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Viticultura

I TECNICI DEL TRIVENETO: "LE CORRETTE MISURE DI PREVENZIONE CONTRO LA FLAVESCENZA NON SEMPRE SONO STATE PRATICATE CON TEMPESTIVITÀ ED ACCURATEZZA"

Uve sane e di qualità, produzione in crescita in Trentino. Flavescenza in aumento nel Triveneto.   Le prospettive della vendemmia e la gestione della flavescenza dorata nel Triveneto sono i temi centrali della 15^ giornata tecnica della vite e del vino organizzata dalla Fondazione Mach che si è svolta, oggi, presso l'aula magna.
Luciano Groff e Mario Malacarne del Centro Trasferimento tecnologico di FEM hanno presentato il quadro dell’annata viticola ed enologica del 2022 in Trentino che, nonostante un andamento climatico estremo, è risultata più che soddisfacente per la quantità prodotta (+13% rispetto al 2021, +8% rispetto alla media dell’ultimo decennio) e ottima per la qualità. L’evento, moderato dal dirigente del Centro Trasferimento Tecnologico, Claudio Ioriatti, è stato un importante momento di condivisione dei dati dell’attività di monitoraggio svolta dai servizi fitosanitari sui diversi territori e un aggiornamento sulle sperimentazioni portate avanti dalla Fondazione Mach e dalle Università di Verona e Udine.  Il quadro della situazione attuale della Flavescenza dorata nel Triveneto è stato descritto, con i dati dei monitoraggi del 2022 e l’andamento storico, dai responsabili dei servizi fitosanitari, Lorenza Tessari per la Provincia autonoma di Trento, e Stefano Endrizzi per la Provincia autonoma di Bolzano, Sergio Carraro per il Veneto e Pierbruno Mutton per il Friuli Venezia Giulia. 

Dalle relazioni è emerso, in generale, che in questi ultimi anni la malattia è aumentata sia come diffusione che come incidenza, con casi gravi, evidenziati soprattutto laddove le corrette misure di prevenzione (estirpazione delle piante sintomatiche ed i trattamenti insetticidi) non sempre sono state praticate con tempestività ed accuratezza. In tutti i territori le misure adottate si basano da una parte sull’estirpo tempestivo delle viti sintomatiche alla prima comparsa dei sintomi e dall’altro su un’ancora più attenta gestione della lotta al vettore. Per quest’ultimo aspetto la relazione di Alberto Gelmetti e Daniel Bondesan si è concentrata, dopo un report generale sulla situazione fitosanitaria del vigneto Trentino nel 2022, sull’importanza di una corretta distribuzione degli insetticidi portando dei risultati sperimentali condotti in FEM sulla bagnatura e sulla modalità di trattamento con atomizzatore su pergola.  Dal Veneto sono stati, inoltre, presentati i risultati delle prove di confronto tra diversi insetticidi per il controllo dell’insetto vettore della flavescenza dorata, condotte da Nicola Mori e collaboratori, mentre dal Friuli Venezia Giulia, con l’intervento di Francesco Pavan, è stata sottolineata l'importanza di considerare la malattia come un problema territoriale nell’impostare le strategie di lotta contro S. titanus. 

Fotoservizio e firmato a cura dell'Ufficio Stampa 

Interviste
Alberto Gelmetti (flavescenza) https://youtu.be/GnuM8_6HI6g
Luciano Groff (vendemmia e qualità dei vini) https://youtu.be/3Z1zjwXjRxI 

Gli esperti di San Michele hanno sottolineato che l’apprensione per il protrarsi dell’evento siccitoso, accompagnato da temperature superiori alla norma, si è risolta con le perturbazioni di fine luglio; le piogge regolari e abbondanti non hanno procurato danni, consentendo alla vite la sua ripresa vegetativa e portando a maturazione le uve in ottimo stato sanitario. La maturazione eccessivamente anticipata, con il conseguente rischio della mancata tenuta dell’acidità nelle varietà bianche in genere (ed in particolare per le uve Chardonnay base spumante), ha obbligato ad un anticipo delle operazioni di vendemmia già a metà agosto. Con il prosieguo della vendemmia l’evoluzione della maturazione si è molto equilibrata, facendo osservare un rapido recupero delle gradazioni potenziali a fronte di una sostanziale tenuta delle acidità. Ciò ha permesso di raccogliere ottimamente le partite di uve bianche destinate a base vino, con riscontri di eccellenza per il Pinot grigio e il Traminer aromatico. La buona maturazione delle uve rosse ha dato luogo a vini interessanti, sia nelle varietà autoctone che in quelle internazionali; la criticità maggiore è legata alle produzioni piuttosto abbondanti, causa l’elevato peso medio dei grappoli. Nel complesso, la stagione risulta per molti aspetti eccezionale. Allo stato attuale la qualità dei vini, profumati, sapidi e dotati di una buona struttura, sembra aver fatto superare le preoccupazioni del periodo prevendemmiali. 

Gestione flavescenza dorata in Trentino, Veneto e Friuli Venezia Giulia 

Secondo i tecnologi FEM i trattamenti insetticidi rappresentano una frazione limitata delle applicazioni, ma rivestono un ruolo importantissimo per preservare la salute e la longevità del vigneto soprattutto quando si parla di organismi da quarantena trasmessi da insetti vettori: dedicare un po’ di tempo in più e maggior attenzione a questo tipo di operazione può fare la differenza.  I tecnici del Veneto hanno posto in evidenza per l’agricoltura convenzionale l’elevata efficacia di alcuni piretroidi, mentre l’impatto degli altri prodotti è risultato da moderato a contenuto mentre per i prodotti ammessi in viticoltura biologica solo il piretro naturale e, in parte, il caolino sono stati associati ad un livello significativo di efficacia.  I tecnici del Friuli Venezia Giulia hanno spiegato che le viti possono infatti essere infettate anche da adulti provenienti da sorgenti esterne che devono essere eliminate (viti americane inselvatichite; vigneti abbandonati; vigneti coltivati ma non o male trattati contro il vettore). Per la gestione dell’insetto risulta fondamentale, secondo gli esperti il monitoraggio delle forme giovanili per un corretto posizionamento degli interventi insetticidi e quello degli adulti (tramite le trappole) per valutare l’efficacia della lotta insetticida e individuare eventuali sorgenti esterne. 

Silvia Ceschini

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Mgaloblishvili: in Georgia la vite più resistente 

 

Vitis vinifera Mgaloblishvili

 

Ancora una scoperta dalle origini della viticoltura

 

 

Nella terra dove le prime tracce di vinificazione risalgono a 8000 anni fa, gli studiosi dell’Università degli Studi di Milano hanno scoperto una varietà di vite con una forte capacità di resistenza alla peronospora, una delle malattie più gravi per queste coltivazioni. La scoperta apre ora la strada alla costituzione di varietà di vite più forti e alla riduzione dell’impiego di prodotti chimici. Lo studio è pubblicato su Scientific Reports.

 

Link allo studio: https://www.nature.com/articles/s41598-018-30413-w

 

E’ nota l’importanza della vite del Caucaso per la storia dell’enologia. In Georgia, infatti, recenti scoperte fissano a 8000 anni fa le prime tracce di vinificazione, con uno spostamento di 600-1000 anni indietro rispetto a precedenti ritrovamenti, in particolare in Iran

 

Ora, i risultati di una ricerca dell’Università Statale di Milano, pubblicati su Scientific Reportsdel gruppo Nature, dimostrano che il germoplasma di vite di provenienza georgiana possiede caratteristiche uniche in termini di resistenza alle malattie e in particolare alla malattia più importante della vite, la peronospora.

 

Le ricerche, finanziate dal Piano di sviluppo della ricerca di Ateneo, coordinate da Silvia Toffolatti e Gabriella De Lorenzis, ricercatrici del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali (DiSAA) dell’Università Statale hanno portato alla scoperta di un raro sistema di difesa nei confronti della peronospora nella varietà di Vitis vinifera Mgaloblishvili. La scoperta apre ora la strada alla costituzione di varietà di vite resistenti alla malattia e contemporaneamente adatte a produrre vini di qualità. Esse contribuiranno alla riduzione dell’impiego di prodotti chimici antiperonosporici i quali, ad oggi, rappresentano la fonte principale di inquinamento ambientale del comparto. 

 

“La pubblicazione - spiegano le ricercatrici - deve considerarsi uno dei più importanti risultati ottenuti dalla collaborazione ultradecennale nel campo della tutela e valorizzazione delle risorse genetiche della viteintrapresa in più progetti internazionali, tra i quali la COST action FA1003 (East-West Collaboration for Grapevine Diversity Exploration and Mobilization of Adaptive Traits for Breeding) coordinata dal prof. Osvaldo Failla (DiSAA) tra il 2010 e il 2014.

I risultati ottenuti, inoltre, si inquadrano nell’ambito delle ricerche svolte presso il DiSAA per trovare soluzioni adatte a vincere le sfide della moderna viticoltura (sostenibilità e cambiamento climatico) e che attualmente vertono sulla ricerca di varietà in grado di difendersi da altre fitopatie, in alcuni casi, incurabili”.

 

Lo studio ha visto la collaborazione di ricercatori del Dipartimento di Bioscienze, degli studiosi della Fondazione Edmund Mach (FEM) di San Michele all’Adige (TN) e di David Maghradze, ricercatore dello Scientific Research Center of Agriculturee della Faculty of Agricultural Sciences and Biosystems Engineeringdella Georgian Technical University di Tbilisi. 

 

Silvia Laura Toffolatti (02 50316776) e Gabriella De Lorenzis (02 50316557), 

Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali  (DiSAA)

DALLA “BISNONNA” SELVATICA DELLA VITE I GENIi DELLA RESISTENZA

 

Grazie ad uno studio condotto dal C3A  la riscoperta nella vite selvatica  di geni andati perduti nei processi di domesticazione

 

La vite selvatica, antenata della vite europea coltivata in tutto il mondo, è una fonte preziosa per il miglioramento genetico nell’ottica di un’agricoltura più sostenibile. Possiede infatti delle peculiarità “innate” che, se recuperate attraverso il miglioramento genetico, potrebbero conferire maggiore resilienza alla vite domestica per quanto riguarda le sfide del cambiamento climatico, dalla resistenza al deficit idrico, alle alte temperature e agli attacchi di patogeni. Lo dimostra uno studio coordinato dai ricercatori del Centro Agricoltura Alimenti Ambiente, struttura accademica congiunta Università di Trento - Fondazione Edmund Mach (C3A)  in collaborazione con l’Università della California, pubblicato sulla rivista del gruppo Nature “Horticulture Research”.

 

La ricerca sul genoma della vite a San Michele all’Adige si conferma ancora una volta all’avanguardia, con una forte vocazione internazionale e con una predilezione per tematiche che hanno una forte valenza applicativa per l’agricoltura”, sottolinea il presidente della Fondazione Edmund Mach, Andrea Segrè.

Finora i programmi di miglioramento genetico della vite si sono concentrati solo sulle resistenze presenti nella specie di Vitisamericane. Il team internazionale di studiosi, invece, ha voluto confrontare 48 vitigni di Vitisviniferasativa– quella attualmente coltivata – con 44 individui di Vitissylvestris, ovvero il progenitore selvatico, risequenziandone parzialmente i genomi e scoprendo ben 55 mila polimorfisimi di singolo nucleotide (SNP). Studiando le differenze tra sottospecie coltivata e selvatica, i ricercatori sono riusciti a riscoprire geni o varianti geniche andati perduti nei processi di domesticazione, che invece in passato erano stati utili alla pianta selvatica per sopravvivere alle difficoltà dell’ambiente. 

 

 

 

La domesticazione, infatti, si è concentrata soprattutto sugli aspetti legati alla qualità del frutto, dando però vita a specie più dipendenti dalle pratiche agricole (fertilizzazione, irrigazione, diserbo e difesa) rispetto a quelle antiche.

Negli ultimi due secoli la specie sylvestrisè diminuita drasticamente a causa dei patogeni arrivati dal Nord America e dall’impatto antropico sugli habitat. “Le viti selvatiche europee sono a rischio di estinzione – conferma la coordinatrice del team internazionale e docente C3A Stella Grando - ma nelle collezioni di germoplasma e nelle regioni dell’Asia centrale ci sono ancora delle risorse da esplorare che speriamo attirino una maggiore attenzione dei breeder e di chi può favorire la salvaguardia delle specie selvatiche”. 

 

Gli studi in laboratorio a San Michele all’Adige sono stati preceduti da un lungo lavoro preparatorio sull’intero germoplasma di vite conservato nei campi della Fondazione Edmund Mach per scegliere i genotipi più rappresentativi e valutare l’autenticità del materiale selvatico conservato ex-situ. Essendo l’incrocio tra vite “moderna” e la sua “bisnonna” selvatica un accoppiamento intra-specie, vitigni innovativi derivati da sylvestrisnon avrebbero limitiper le Denominazioni di origine controllata (DOC) e nessuna caratteristica negativa sarebbe conferita ai vini.

Inoltre, in virtù della maggiore tolleranza verso gli stress ambientali, gli esperti C3A-FEM stanno sperimentando le Vitissylvestriscome portinnesti per recuperare la radici ancestrali con maggiori capacità di adattamento. Allo stesso modo, in vari laboratori europei, si sta analizzando la tolleranza alla fillossera e alle malattie del legno, oltre alla capacità della specie selvatica di accumulare resveratrolo, un composto con proprietà antiossidanti, antiinfiammatorie, antitumorali e ipoglicemizzanti, come risposta all’attacco di patogeni.

 

Horticulture Research 5, 34 (2018) 

Genomic signatures of different adaptations to environmental stimuli between wild and cultivated Vitis vinifera L

Annarita Marrano, Diego Micheletti, Silvia Lorenzi, David Neale & M. Stella Grando 

 

https://www.nature.com/articles/s41438-018-0041-2

 

 

  FEM- Silvia Ceschini 0461/615126

 

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