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FIPE

GREEN PASS, FIPE-CONFCOMMERCIO: SI ALLA VACCINAZIONE, NO A DISCRIMINAZIONE TRA LE IMPRESE. O PER TUTTE, O PER NESSUNA

 

Se le nuove, ipotetiche, regole sull’utilizzo del green pass dovessero diventare legge, 26 milioni di italiani (17 se bastasse una sola dose) potranno andare in vacanza, sui mezzi pubblici, al supermercato, persino in ufficio e in fabbrica ma non entrare in un bar o un ristorante.

“Siamo di fronte all’ennesimo paradosso: chiunque potrà cenare nei ristoranti dei villaggi, degli alberghi, dei campeggi mentre in tutti gli altri servirà il green pass – sottolinea Aldo Cursano, vice presidente vicario di Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi -. Una discriminazione inaccettabile perché anche le nostre sono imprese turistiche che vivono di mercato. Ancora una volta si pensa di mettere la croce sulla spalle dei Pubblici esercizi, penalizzando attività che hanno già pagato un prezzo altissima alle misure di contrasto della pandemia. Se davvero si ritiene che la campagna vaccinale abbia bisogno di un’ulteriore spinta, si estenda l’obbligatorietà della vaccinazione, doppia o singola dose, per accedere ad ogni tipo di servizio. Perché se serve l’ennesimo sacrificio, questo va condiviso da tutti.”

C’è tuttavia qualcosa che non convince. La campagna vaccinale va avanti spedita se è vero che negli ultimi 3 giorni hanno completato il ciclo vaccinale 1,7 milioni di persone, di cui 800mila under 40. Ci sono già oltre 27 milioni di persone che hanno completato il ciclo vaccinale e poco meno di 9 milioni sono ancora in attesa della seconda dose anche perché i tempi sono stati addirittura allungati. Manca davvero poco e l’immunità di gregge pari al 70% della popolazione over 12 anni è a portata di mano.

“Fipe è da sempre a favore dei vaccini – prosegue Cursano - ma facciamo fatica a credere che in Italia ci siano 17 milioni di no vax. Più semplicemente la campagna vaccinale prosegue secondo dei tempi tecnici che dipendono dai protocolli sanitari e dalla logistica mentre almeno oggi il problema della disponibilità dei vaccini sembra superato. I non vaccinati non sono dunque no vax ma per lo più giovani che hanno già chiaramente espresso la volontà di vaccinarsi e sono in attesa di farlo. Siamo dinanzi ad una doppia discriminazione: quella delle persone non ancora vaccinate a cui sarebbe impedito l’accesso a bar e ristoranti e quella nei riguardi di bar e ristoranti perché sarebbero tra le poche attività nelle quali si potrà entrare con il green pass.”

 

 

Tommaso Tafi

FIPE-CONFCOMMERCIO CONTRO IL GREEN PASS PER I RISTORANTI: “VELOCIZZARE LA CAMPAGNA SENZA PENALIZZARE CHI LAVORA”

 

 

“La campagna vaccinale va sostenuta, incoraggiata e, possibilmente, velocizzata. Questa è la nostra migliore arma per un ritorno alla stabilità delle nostre vite. Quello che tuttavia non è accettabile è che, per raggiungere l’immunità di gregge, si finisca per penalizzare sempre le solite categorie. I Pubblici esercizi hanno pagato più di ogni altro settore nei 16 mesi della pandemia, sia in termini di perdita di fatturati che in termini di posti di lavoro. Andare ancora una volta a pesare sulle nostre attività significa compromettere la ripartenza e allontanare le migliaia di professionisti che stavano tornando pian piano ad avere fiducia e a mettere le loro competenze a disposizione dei locali. Se proprio si vuole percorre questa strada, che il vincolo del vaccino valga per ogni tipo di attività, dal teatro, alla palestra, al supermercato, a ogni altro luogo. Altrimenti è discriminatorio.

Se, invece, l’obiettivo è sensibilizzare i giovani sull’importanza delle vaccinazioni, facciamolo insieme. Come Fipe-Confcommercio siamo disposti a collaborare con il governo per una campagna di comunicazione capillare a ogni tavolo e a ogni bancone. Ma basta provvedimenti punitivi sempre contro i soliti settori”.

Così Roberto Calugi, Direttore generale di Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi.

 

Tommaso Tafi

LA CAMPAGNA #SICUREZZAVERA ENTRA NEL VIVO. AL VIA LA PRESENTAZIONE DEL PROGETTO IN 5 CITTÀ

 

 

 

Il contrasto alla violenza di genere passa sempre di più dai Pubblici Esercizi. Luoghi affollati e vitali, soprattutto in estate, i bar, i ristoranti e i locali italiani si preparano a diventare presìdi di sicurezza a difesa delle donne e promotori della cultura di genere. È infatti pronto a entrare nel vivo il progetto #sicurezzaVera, partito ufficialmente il 28 aprile scorso con la firma di un protocollo tra la Fipe-Confcommercio, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, il Gruppo Donne Imprenditrici della Federazione e la Polizia di Stato.

Nel corso del mese di luglio, verrà presentato il progetto in cinque città italiane – Pisa, lunedì 5; Matera, lunedì 12; Latina, giovedì 15; Rimini, martedì 20; Gorizia, mercoledì 28. L’obiettivo è quello di incrementare i livelli di sicurezza delle persone e degli stessi esercizi, nel quadro di aggiornate strategie di prevenzione di eventi illegali o pericolosi, connessi a forme di violenza di genere”.

“Troppo spesso i pubblici esercizi vengono dipinti come luoghi pericolosi – sottolinea la presidente del Gruppo Donne Imprenditrici di Fipe – Confcommercio, Valentina Picca Bianchi. Luoghi nei quali si pensa che sia lecito fare avances spinte alle ragazze che servono ai tavoli, o nei quali un sorriso in più fatto da una donna che lavora dietro a un bancone viene subito male interpretato. Luoghi in cui si lavora fino a notte fonda e, spesso le donne, titolari o dipendenti che siano, chiudono le saracinesche rimanendo sole nelle città ormai quasi deserte. Noi vogliamo ribaltare questo stereotipo e rafforzare i nostri locali in presìdi di legalità e di sicurezza, nonché, creare una rete per promuovere e diffondere la cultura di genere. Per le dipendenti, le clienti e le titolari di aziende. E il primo passo per prevenire la violenza è quello di riconoscere i segnali di pericolo. Grazie al supporto della Polizia di Stato, insegneremo sia alle donne sia agli uomini a riconoscere questi segnali e insegneremo loro come reagire”.

La fase sperimentale, nel suo complesso, arriverà ad interessare 20 città entro il 2021, dopodiché il modello verrà esteso a tutti gli esercizi pubblici che rappresentano da sempre la più ampia rete di presidio territoriale di cultura, socialità e tradizione presenti in Italia: 1 esercizio pubblico ogni 250 abitanti, 1 bar ogni 400 abitanti. Il progetto darà centralità ai Pubblici Esercizi sotto due aspetti principali: uno, riconoscendoli come punto di riferimento e luogo sicuro; due, rafforzando la sicurezza all’interno dei locali stessi. Il progetto sarà promosso da una campagna di comunicazione multitarget e omnicanale. Parleremo ai ragazzi e agli adulti con l’obiettivo di creare un network permanente sulla cultura di genere. Il centro del progetto saranno le iniziative informative e formative per diffondere la conoscenza del le tematiche relative alla cultura di genere e alla violenza basata sul genere grazie al contributo attivo della Polizia di Stato.

Vera, dal germanico protezione, è il nome di una donna. É un nome forte, deciso, determinato in cui ogni donna potrà identificarsi: “Io sono Vera, Ogni donna è Vera”. Vera è anche un'esclamazione: “io sono Vera quando sono #sicura”. Vera è una donna nuova, consapevole e sicura e con gli occhi aperti. Vera vuole sensibilizzare e promuovere la cultura di genere, il rispetto, il valore della diversità, la condivisione e l’inclusività.

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Andrea Pascale

ZONA BIANCA, IN 9MILA BAR TORNA IL RITO DEL CAFFÈ AL BANCO. FIPE-CONFCOMMERCIO: “OSSIGENO PER 36MILA

 

 

Con l’ingresso in zona bianca, i Pubblici esercizi del Friuli Venezia Giulia, della Sardegna e del Molise ripartono a pieno regime

 

Da oggi, infatti, nei 9mila bar di queste tre regioni è possibile finalmente ricominciare a bere il caffè al bancone. Una boccata d’ossigeno, in particolare per i 4mila locali che fino ad oggi sono stati costretti a stare chiusi o a lavorare soltanto con l’asporto, non avendo lo spazi all’esterno. Ossigeno anche per i 36mila lavoratori dei Pubblici esercizi di queste regioni che potranno riprendere il loro posto dietro il bancone dei bar, in cucina o tra i tavoli dei 7.200 ristoranti pronti a riaprire al pubblico le loro sale interne.

È il ritorno di un rito tutto italiano, consolidato nel corso dei decenni e attorno al quale si è sviluppato il modello stesso del bar. “Senza la possibilità di somministrare il caffè al banco – spiega Luciano Sbraga, vicedirettore di Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi – i locali italiani hanno perso, in media, il 40% dei loro fatturati. Ma al di là dei freddi numeri, è importante sottolineare come si tratti di un piccolo, importante passo verso un ritorno alla normalità. In questi 14 mesi, infatti, molti di quei gesti quotidiani cui eravamo abituati ci sono stati proibiti. Oggi, piano piano, i divieti stanno cadendo e ci stiamo riappropriando dei nostri spazi di socialità. Come Fipe abbiamo voluto celebrare questo momento, lanciando una campagna di comunicazione digital destinata a chi ha voglia di riprendersi la propria vita e tornare a condividere. L’abbiamo realizzata insieme ad alcune grandi aziende dell’alimentare e l’abbiamo chiamata #ilsolito. Perché dopo tante incertezze e difficoltà, abbiamo tutti voglia di un po’ di normalità”.

 

Andrea Pascale

BARISTA COSTRETTA A INDOSSARE MAGLIE SCOLLATE PER SERVIRE AI TAVOLI

 

 FIPE DONNE: “QUESTI NON SONO IMPRENDITORI!” 

 

“Quella che leggiamo sui giornali è una piccola storia ignobile. È vergognoso che un imprenditore possa chiedere, più o meno esplicitamente, a una aspirante barista di indossare maglie scollate per servire ai tavoli. Le donne che operano nei pubblici esercizi sono lavoratrici, non oggetti da mettere in mostra per solleticare le fantasie di qualche triste, tristissimo avventore. Voglio essere molto chiara, per noi questi non sono imprenditori e non hanno nulla a che fare con i valori che esprime la Federazione”.

Così Valentina Picca Bianchi, imprenditrice e presidente del Gruppo Donne di Fipe-Confcommercio, commenta l’episodio raccontato nei giorni scorsi da una giovane di Palermo alla redazione locale di Repubblica.

“Voglio ringraziare questa ragazza per aver raccontato questo deplorevole episodio – aggiunge la presidente –. Ha dimostrato un coraggio non comune per una giovane. Immagino l’umiliazione e il disagio profondo che debba aver provato nel momento in cui si è sentita fare questo tipo di sollecitazione”. 

“Prendiamo nettamente le distanze da chi interpreta il ruolo di imprenditore con queste mortificanti pretese - aggiunge Antonio Cottone, presidente di Fipe-Confcommercio Palermo -. Fortunatamente si tratta di casi isolati ma va ugualmente sottolineata con enfasi la coraggiosa denuncia della vittima di questa proposta indecente. Il suo esempio e la sua dignità devono servire a quante potrebbero imbattersi in futuro in simili situazioni. Non bisogna abbassare la guardia, tanto più in un periodo in cui la ricerca di un posto di lavoro, soprattutto per un giovane, è ancora più complicata”.

“La misura è colma – conclude Picca Bianchi -. Come Federazione stiamo lavorando per trasformare i pubblici esercizi in presidi di sicurezza e ogni volta che un imprenditore si comporta in questo modo, l’intera categoria subisce un danno incalcolabile. Noi oggi abbiamo il problema di reperire forza lavoro, visto che dopo 14 mesi di stop o di lavoro intermittente, molte persone sono sfiduciate e non credono in una prospettiva di impiego stabile. Dobbiamo tornare ad essere attrattivi, ma così facendo si ottiene l’effetto opposto: si spaventano le ragazze, le si umiliano e si allontanano anche gli avventori. I bar, i ristoranti e i locali in generale, sono luoghi in cui si formano professionisti, cortesi e competenti. Non certo dove si espone “carne da macello”, con il rischio di mettere in pericolo la loro incolumità. Sinceramente, sono amareggiata e arrabbiata”.

 

Tommaso Tafi

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