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Viticoltura
"PHD DAY" 2022, LA COMUNITÀ DEI DOTTORANDI FEM SI PRESENTA
Si è svolto oggi il "PHD Day", la giornata dedicata alla comunità degli 80 dottorandi della Fondazione Edmund Mach che, presso l'aula magna, hanno presentato i loro progetti di ricerca partecipando a discussioni di gruppo organizzate in tavole rotonde, condividendo un momento di confronto e scambio scientifico con i tutor di ricerca.
Il programma di alta formazione “International Doctoral Program Initiative” è coordinato dal Centro Ricerca e Innovazione e coinvolge studenti che provengono da ogni parte del mondo: Belgio, Cile, Cina, Danimarca, Etiopia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, India, Iran, Libano, Messico, Nepal, Nuova Zelanda, Pakistan, Paesi Bassi, Romania, Serbia, Stati Uniti, Sud Africa, Vietnam.
I saluti di apertura di questa giornata divenuta ormai fissa nel calendario delle iniziative FEM, sono stati affidati al direttore generale Mario Del Grosso Destreri, a cui è seguito l'intervento del prof. Mario Pezzotti, dirigente del Centro Ricerca e Innovazione FEM.
L'incontro è stato organizzato in collaborazione con l'Università di Trento, rappresentata dal prof. Riccardo Rigon, viceocoordinatore del corso di dottorato in scienze agroalimentari e ambientali. Sono seguiti gli scienziati esperti nelle aree tematiche di studio dei dottorandi: Corné Pieters, professore alla Facoltà di Scienze presso la University of Utrecht, Thomas Müller, professore e responsabile scientifico presso Senckenberg Biodiversity and Climate Research and Goethe University of Frankfurt am Main, Manuel A. Coimbra, professore di biochimica e chimica degli alimenti presso University of Aveiro. I tre professori hanno avviato i lavori con tre presentazioni scientifiche riguardanti il microbioma della pianta, l’alimentazione e la fauna selvatica nell’Antropocene.
"Promuovere la formazione in ricerca è per FEM un obiettivo strategico -sottolinea il prof Mario Pezzotti-. La comunità dei dottorandi è numerosa ed internazionale, racconta l’attrattività dell’istituzione e stabilisce un legame indissolubile con le future generazioni di ricercatori. Attraverso i giovani ricercatori le attività di FEM crescono e si affermano nella comunità scientifica".
Le ricerche degli studenti: dai biofungicidi agli insetti invasivi, dall’alterazione del microbiota all'analisi sensoriale degli alimenti
Le ricerche degli studenti si focalizzano su diversi temi attinenti alle aree di interesse di FEM, quali l’analisi e il controllo delle specie invasive di insetti, ricerche sull’approccio innovativo alla scoperta di nuovi biofungicidi sostenibili a basso impatto contro le malattie delle piante, per quanto concerne l’area dell’agricoltura. Dal lato delle ricerche in ambito alimenti e nutrizione sono trattate le analisi delle proprietà fisico-chimiche e sensoriali degli alimenti, la misurazione dell'effetto degli alimenti ricchi di polifenoli sul microbiota intestinale, studi sull’alterazione del microbiota e la sua resilienza. Lo studio di tecniche di monitoraggio dell’ecosistema alpino, la conservazione della genomica dell’ittiofauna alpina in via di estinzione e l'impatto delle attività umane sugli ecosistemi alpini caratterizzano, infine, le ricerche condotte in ambito ambiente e sviluppo sostenibile.
Convenzioni con enti di ricerca nazionali ed internazionali ed enti privati
La Fondazione Edmund Mach ha stipulato convenzioni con varie istituzioni di ricerca nazionali ed internazionali finalizzate soprattutto al cofinanziamento di progetti congiunti di dottorato di ricerca. Tra le istituzioni partner si annoverano varie Università presenti nel territorio italiano e all’estero (Università degli Studi di Ferrara, Università Libera Università di Bolzano, Università degli Studi di Udine, Università degli Studi di Trento, Università degli studi di Milano, Università degli Studi Federico II di Napoli, Università degli Studi di Padova, Università degli Studi CÀ Foscari di Venezia, Università La Sapienza di Roma, Università degli Studi del Molise, Berkeley University, Wageningen University, Università Cattolica del Sacro Cuore, Università degli Studi La Tuscia); Enti di ricerca italiani e stranieri (CNR, Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari, Parco dello Stelvio); aziende private e cooperative (New Zealand Plant Institute, Ionicon, Enza Zaden, Biological Products for Agriculture, Cavit, Foundation BBCA onlus, Assomela, Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise, White Buffalo Inc, Institute of Agriculture and Food Research and Technology, Caviro, University of Natural Resources and Life Sciences, Vienna, Gowan Company, Oenobrands).
I dati sull'occupazione: l’80% dei borsisti ha trovato impiego presso enti prestigiosi
E' stata creata una solida rete di collaborazione internazionale con il mondo accademico, gli enti di ricerca ed il settore privato nelle aree strategiche di interesse FEM. La partecipazione delle aziende al co-finanziamento delle borse di studio e la disponibilità ad ospitare il dottorando presso i loro laboratori in qualità di hosting laboratory favoriscono gli scambi fra il settore pubblico e il settore privato nell’ambito della ricerca e agevolano l’inserimento del dottorando nel mondo dell’industria e in altri settori lavorativi. Il successo del programma di dottorato è confermato dalla percentuale di occupazione dei dottorandi; l’80% dei borsisti ha trovato impiego presso enti prestigiosi, quali il CNR, Agenzia Spaziale Europea, UNESCO-IHE(Delft, Paesi Bassi), Technische Universitaet Braunschweig (Germania) Zurich - Department of Biology, University of Zurich, University of California Davis, Oregon State University.
Silvia Ceschini
CENTRO RICERCA E INNOVAZIONE DELLA FONDAZIONE EDMUND MACH
Operativo da gennaio il nuovo assetto con 4 aree tematiche, 21 unità di ricerca, 21 piattaforme tecnologiche, 3 banche del germoplasma e la Scuola di dottorato FIRST
Il Centro Ricerca e Innovazione FEM riorganizzato si presenta in un nuovo sito internet
Da oggi è online un nuovo sito che riflette la riorganizzazione del Centro Ricerca e Innovazione della Fondazione Edmund Mach, ente riconosciuto a livello internazionale che punta ancor più a rafforzare il proprio riferimento nella produzione di conoscenza e nella promozione di innovazione, producendo al contempo concrete ricadute per il territorio trentino.
La riorganizzazione delle strutture è operativa dal primo gennaio con un assetto nuovo e più efficiente dal punto di vista organizzativo e funzionale sia per le attività di ricerca sia per l'attività tecnologica ( link sito www.cri.fmach.it ). "La riorganizzazione -spiega il dirigente del Centro Ricerca e Innovazione, Mario Pezzotti, alla guida del centro da maggio 2021- nasce dalla profonda necessità di affrontare sempre più in maniera olistica le tematiche strategiche di FEM. La trans-disciplinarità e l’integrazione di competenze in campi del sapere distanti portano a sviluppare approcci originali, irrealizzabili in contenitori chiusi come erano i precedenti dipartimenti che sono stati eliminati. La nuova struttura del CRI va nella direzione di rendere ancora più incisiva la ricerca, con possibilità di maggiori sinergie a livello internazionale e locale". Quattro le aree tematiche sui si focalizza l'attività del nuovo Centro: agrosistemi e bioeconomia; biodiversità, ecologia e ambiente; alimenti e nutrizione; biologia computazionale. Le attività delle aree tematiche sono sviluppate da 21 unità di ricerca, ma il Centro si avvale anche di strumentazioni all’avanguardia che risultano organizzate in 21 piattaforme tecnologiche e tre banche del germoplasma vale a dire collezioni di melo, vite e piccoli frutti con migliaia di varietà provenienti da tutto il mondo che fungono da "banca" per il miglioramento genetico e la creazione di nuove varietà.
La nuova struttura, approvata nei mesi scorsi dal Cda su proposta del dirigente del Centro Ricerca e Innovazione, Mario Pezzotti, si avvale anche della FEM International Research School of Trentino (FIRST), la scuola che accoglie i progetti finalizzati al conseguimento di un dottorato di ricerca in collaborazione varie università italiane ed estere che ha accolto dal 2010 ad oggi più di 200 dottorandi.
Il Centro Ricerca e Innovazione
Il Centro Ricerca e Innovazione della Fondazione Edmund Mach svolge attività di ricerca scientifica, sviluppa tecnologie e promuove innovazione nei settori dell’agricoltura, della bioeconomia, dell’ecologia, della biodiversità, dell’ambiente e dell’alimentazione.
Mission: la crescita sociale ed economica nei settori agro-alimentari e ambientali sono gli obiettivi generali della ricerca svolta presso la Fondazione E. Mach; tali obiettivi sono il presupposto per il miglioramento della qualità della vita nel territorio che ospita il Centro Ricerca e Innovazione della Fondazione.
Strategia: avvalendosi degli approcci scientifici più avanzati e di una dotazione tecnologica di avanguardia, il Centro Ricerca e Innovazione è un centro di eccellenza in grado di generare nuove conoscenze per raggiungere gli obiettivi del suo mandato.
Il Centro è integrato nell’ecosistema della ricerca trentina e contribuisce alla crescita culturale ed economica del territorio attraverso il mantenimento di elevati livelli di conoscenza scientifica, di trasferimento tecnologico alle aziende, di valorizzazione dei prodotti della ricerca. In particolare, il Centro realizza ricerca di base ed applicata a: filiere territoriali strategiche dell’agrosistema trentino, ecologia forestale e alpina, evoluzione della biodiversità e conservazione, effetti dei cambiamenti climatici sull’agrosistema e sull’ecosistema naturale, bioeconomia, agrobiotecnologie.
Il Centro promuove la costituzione di nuove reti di ricerca, sia a livello locale e interregionale, sia a livello internazionale, tra ricercatori, istituti di ricerca e portatori di interesse privati.
I numeri del centro
4 aree tematiche
21 unità
21 piattaforme tecnologiche 3 banche del germoplasma 1 scuola di dottorato Personale:
71 ricercatori
42 tecnologici
37 tecnici
12 amministrativi
80 studenti di dottorato
Visualizza il nuovo sito del Centro Ricerca e Innovazione www.cri.fmach.it
Silvia Ceschini
ITALIA SUPERPOTENZA DELL’UVA E DEL VINO
Uscito il volume “Geografia della Vite: la viticoltura italiana” della Pisa University Press scritto dal professore Riccardo Mazzanti dell’Università di Pisa
Prima al mondo per numero di vitigni, ben 545, prima per produzione enologica, posto che si contende annualmente con la Francia, terza per produzione di uva e quarta per superficie vitata. Questi numeri mettono l’Italia fra le superpotenze dell’uva e del vino insieme a Francia e Spagna, titolo insidiato sempre più da Paesi extraeuropei emergenti, come Cina, Cile, Stati Uniti, Nuova Zelanda e Sudafrica. E’ questo lo scenario generale che traccia il libro “Geografia della Vite, IV: la viticoltura italiana” scritto dal professore Riccardo Mazzanti dell’Università di Pisa e pubblicato dalla Pisa University Press.
Ricchissimo di dati e informazioni il volume inquadra il nostro Paese in una prospettiva internazionale scendendo poi nel dettaglio regione per regione. Scopriamo così che quasi la metà dei vigneti si trova nel Mezzogiorno, in particolare in Puglia e in Sicilia, secondo il Settentrione con il 36%, soprattutto il Veneto, e il resto nel Centro Italia dove primeggia la Toscana con l’8%. Una ripartizione della superficie vitata, come spiega lo studio, certo riconducibile a fattori di carattere geografico-ambientale, ma anche socioeconomico e culturali.
Per quanto riguarda poi la produzione enologica nazionale, complessivamente si aggira, con variazioni annuali talvolta notevoli, sui 55 milioni di ettolitri, oltre la metà dei quali riferibili a vini bianchi. Come etichette l'Italia può vantare oltre 400 vini a Denominazione d'Origine Protetta, 73 dei quali DOCG, e 118 vini a Indicazione Geografica Tipica: Piemonte e Toscana ne accolgono il maggior numero (58 ognuna), seguite da Veneto e Lombardia. Va infine sottolineato che quasi un quinto della produzione nazionale proviene da viticoltura biologica.
Ma il libro analizza il paesaggio vitivinicolo anche dal punto di vista turistico, culturale ed economico. Oggi si contano in Italia circa 170 Strade del Vino, concentrate in prevalenza a Nord e al centro (17 in Toscana, 16 in Veneto, 13 in Emilia-Romagna, 9 in Lombardia), ma diffuse anche nel resto della Penisola (17 in Sicilia, 11 in Puglia e 10 in Calabria, ad esempio). Nel 2017 una ventina di esse si sono organizzate nel Coordinamento Nazionale delle Strade del Vino, dell’Olio e dei Sapori, e oggi sono 79 che raggruppano per un totale di oltre 1.000 aziende vitivinicole, 500 ristoranti, 450 strutture ricettive e 320 agriturismi.
Dal punto di vista economico, un limite sostanziale della viticoltura italiana è però secondo lo studio la piccola dimensione delle aziende viticole, in media solo 1,71 ettari. Questo infatti comporta una cronica scarsità di capitali e di investimenti, problema che, secondo l’autore, può essere affrontato efficacemente soltanto attraverso l'associazionismo e la cooperazione.
“Resta in ogni caso il primato di regioni come Piemonte, la Toscana, il Veneto, il Trentino-Alto Adige o il Friuli – conclude Riccardo Mazzanti - che costituiscono un modello per la viticoltura e l’enologia mondiale grazie al loro un ruolo-guida a livello produttivo, organizzativo e di presenza sui mercati”.
Marina Caterina Magnani
IL PINOT NERO SEMPRE PIÙ PROTAGONISTA DELL’OLTREPÒ PAVESE
Una delegazione di 23 aziende di punta dell’Oltrepò fa squadra per valorizzare e far conoscere il territorio e i propri vini.
A Milano giornalisti e produttori si sono confrontati su questo straordinario vitigno che, nelle colline a sud del Po, trova espressioni sempre più apprezzateMilano, 3 dicembre 2021_Cosa rende unico il Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese? E qual è la direzione intrapresa dai produttori, negli ultimi anni, nei confronti di un vitigno così potente, elegante e poliedrico? Questi i temi dell’evento "Talk ’n’ Toast - Conversazioni sul Pinot Nero: terroir a confronto dalla Borgogna all’Oltrepò”, organizzato ieri presso DaDa in Taverna a Milano, dove si è parlato dei terroir e delle caratteristiche di queste due grandi aree, da sempre vocate alla produzione di Pinot Nero.
In Oltrepò il Pinot Nero riesce, storicamente, ad esprimere con successo le sue due anime, quella importante e pregiata della vinificazione in rosso e quella della raffinata bollicina Metodo Classico: merito delle caratteristiche del suolo e del suo clima particolare, oltre che della capacità e dell'intraprendenza dei viticoltori e delle cantine - soprattutto a conduzione familiare - che guardano al futuro, ispirandosi certamente anche al mito della Borgogna, e continuando ad investire nella sperimentazione, nella sostenibilità e nella ricerca per delineare sempre più l’identità dei loro prodotti in modo che sappiano conquistare gli appassionati, esaltando tutte le caratteristiche del territorio e con un’impronta sempre più internazionale.
L'evento ha consentito di scoprire nuove sfumature attraverso la narrazione dei due terroir, in un interessante confronto tra Armando Castagno, critico e autore del libro “Le vigne della Côte d'Or” sulla Borgogna, e Filippo Bartolotta, da oltre vent’anni comunicatore del vino italiano nel mondo.
“Questi produttori stanno dimostrando che è arrivato il momento di prendersi onore e onere nell’annunciare di essere il più importante distretto del Pinot Nero in Italia. Tremila ettari di questa uva straordinaria coltivata in un terroir definito storicamente e geograficamente in modo inequivocabile: un triangolo equilatero con la base costituita dal Po e dalla via Emilia che sale a sud fino a 1700 metri. Un cuneo, nel lembo nord più estremo degli Appennini, confinante ad ovest con il Piemonte e ad Est con l’Emilia Romagna, con la Liguria che a piedi si può raggiungere attraverso la bellissima via del sale. Viticoltura di montagna con pendenze che toccano anche i 45 gradi lasciando che la vista rimanga ingannata come se fossero della stessa verticalità di un muro di un edificio. Decine di colline che sembrano le quinte di un teatro cinese. Qui il Pinot Nero ha trovato i suoi natali verso la metà dell’800 e, nel 1965, nasce il primo metodo classico italiano grazie al lavoro del Conte Vistarino e dell’imprenditore Carlo Gancia. una storia costruita da una collettività che adesso ha deciso di crederci un po’ di più e di rivelare con più decisione il lavoro svolto in questi ultimi anni”, spiega Filippo Bartolotta.
"Siamo molto soddisfatti dei numerosi commenti positivi e di essere riusciti a confrontarci su un territorio che ha ancora molto da raccontare", affermano i produttori. " Si tratta di un ulteriore passo verso il nostro obiettivo comune che è quello di impegnarci a fare sempre del nostro meglio per la crescita della reputazione di tutto l'Oltrepò in Italia e all'estero, con il Pinot Nero che diventa, per noi, un vino sempre più identitario".
Per scoprire la prossima edizione di “Oltrepò – terra di Pinot Nero” e per rivivere l’evento di settembre alla Tenuta Pegazzera: www.terradipinotnero.it.
Giulia Ledda
PASSEGGIARE TRA I VITIGNI STORICI DELLE LANGHE: LA COLLEZIONE GRINZANE CAVOUR È UN VIAGGIO NEL TEMPO
Un ettaro di terreno che ospita circa 500 vitigni storici, già scomparsi in diverse aree d’Italia e del mondo e ora visibili solo qui nelle Langhe, ai piedi di uno dei castelli di proprietà del Conte Camillo Benso di Cavour. Un’esperienza di visita esclusiva, dove il passato può essere visto e toccato con mano.
Un'esperienza unica nel tempo e nello spazio, alla scoperta di vigneti rari o ormai scomparsi provenienti dall’Italia settentrionale e dalle più remote aree del mondo. Questo e non solo è la Collezione Ampelografica Grinzane Cavour, museo a cielo aperto e scrigno dove vengono conservate anche le uve che hanno dato origine al pregiato Nebbiolo, il re dei vigneti. Una vera esperienza di scoperta storica ed enologica che il Consorzio Albeisa si impegna a sostenere, attraverso la cura dei vitigni antichi e rari che costituiscono la Collezione. Un luogo unico, visitabile esclusivamente poche settimane all’anno, nel periodo che precede la vendemmia e con la guida dei ricercatori Cnr Anna Schneider e Stefano Raimondi che quotidianamente animano l’attività di ricerca sulla biodiversità vinicola che avviene tra queste vigne.
“Questo vigneto rappresenta per il visitatore un’esperienza di viaggio nel tempo e nella viticoltura italiana e internazionale grazie al quale può immergersi in pieno nella conoscenza di vitigni parte di un patrimonio storico e scientifico inestimabile. – commenta Marina Marcarino, Presidente di Albeisa – Per questo motivo stiamo lavorando per dare un nuovo impulso alle visite guidate e permettere a tutti i visitatori e agli appassionati di conoscere una parte importante della tradizione e della ricchissima cultura enologica che si respira su queste colline uniche”.
Il Consorzio Albeisa è quindi impegnato per incentivare le finalità didattiche della Collezione storica, in quanto vero e proprio esempio del mantenimento della biodiversità della zona, e regalare così al pubblico un’esperienza di visita unica attraverso il racconto e la scoperta del territorio e di quella cultura del vino che rendono le Langhe senza eguali al mondo.
La Collezione nasce nel 1992 quando il Centro Miglioramento Genetico della Vite del CNR di Torino piantò un primo vigneto rimasto attivo fino al 2014 in un lotto di terreno adiacente al vigneto attuale, oggi esteso più di un ettaro. Da quell’anno, il lavoro non si è mai fermato: molteplici varietà di uve sono state accolte nel vigneto, grazie anche agli studi dei ricercatori e alle segnalazioni di viticoltori, vivaisti, appassionati. Nell’ettaro e mezzo che la collezione occupa abbiamo la possibilità di studiare vigne che arrivano dalla Liguria, dalla Valle D’Aosta e anche da paesi come l’Armenia o l’Uzbekistan. - Spiega Stefano Raimondi, ricercatore - Addirittura, il vigneto più antico presente nel territorio risale al 1200, una particolare varietà di Pignolo Spano che ora sta man mano scomparendo in molte zone”.
Ora più che mai il desiderio è quello di riuscire a trasmettere al pubblico il valore di queste ricerche mettendo al centro proprio la Collezione Grinzane Cavour e il patrimonio che essa conserva.
Per info e visite: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Elena Gottardo