà all’esperienza del collettivo il Segno Rosso che riunì la nuova generazione di artisti quali: Avanzini, Benelli, Berti, Bini, Filannino, Mosell, Pecchioli, L. Pini, Rosselli. Questo circolo di ricerca culturale, si muoveva in diretta opposizione al sistema, per creare delle nuove condizioni nelle quali fare arte, però, senza essere influenzati dal mercato dell’arte. Erano gli anni della contestazione, il gruppo, già dalla scelta del nome, non lasciava dubbi sull’orientamento politico dei partecipanti; da ciò si comprende l’importanza che aveva, per i pittori, che operavano nel Segno Rosso, la classe lavoratrice la quale, doveva rivendicare un ruolo attivo nella cultura, da questo nuovo rapporto tra artisti e lavoratori, poteva evolversi solo in una società nuova, di qui nasce la pittura di Nuova Realtà, di cui Galligani fu uno dei principali promotori (citiamo: Alberto Gallingani, Primo Manifesto della pittura di nuova realtà, Galleria Numero, Firenze, febbraio 1969). Negli stessi anni l’artista frequenta anche la Galleria Numero, diretta di Fiamma Vigo, dove tiene nel 1964, la prima esposizione personale. Nel 1965 vince una borsa di studio per giovani artisti, bandita dal Comune di Firenze nel 1969, è nuovamente impegnato in una mostra personale alla Galleria Numero. Gli anni settanta si aprono con la nuova esperienza delle Studio d’Arte Il Moro che Gallingani fonda con i vecchi amici: Avanzini, Pecchioli, Bini, Benelli, Filannino ai quali si uniscono Papasogli e Daniele.
Copertina del catalogo con le opere di Alberto Gallingani
L'esposizione delle opere del Maestro Gallingani si è tenuta alla Galleria Civica d'Arte Contemporanea Viadana (MN) dal 28 maggio al 3 luglio 2023
L’interessante prefazione scritta da Gabriele Maineri, uno dei due curatori della mostra
Se il perno è policentrico, l’utopia prende forma
Dialoghi fra linguaggi
Ogni qualvolta stazioniamo davanti ad un’opera d’arte, si instaura con essa un confronto, perché vogliamo comunicare con lei, entrare nelle pieghe della sua sintassi per decodificarne e forgiarne il messaggio.
Nel caso specifico della proposta di Alberto Gallingani, tale concetto si fa esponenzialmente più vasto, ma ad una condizione: non si staziona, non ci si radica al suolo; ciò che permea il Metarealismo è un’insaziabile alacrità che coinvolge anche lo spettatore, in un incessante cimento rispetto a svariate forme e differenti moduli espressivi. Lo scopo non è attingere al passato inteso come statico pilastro della Storia, ma quale una continua evoluzione “solare”, da sempre indispensabile per l’umanità tutta, ricorrente e perpetua nella sua luminosa ciclicità.
È l’Arte del “compiersi”, non del “compiuto”; l’Arte delle subordinate e delle coordinate, non della sentenza imperativa.
Uno degli elementi più caratterizzati dell’agire artistico di Gallingani accoglie – e innalza ad elemento fondante della sua poetica - ritagli di giornale, sovente leggibili o in verticale o ruotati di 180 gradi, a significare in maniera estremamente efficace ed eloquente l’idea della relatività del “vero a priori”; questo crea, in qualche modo, una connessione fra il Metarealismo e il Sofismo di Protagora, alla stregua di quella che può essere ritenuta la dicotomia più identificativa del “modus cogitandi” dell'artista: il collettivo – ossia la parola “altrui”, che si fa “cosa” nella carta stampata – in contrapposizione all’apporto personale, all’anelito soggettivo, vale a dire al gesto dell’artista in qualità di atto individuale, così deliberato e così impersonato.
In alcune delle opere, al centro campeggia, per sinestesia, un sonoro “Crack!”: non si tratta di una mera e definitiva rottura (pur da leggere anche come parziale risposta in chiave anti-parmenidea), bensì di uno di quei ciclici momenti nei quali il linguaggio “entra in crisi”; non per obliare certe sue dinamiche, ma – in un senso un po’ estremo – per rafforzarle definendo le sue antitesi, in quel dato momento storico più adatte a trovare un respiro ed un riflesso culturali.
L’artista ingenera frecce, indicazioni, sentieri tracciati, ma non cammini infallibili (vedi opera 24, ad esempio): il numero di percorsi raffigurati non sono imposizioni definitive, ma ipotesi presentate.
Prendendo in esame, ad esempio, il lavoro n.26, Alberto Gallingani dà prova della sua riluttanza nei confronti del “punto”, del contorno: rifugge il definito. La sua enunciazione non si ferma a un “qualcosa”, perché questa sarebbe un’indicazione diretta e forse sufficientemente (ed erroneamente) precisa; “accadrà qualcos’altro”, piuttosto.
Ed ecco affiorare e brulicare dal dipinto un’inesauribile “fame di dubbio”.
In questo caso si sostanzia, forse più che in qualsiasi altro contesto, la quintessenza di tale filosofia: “qui accadrà qualcosa” è un’affermazione avente tempo e luogo in un determinato momento “presente”, riguardo ad un avvenimento “futuro” che – come ogni realtà fenomenica – entrerà a far parte del “passato”.
Si badi bene: il Metarealismo è la forma di realismo più completa per il raggio visivo e analitico di cui dispone. Mantiene sempre e comunque la presa sul perfettibile; trasla e riproduce i passi e le insenature del quotidiano.
Il bianco e il nero sono i suoi colori più identificativi e identitari: il nero è il vuoto, o - senza estremizzare a tal punto - la radura e il sibilare dei venti, quando ancora tutto tace; il bianco è il dinamismo del moto metarealista che arriva e sconvolge tutto. Imperversa. Giunge progressivamente al suo culmine dopo aver rilevato una moltitudine di gradazioni e averle sommate per arrivare al “Candido Colore”. Come una ruota che gira a velocità altissima e di cui non è possibile sceverare i singoli raggi.
Inoltre, nel totale rispetto dell'operato, la precisazione di un dettaglio è più che doverosa: calandosi nel “cuore dell’anima” del pensiero metarealista, quelle di Gallingani non sono propriamente opere fisiche, "mortali", da vincolare al concetto di “museo” per antonomasia; non sono corpi fatti e finiti, ma accadimenti, segnali di un divenire dal futuro incerto. Per questa ragione i titoli dei suoi lavori sono dei codici, come dei messaggi che un domani potranno essere decifrati; e l’oggetto, allora, muterà la sua valenza. E anche allora il linguaggio potrà essere fine ed elevato, come semplice e “demotico”. Si tratta di diramazioni situazionali.
Il Metarealismo si nutre di occasioni, di frangenti momentanei che trascendono valutazioni limitative del positivo o del negativo. Pertanto, al centro del discorso non si erge una tesi, ma si libra in volo un universale ventaglio di possibilità.
Prima ancora che a un’espressione artistica, siamo di fronte ad un pensiero, perché sì: il Metarealismo sarebbe realtà anche senza la declinazione più materiale e palpabile del pezzo d’Arte; è un’entità poliglotta che comunica attraverso numeri primi, ma che – come l’universo matematico – può dare vita a soluzioni senza confine.
Se possibile, l’oggetto scultoreo (vedi, ad es. 15-18-21) si presta ancor più della pittura a questo “universo”: nel suo campo semantico ha verbi e, di conseguenza, azioni che si legano con estrema efficacia alla matrice metarealista, come “plasmare”, “modellare”… oltre – ovviamente – alla presenza di una componente fondamentale: la tridimensionalità. La scultura diviene esempio concreto della capacità del Metarealismo di farsi oggetto palpabile, terreno; per questo sottoposto ad eventuali ingerenze che ne potrebbero alterare il corso della vita.
La produzione di Gallingani include anche i mitici tondi (lavoro n.28), che danno adito ad un ragionamento molto interessante: la mancanza di angoli data, giust’appunto, dalla circonferenza dell’opera è, in qualche modo, un riflesso della negazione di punti che possono spingere ad indugiare, a scorgere in essi rifugi o, addirittura, traguardi. E il Metarealismo non ha traguardi: nel suo evolversi, è esso stesso il traguardo. È esso stesso la soluzione momentanea, sempre soggetta – però – al giudizio e al cambiamento.
Il seme della Rivoluzione che attraversa i tempi
La grande Arte, indipendentemente dal periodo storico, sa affermarsi al di sopra di ogni tentativo di recinzione, ponendosi in linea con i memorabili avvenimenti del passato ed estendendo un “continuum” che percorre i secoli.
Ebbene, da Giotto a Gallingani, il cammino di congiunzione è piuttosto netto e segnato: il leggendario pittore di Vespignano è stato il primo vero “spazialista”, colui che ha rifondato il concetto di superficie in quanto sede delle “cose concrete”, e non quale schermo di proiezioni ideali. Il Metarealismo è come se partisse da questo originario e imprescindibile prodromo per trascendere nell’assoluto.
Peraltro – aspetto non di secondaria importanza – in Giotto, come nell’ambito metarealista, c’è una marcata vena “politica”, termine da non sovrapporre al senso comune odierno, partitico, ma da leggere nel significato proprio riferibile alla “polis” e alla civiltà: Giotto inscena le Storie nelle piazze; il Metarealismo crea sane e vitali scosse. Siano esse endemiche o universali.
È un moto capillare che indaga le insenature più oscure e abita le strade più appartate e nascoste.
Il suo obiettivo è la risoluzione costante del problema.
Il Metarealismo è arte che si fa parte. Parte della e delle società.
Gabriele Maineri