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Mercato del Vino

VINO (UIV): MIPAAF APPROVA DECRETO SOSTENIBILITÀ

 

ABBONA (PRESIDENTE): “PRIMI IN EUROPA AD AVERE UNO STANDARD UNICO NAZIONALE”. PREVISTO LOGO PUBBLICO PER I NUOVI VINI SOSTENIBILI

 

“L’approvazione da parte del ministero delle Politiche agricole del decreto Sostenibilità rappresenta per il vino italiano un passaggio fondamentale in chiave socioeconomica. Saremo i primi in Europa a dotarci di uno standard pubblico sostenibile per il settore vitivinicolo, un motivo di orgoglio che condividiamo con il ministero delle Politiche agricole e tutto il settore. Ora serve accelerare con il disciplinare di produzione, per chiudere un quadro giuridico che consentirà alle imprese di applicare il nuovo modello già a partire dalla prossima vendemmia”. Lo ha detto oggi il presidente di Unione italiana vini (Uiv), Ernesto Abbona, commentando l’adozione odierna da parte del Mipaaf del decreto sulla costituzione del comitato della Sostenibilità vitivinicola.

 

“L’atto di oggi – ha aggiunto il segretario generale Uiv, Paolo Castelletti – è un primo tassello sostanziale di un percorso fortemente voluto da Uiv. La chiusura del cerchio di uno strumento normativo e di mercato che sarà in grado di rispondere positivamente a sfide e obiettivi della nuova Politica agricola comune e della strategia Farm to fork, e che sarà al centro della prossima assemblea generale di Unione italiana vini, il 6 luglio”.

 

Secondo una recente indagine su un campione di 17 mila intervistati in 17 Paesi realizzata da Wine Intelligence, il cui aggiornamento sarà presentato in occasione dell’Assemblea generale Uiv, i vini prodotti in modo sostenibile sono al secondo posto tra 13 giovani tipologie produttive che offrono maggiori opportunità di crescita, dietro solo ai biologici e molto più considerati dai consumatori rispetto, per esempio, ai vini senza conservanti, a quelli senza solfiti, agli orange, ai prodotti a basso tenore alcolico, ai biodinamici o ai vegani. Tra i Paesi con una maggior sensibilità dei consumatori verso i vini sostenibili, gli Stati Uniti, la Germania e il Regno Unito - che rappresentano anche la top 3 della domanda di vino italiano - ma anche i Paesi del Nord Europa, la Svizzera, il Brasile e l’Australia.

 

Con il provvedimento a regime, il vino italiano avrà uno standard pubblico unico nel suo genere, attraverso un disciplinare basato sul sistema nazionale di produzione integrata declinato in tutte le regioni italiane. Per tutti i produttori, poi, regole uniche in materia di impiego di agrofarmaci e di buone prassi in vigna e in cantina (circa 40), ma anche - una volta raggiunta la certificazione - un logo unico e pubblico riconoscibile ai consumatori.

 

Unione italiana vini accoglie con favore la possibilità data alle imprese che oggi già vantano certificazioni ambientali di essere inserite - senza costi e per un periodo transitorio di 2 anni - nel nuovo standard della sostenibilità, evitando così doppi adempimenti.

 

 

Marta De Carli

WINEY: VALORE AGGIUNTO AI PICCOLI VIGNAIOLI

Il successo della start-up nasce dalla precisa volontà di rendere più accessibili i vini dei piccoli produttori: le loro bottiglie sono così più facili da acquistare e più semplici da apprezzare.
Non si arresta, sulla scia degli effetti della pandemia, la crescita delle vendite di vino online: sulla base dei dati forniti da Wine Monitor e Nielsen, solo nel primo semestre del 2020 questo mercato nel nostro Paese era infatti cresciuto del 102% rispetto ai primi sei mesi dell’anno precedente.
Il delivery di vino, oltre ad abbattere i costi della catena di distribuzione, diminuisce il numero di intermediari che su altri canali si interpongono tra produttore e consumatore: questo garantisce una semplificazione dell’intero processo di acquisto e permette di conoscere nuovi e piccoli produttori, migliorando l’esperienza nel suo complesso.

Questa ascesa è capeggiata dai vini naturali che stanno sempre più conquistando il mercato vitivinicolo. Il consumo questi vini  come quelli prodotti a regime biologico, biodinamico e artigianale distribuiti in abbonamento da Winey  è in aumento a livello globale e alcuni Paesi, come lItalia, rivestono un ruolo primario in questa crescita. Secondo un’analisi dellUnione Italiana Vini, lItalia è uno dei maggiori produttori di vini bio: nel 2018 sono state confezionate 708 milioni di bottiglie, cifra che si prevede crescerà del 30% entro il 2023, raggiungendo i 924 milioni.

Questo trend sembra essere inarrestabile: lo scorso anno 8 milioni di italiani hanno infatti acquistato vino online e, stando alle previsioni, il giro daffari, che ha raggiunto quota 200 milioni di euro, non arretrerà negli anni a venire. In questo scenario si colloca la start-up Winey che ha saputo non solo accorciare le distanze tra piccoli vignaioli e consumatori, ma dare valore aggiunto grazie a delle experience che affiancano il consumatore una volta ricevute le bottiglie.

«Winey nasce dallobiettivo di regalare unesperienza a trecentosessanta gradi  afferma Valerio Barbato, co-founder e CEO di Winey  portando a casa degli appassionati le storie e provando a sviscerare un contenitore di cultura. Esistono vini e vignaioli che rappresentano leccellenza assoluta e che risultano difficili da reperire, conoscere e quindi apprezzare. Winey vuole portare a casa degli appassionati vini che normalmente non troverebbero sugli scaffali e sugli e-commerce, raccontandoli ed esaltandone le caratteristiche».


A proposito di Winey
Winey è un servizio di wine delivery in abbonamento che consente di ricevere entro il giorno 15 di ogni mese, direttamente a casa, una Wine Box a sorpresa con tre vini, fuori dagli schemi, prodotti da piccoli vignaioli che lavorano in regime biologico, biodinamico, naturale o artigianale. È così possibile conoscere il vero made in Italy grazie al rapporto diretto che i tre fondatori di Winey hanno con i produttori, senza intermediari e quindi anche con un vantaggio, per il consumatore, in termini economici.


Franco Zigliani

VINO (UIV-ISMEA): EXPORT ITALIA IN RECUPERO SUI MERCATI INTERNAZIONALI NEL MESE DI MARZO + 12% A VALORE

 

Nonostante la pandemia e le difficoltà logistiche e di trasporti che affliggono da tempo il commercio internazionale, l’Italia porta a casa un risultato incoraggiante sul fronte del vino. Secondo i dati Ismea e Unione italiana vini (Uiv), che hanno elaborato i dati Istat relativi alle esportazioni di vino, nel primo trimestre dell’anno il saldo cumulato è negativo del 4% a valore e dell’8,2% a volume, ma guardando i dati per singoli mesi la curva è in netto miglioramento: in volume, si è passati da -19% di gennaio a -11% di febbraio per arrivare a saldo zero a marzo, con i frizzanti e fermi imbottigliati in scia positiva, a +7%. Sul valore, tendenza ancora migliore, con il totale vino che nel singolo mese di marzo arriva a +12% dopo essere passato dal -21% di gennaio al -5% di febbraio. Spumanti che da -16% di inizio anno arrivano a +3% e imbottigliati fermi-frizzanti che da -23% risorgono a +16%.

Anche sui principali mercati di esportazione le tendenze sono per lo più simili: negli Stati Uniti, per esempio, la spumantistica archivia il cumulato trimestrale in positivo, con il Prosecco addirittura a +11% volume, mentre i vini fermi e frizzanti confezionati, pur chiudendo in passivo l’aggregato trimestrale (-7%), registrano un incoraggiante percorso in crescita, sia in volume che in valore: dal -44% di gennaio (dato peraltro spiegabile dalla forte richiesta degli importatori Usa un anno fa per i timori di un eventuale inserimento dell’Italia nel carosello tariffario) al +21% di marzo.

 

Esportazioni italiane per segmento qualitativo

 

Ettolitri

Migliaia di euro

 

Gen-Mar 20

Gen-Mar 21

Var.%

Gen-Mar 20

Gen-Mar 21

Var.%

Dop

2.375.314

2.300.034

-3,2

963.750

926.191

-3,9

Fermi

1.533.222

1.443.101

-5,9

645.055

619.879

-3,9

Frizzanti

145.427

129.397

-11,0

40.872

34.275

-16,1

Spumanti

696.666

727.535

4,4

277.823

272.037

-2,1

Igp

1.236.083

1.222.664

-1,1

357.547

348.892

-2,4

Fermi

1.037.895

1.046.115

0,8

312.040

309.028

-1,0

Frizzanti

177.013

160.165

-9,5

39.186

34.833

-11,1

Spumanti

21.175

16.384

-22,6

6.320

5.032

-20,4

Comuni

1.132.585

925.436

-18,3

128.080

114.958

-10,2

Fermi

912.042

746.807

-18,1

78.319

70.451

-10,0

Frizzanti

88.140

75.120

-14,8

17.182

13.919

-19,0

Spumanti

132.404

103.509

-21,8

32.579

30.588

-6,1

Varietali

208.108

125.040

-39,9

28.264

24.241

-14,2

Fermi

174.790

93.760

-46,4

19.114

15.110

-20,9

Frizzanti

5.758

3.038

-47,2

1.199

951

-20,6

Spumanti

27.560

28.242

2,5

7.951

8.180

2,9

Altre Dop+Igp

17.207

19.587

13,8

14.739

18.750

27,2

Mosti

80.444

43.153

-46,4

11.599

11.675

0,7

Totale

5.049.742

4.635.914

-8,2

1.503.978

1.444.708

-3,9

 Fonte: Ismea/Uiv su dati Istat

 

Benny Lonardi 

“UNA TEMPESTA IN UN BICCHIER D’ACQUA”. SU L’INFORMATORE AGRARIO LA RICOSTRUZIONE DEL CASO UE SUI VINI DEALCOLATI

 

“Vino: una tempesta in un bicchier d’acqua”. È l’approfondimento sui vini dealcolati de L’Informatore Agrario, che nel numero in uscita fa luce sul tema bollente della cronaca degli ultimi giorni. La proposta che riguarda la dealcolazione dei vini – ricostruisce il settimanale di settore – risale infatti alla discussione della bozza di riforma della Pac del 2018, in cui la Commissione proponeva norme per regolamentare il mercato dei vini dealcolati o parzialmente dealcolati, includendo inizialmente in quest’ultima anche dop e igp. Una formula che, pur non prevedendo nella versione originale di 3 anni fa alcuna “aggiunta”, era stata modificata dalla Commissione nel testo di lavoro con la possibilità di deroga al divieto generale di utilizzo dell’acqua, suscitando una dura – e all’epoca solitaria – reazione della Efow (Federazione europea dei vini d’origine) che definì la bozza “aberrante”.

Alle pressioni della Efow si aggiunsero poi quelle di Europarlamento e Consiglio UE, impegnati nella battaglia per la trasparenza e i requisiti di etichettatura anche sui dealcolati, spingendo la Commissione a tornare sui suoi passi. Il testo di compromesso, sui cui anche Efow si è allineata, prevede la possibilità (e non certamente l’obbligo) di eliminare l’alcol dal vino attraverso la “resistituzione” di acqua recuperata dal processo di vinificazione. Non si tratta quindi di un’“aggiunta” di acqua, che rappresenterebbe un ingrediente aggiuntivo e andrebbe pertanto come tale indicato in etichetta. Questo processo, si specifica nel testo, non deve causare “una sostanziale modifica della composizione del prodotto”, e non può essere utilizzato per correggere o modificare le caratteristiche organolettiche. Infine, per i vini dop e igp viene consentita la sola dealcolazione parziale entro il limite di 8,5 gradi.

Un intervento che, spiega il presidente di Efow, Bernard Farges, a L’Informatore Agrario, consente di mitigare la spinta al rialzo sulla gradazione alcolica del cambiamento climatico là dove necessario, mantenendo il pieno controllo dei vini a denominazione d’origine in mano ai produttori e ai consorzi di tutela: i disciplinari, e il fatto che siano i produttori a decidere cosa produrre e con quale grado alcolico, restano quindi intoccabili. Nessuno obbligherà i produttori dop e igp fare vino dealcolato.

E mentre i competitor europei si preparano ad intercettare un mercato dinamico, ad esempio quello dei Paesi arabi, con il “Vino sin alcol”, la “boisson à base de vin désalcoolisé” e l’“Alkoholfreier Wein”, in un contesto in cui la Commissione paventa nuove norme salutiste per l’etichettatura con il Piano contro il cancro e potrebbe diminuire il bilancio per i programmi di promozione, la discussione sull’appellativo “vino” ai dealcolati diventa sempre più politica.

 

Edizioni L’Informatore Agrario è la casa editrice con sede a Verona che, da 75 anni si fa interprete e promotore delle istanze della filiera agricola. Cinque le testate di riferimento: il settimanale dedicato all’agricoltura professionale L’Informatore Agrario; il mensile per l’agricoltura part-time e hobbistica Vita in Campagna; MAD – Macchine Agricole Domani, dedicato al mondo della meccanica agraria; Vite&Vino, il bimestrale dedicato al settore vitivinicolo; Stalle da latte, bimestrale dedicato alla zootecnia da latte rivolta all'intera filiera; oltre a un ampio catalogo di libri e altri supporti multimediali su temi specializzati.

 

Marta De Carli

VINO (UIV): GIÙ LE GIACENZE, SU I PREZZI. BENE EXPORT IN CINA, RIPARTONO BOLLICINE NEGLI USA. VINO PROVA RIMBALZO

 CASTELLETTI (UIV): NEL BREVE PERIODO SERVONO SOSTEGNI E PROMOZIONE, NO DISTILLAZIONE

 

Prezzi, export, giacenze: prime prove di rimbalzo per il vino italiano, dopo oltre un anno in forte tensione. È quanto registra l’Osservatorio di Unione italiana vini (Uiv), che ha analizzato i principali indicatori di mercato di un settore che a causa delle chiusure nel 2020 ha perso circa 1/4 del proprio business sul mercato interno.

Calano notevolmente le giacenze al 30 aprile, con gli stock in cantina che nonostante una vendemmia più ricca (+3,2%) si avvicinano sempre più alle quantità del pari periodo 2020, a +1,5% (lo scorso mese erano a +3,6%), con i vini Dop addirittura a -0,6% (bianchi a -1,8%). Sul fronte dell’export (base: dogane), con le prime riaperture si attenua la perdita a valore dei mesi precedenti negli Usa - da -22% di gennaio, a -15% di febbraio a -9,7% di marzo -, che era dovuta soprattutto alla corsa alle scorte di inizio 2020 in vista del carosello di dazi aggiuntivi e ripartono gli spumanti italiani nel primo Paese importatore (+11%). Bene la performance nel trimestre in Cina, dove si è aperta una voragine di mercato per i super-dazi comminati all’Australia: ad approfittarne, la Francia con un’impennata a +47,7% e l’Italia, che sfiora un incremento del 17%. In rialzo infine i prezzi, anche a causa delle gelate, che schizzano a +20% per i bianchi, con una spirale psicologica rialzista un po’ dappertutto.

 

Per il segretario generale Uiv, Paolo Castelletti: “Le dinamiche di mercato sembrano andare nella direzione prevista e auspicata, ciò non toglie che le aziende, per risollevarsi dai 3 miliardi di euro persi nel 2020 e da circa 500 milioni di euro di crediti incagliati, debbano essere accompagnate in questa prima fase da strumenti fiscali e finanziari adeguati che attendiamo nell’imminente Dl Sostegni bis. L’evoluzione del mercato – ha aggiunto il segretario Uiv - andrà di pari passo con le aperture e il settore oggi ha bisogno di promozione e liquidità, non di distruggere il proprio prodotto. In ottica di medio periodo, poi, la partita si giocherà sulle rese dei vini comuni; Uiv chiede che si ponga un tetto, in modo da poter evitare fenomeni di sovrapproduzione incontrollati”.

Secondo uno studio dell’Osservatorio del Vino Uiv pubblicato sull’ultimo numero del Corriere Vinicolo in uscita oggi, basato sui trend di impianto dal 2016 a oggi, nel 2025 il vigneto Italia ritornerà ad avere 700.000 ettari, come nel 2008, quando la Commissione europea varò l’Ocm con il meccanismo degli espianti con premio. Sul numero in uscita del giornale, anche le opinioni dei produttori sul quadro delle giacenze.

 

 

Marta De Carli

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