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NON IN SOLE ANFORE VIVE IL VINO: GRAVNER SCEGLIE NUOVE SOLUZIONI PER L’AFFINAMENTO
Vetro e acciaio vetrificato entrano nella cantina di Oslavia. Il primo serbatoio è già locato, gli altri arriveranno entro l’inizio del 2025
Protagonista assoluto del vino italiano e della sua storia recente, considerato da molti il padre degli orange wine, Joško Gravner è da sempre un innovatore indomito in continuo movimento, alla ricerca del contenitore giusto dove far nascere i suoi vini. Supportato dal nipote Gregor Pietro, nell’ultimo periodo Gravner ha esplorato nuove frontiere per l’affinamento, approfondendo l’utilizzo del vetro per le sue qualità di inerzia, resistenza e facilità di pulizia. Sono due le realtà che hanno creato i nuovi contenitori destinati ad affiancare le anfore interrate, tra la fine del 2024 e il 2025, andando così a integrare il processo produttivo della cantina di Oslavia: EnoKube e Pfaudler.
La collaborazione con EnoKube, un progetto interamente italiano realizzato, partendo da un’idea di Joško Gravner, da Enrico Cusinato assieme al mastro vetraio Vittorio Benvenuto, ha visto la creazione di una innovativa vasca in vetro da 10 ettolitri. Introdotto in cantina già la scorsa primavera, il contenitore ha permesso di testare nuove modalità di affinamento di piccoli lotti o selezioni, lasciando molto spazio alle sperimentazioni. Grazie alla precisione e alle proprietà del vetro, EnoKube si è rivelato un alleato prezioso per la maturazione qualitativa di quantità contenute di vino.
Tuttavia, la sfida di gestire volumi maggiori ha rivelato i limiti del vetro nel sostenere pesi più elevati. È stato allora che, su suggerimento di un ingegnere locale, la famiglia Gravner è entrata in contatto anche con Pfaudler Italia, azienda specializzata nella costruzione di apparecchiature vetrificate per l’industria chimica e farmaceutica e parte del gruppo GMM Pfaudler. Insieme hanno sviluppato i serbatoi in acciaio vetrificato dalla capacità massima di 70 ettolitri, il cui design combina la robustezza dell’acciaio e la resistenza chimica del vetro. Dopo l’accurata progettazione e costruzione iniziale, i serbatoi in acciaio subiscono il processo manuale di vetrificazione interna che prevede un primo strato base e successive altre di copertura. A ogni vetrificazione segue un trattamento termico di circa 900 °C in modo da unire l’acciaio e il vetro in maniera permanente rendendolo un vero e proprio materiale composito. Il rivestimento vetroso garantisce una superficie liscia e senza porosità, altamente igienica e che non rilascia sostanze indesiderate, rendendolo ideale per lo stoccaggio e l’affinamento del vino. Oltre alla lunga durata di esercizio, i serbatoi vetrificati sono interamente riciclabili, favorendo in questo modo l’impatto ambientale e migliorando la sostenibilità.
“La costante ricerca di innovazione non è mai fine a se stessa, ma nasce dalla volontà di migliorare ogni aspetto del processo produttivo, restando fedeli alle nostre radici – dichiara Mateja Gravner –. Con EnoKube abbiamo trovato una soluzione perfetta per le piccole produzioni di alta qualità, dove ogni dettaglio fa la differenza. Pfaudler, invece, ci ha permesso di affrontare la sfida di affinare i normali volumi di produzione senza compromettere la qualità del vino. Entrambe le soluzioni sono fondamentali per noi, perché rappresentano due facce della stessa medaglia: la ricerca della perfezione nel vino, indipendentemente dalla quantità. Ogni contenitore ha un ruolo specifico e prezioso nel nostro processo, e insieme ci permettono di continuare a fare ciò che amiamo”.
“La collaborazione tra il Gruppo GMM Pfaudler e Gravner rappresenta un passo significativo per entrambe le aziende, leader nei rispettivi settori. È un incontro tra ricerca industriale e natura che apre a nuove opportunità, mercati e soluzioni per entrambi i brand – sottolinea Mauro Bona, Regional Sales Manager di Pfaudler Italy srl –. Per la cantina di Oslavia significa integrare tecnologie all’avanguardia nella sua storica produzione vinicola, per GMM Pfaudler è l’occasione di dimostrare l’adattabilità delle proprie tecnologie a un settore in crescita e di contribuire all’evoluzione di un leader affermato come Gravner”.
Anna Sperotto
L’EDIZIONE ZERO DI AMPHORA REVOLUTION: SPOTLIGHT SUL VINO IN ANFORA CHE HA DISEGNATO NUOVE PROSPETTIVE PER IL FUTURO
L’evento targato Merano WineFestival e Vinitaly, svoltosi il 7 e 8 giugno alle Gallerie Mercatali di Veronafiere, ha ospitato oltre 101 aziende produttrici di vino in anfora provenienti da tutta Italia e ha “piantato un seme per il futuro” dando voce a una particolare nicchia dell’enologia. Interessante occasione di networking tra convegni scientifici e di ricerca, curati dal professor Attilio Scienza, masterclass e tavole rotonde con gli enologi a confronto. Presentata, inoltre, durante l’inaugurazione, la nuova guida ufficiale “The WineHunter Amphora Award 2024” e premiati i WH Amphora PLATINUM Award.
Obiettivo raggiunto per Amphora Revolution, il primo evento nazionale e internazionale dedicato ai vini in anfora, nato dalla joint venture tra Merano WineFestival e Vinitaly, che si è svolto il 7 e l’8 giugno nelle Gallerie Mercatali di Veronafiere. La manifestazione, infatti, si è dimostrata un’importante rampa di lancio per una nicchia enologica che ha recuperato una tradizione antica come innovazione. «È stato piantato un seme per il futuro» dichiarano Helmuth Köcher – The WineHunter e patron di Merano WineFestival - e Maurizio Danese – amministratore delegato di Veronafiere, che hanno ideato Amphora Revolution proprio per creare un punto di incontro tra i produttori di vini in giare di terracotta, nonché promuovere e valorizzare questa tecnica antica ma al tempo stesso rivoluzionaria. Qualificate le presenze, sia per quanto riguarda i winelover, molto informati, e gli operatori professionali con buyer e più di 100 giornalisti accreditati: la tendenza ha mostrato un pubblico specializzato e fortemente interessato e preparato al tema, un segnale positivo che sprona però a porsi l’ulteriore obiettivo di coinvolgere una platea sempre più ampia e variegata.
LA GUIDA UFFICIALE E LE PREMIAZIONI THE WINEHUNTER AMPHORA AWARD
Nel contesto dell’inaugurazione di Amphora Revolution, venerdì 7 giugno è stata presentata ufficialmente la nuova guida “The WineHunter Amphora Award 2024”, la prima guida dedicata interamente ai vini in anfora, ideata da Helmuth Köcher, che include una selezione di vini degustati e premiati da una speciale commissione d’assaggio. Con l’occasione, sono stati assegnati i premi WH Amphora Platinum Award, ovvero il massimo riconoscimento possibile, ai vini: REND NEN 2020 Erbaluce di Caluso di Luca Leggero (Piemonte), MIGIU Isola dei Nuraghi 2021 di LE ANFORE (Sardegna), Chambave Muscat 2022 di Rosset Terroir (Valle D’Aosta), Garnellen 2020 di Tröpftalhol (Alto Adige). Assegnati inoltre gli Amphora Wine Packaging, per l’etichetta più rappresentativa a Cielo Sommerso di Tenuta San Marcello (Marche) e Pagus Cerbaia di Poggio al Tesoro (Toscana).
WALK AROUND TASTING E QVEVRI WINES
Oltre 101 le aziende produttrici di vini in anfora provenienti da tutta Italia presenti ai banchi di assaggio allestiti alle Gallerie Mercatali di Veronafiere nelle giornate di venerdì 7 e sabato 8 giugno, a cui si è aggiunta una selezione di etichette georgiane Qvevri Wines, di vini subacquei e prodotti da vitigni antichi, con la partecipazione di G.R.A.S.P.O., Gruppo di ricerca ampelografica sostenibile per la preservazione della biodiversità viticola che identifica, cataloga e vinifica vitigni antichi e minori a livello nazionale e internazionale. Una proposta di eccellenze che ha attirato in particolare un pubblico di appassionati e operatori del settore specializzati e che si è rivelata un importante punto di incontro e confronto tra aziende vitivinicole, unite dalla stessa curiosità e dedizione per il recupero dell’antica tecnica di vinificazione in anfora.
CONVEGNI E SIMPOSI
Intenso il programma di convegni tecnico scientifici e di ricerca, simposi e tavole rotonde organizzati durante Amphora Revolution che ha disegnato nuove prospettive per il futuro dei vini in anfora. Occasioni di confronto, analisi ed elaborazione di dati che hanno evidenziato una tecnologia antica come innovazione e rivoluzione, specialmente in risposta alle sfide dettate dal rispetto della sostenibilità e dai cambiamenti climatici in atto. Il professor Attilio Scienza, presidente del comitato scientifico della manifestazione, ha condotto panel tecnico-scientifici con la partecipazione di: Nereo Pederzolli, dei professori Osvaldo Failla e Raffaele Guzzon, David Maghradze e Steven Batjuk in “The Wine Odyssey – from the past to the future”; il MW Andrea Lonardi, Manna Crespan, Gianluca Telolli, Aldo Lorenzoni e Luigino Bertolazzi in “GRAPE TRACKER. Vitigni dal passato per vini del futuro”. Successo anche per il panel di ricerca “Evoluzione dei vitigni e delle anfore. Il miglioramento delle varietà georgiane: la selezione clonale e la creazione di genotipi resistenti alle malattie” con Eugenio Sartori di Vivai Cooperativi Rauscedo e il georgiano Steven Batjuk. Alla tavola rotonda “Enologi Italiani a confronto”, condotta da Andrea Radic e Francesca Granelli, hanno partecipato: Elena Casadei (Le Anfore), Michele Bean (Roi Clâr), Francesco Mondini (Etruscanywine), Robin Baum (Winemakersclub Italia), Stefano Parisi (Poggio al Pino 1872) e Josef Reiterer (Arunda). La tavola rotonda “Vini georgiani: l’origine della viticoltura” ha visto, invece, gli interventi di Carlo Catani e Massimo Palmieri e la moderazione di Helmuth Köcher. Infine, la tavola rotonda “Produttori di anfore” ha visto la partecipazione di Michele Bean (Sirio Anfore), Massimo Carbone (Winejars), Luca Risso (Clayver) e Federico Manetti (Manetti e Gusmano) con Helmuth Köcher e Andrea Radic.
LE MASTERCLASS
Dalla teoria alla pratica: le masterclass di Amphora Revolution sono state preziosa occasione per vivere un’esperienza sensoriale e gustativa che ha condotto i partecipanti in un viaggio nel tempo e nello spazio. “Vini Rossi in Anfora - Un viaggio alla scoperta dei sensi, dal passato al futuro: il confronto” è stata dedicata a sei vini rossi prodotti in anfora - Hadrianum (Abruzzo), Drei Donà (Emilia – Romagna), La lepre e la luna (Marche), Roi Clâr (Friuli), Catabbo (Molise), Terrae Laboriae (Campania) - e moderata dal giornalista e conduttore televisivo Andrea Radic insieme a Simona Geri, degustatore, commissario di giurie nazionali e internazionali, membri della nuova commissione “The WineHunter Amphora Award”. La masterclass “10 Custodi per 10 Vitigni Rari – biodiversità viticola in Italia” moderata da Aldo Lorenzoni e Luigino Bertolazzi, ha svelato il segreto dell’origine della biodiversità viticola italiana, moderata da Aldo Lorenzoni di G.R.A.S.P.O. Presenti i vini delle cantine: La Chimera (Avanà Metodo Classico), La Rabiosa (Vernazola), Emilio Bulfon (Sciaglìn), In Sordina (Pomella), Santa Maria Valverde (Dindarella), Tenuta La Marchesa (Uvalino), Tenuta di Pietra Porzia (Lecinaro), Terenzuola (La Merla), Sacramundi (Saccola) e Sassotondo (Nocchianello Nero). La masterclass di Roero Bric Castelvey “Territorio unico: Langhe bianco – Langhe Rosso” ha trasportato gli ospiti tra le colline piemontesi con Cristian Gallino. “L’arte dell’anfora: sensazione ed evoluzione del vino bianco in terracotta” ha portato in degustazione sette vini bianchi, espressione della naturalità e della purezza, a cura di Andrea Radic e Simona Geri, delle cantine: Feudo Antico (Abruzzo), Luca Leggero (Piemonte), Petrognano (Toscana), Le Anfore di Elena Casadei (Toscana), Vigne San Lorenzo (Emilia-Romagna), Tenuta San Marcello (Marche) e Tenuta La Regola (Toscana). Infine, “Underwater Wines – Vino Subacqueo: alla scoperta delle profondità della maturazione del vino”, a cura di Andrea Radic, ha proposto una speciale panoramica sul particolare processo di invecchiamento e affinamento sotto il mare con le cantine: Cantine Paololeo (Puglia), Cantina di Venosa (Basilicata), Tenuta del Paguro (Emilia-Romagna), Consorzio AGER Asprino (Campania), Jamin Portofino (Liguria) e Vallecamonica (Lombardia).
Stefania Mafalda +39 345 5810 157
MARTINOTTI L’UOMO DELLO SPUMANTE CELEBRATO A CASALE MONFERRATO
A 100 anni dalla sua scomparsa un convegno e una pièce teatrale, anteprima di Golosaria
E’ l’uomo che ha rivoluzionato l’enologia italiana, dacché il metodo Martinotti è alla base dei più famosi spumanti italiani. Ora, in occasione del centenario della sua scomparsa, Federico Martinotti viene celebrato in patria grazie all’iniziativa del Comitato Casale Monferrato capitale della DOC in collaborazione con il Comune di Casale Monferrato e la Regione Piemonte e nell’ambito delle manifestazioni per il Riconoscimento di Territorio Europeo del Vino 2024 per Gran Monferrato ed Alto Piemonte. L’evento, in programma venerdì 10 maggio alle ore 16,30 avrà luogo nei locali dell’Accademia Filarmonica di Casale Monferrato e sarà anche un assaggio di Golosaria fra i castelli del Monferrato che aprirà i battenti nel castello cittadino sabato 11 fino a domenica 12 maggio.
Dopo i saluti istituzionali delle autorità cittadine (il sindaco Federico Riboldi, l’assessore Emanuele Capra) e regionali (gli assessori Marco Protopapa e Vittoria Poggio); quindi di Mario Arosio, per il Territorio Europeo del vino e dell’on. Enzo Amich, componente della IX Commissione parlamentare, il primo atto sarà la piéce teatrale: “Intervista Impossibile a Federico Martinotti” a cura di Giorgio Milani con Chiara Cane e le musiche del maestro Massimiliano Limonetti col suo gruppo; a seguire il convegno “2024 Martinotti 100 anni di Spumante”, moderato dal giornalista Paolo Massobrio, patron di Golosaria.
Interverranno:
Andrea Desana - Presidente del Comitato Casale Monferrato capitale della DOC
Donato Lanati - Enologo fondatore di Enosis Meraviglia
Stefano Ricagno – Vicepresidente del Consorzio di Tutela Asti Spumante
Luca Giavi – Direttore del Consorzio Prosecco DOC
Diego Tomasi – Direttore del Consorzio Prosecco DOCG di Valdobbiadene
Luciano Bulgarelli – Vicepresidente del Consorzio del Lambrusco Mantovano
Antonella Bosso – Direttrice del CREA di Asti
Il giorno dopo a Golosaria, andrà in scena una masterclass dedicata al Prosecco Docg, nell’ambito di Barbera&Champagne, dove si ritroveranno molto altre bollicine prodotte anche con il metodo Martinotti.
Hilary Buzio
AROMY
Stesso vino, nuovi sapori. È la “svolta” resa possibile da Aromy, il dispositivo sviluppato da Unifi che ha concesso la licenza di utilizzo all’azienda trevigiana Trecieffe.
è in grado di catturare i vari composti organici volatili che si perdono durante la fermentazione alcolica. Un recupero che può rappresentare un elemento molto vantaggioso per il produttore enologico: queste sostanze, legate all’uva fermentata o al metabolismo dei lieviti, conferiscono aromi floreali e fruttati a vini che altrimenti ne avrebbero minori concentrazioni.
“Come suggerisce il nome, si tratta di uno strumento in grado di accrescere le caratteristiche aromatiche del vino” spiega Alessandro Parenti, docente del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali (DAGRI), nonché inventore del dispositivo insieme a Lorenzo Guerrini (allora assegnista di ricerca Unifi).
“Tuttavia – prosegue – l’importanza di Aromy non si limita al recupero delle sostanze che si separano dal mosto durante la fermentazione alcolica a causa di un effetto di stripping dovuto alla CO2 emessa dai lieviti. Il dispositivo, proprio bloccando tali molecole, permette l’interazione tra queste e dunque la creazione di nuovi composti profumati e fruttati (gli esteri), che poi ricadono sotto forma di condensa nel mosto”.
A dare impulso allo sviluppo di Aromy è stato un altro tipo di ricerca condotta da Parenti. Docente di impiantistica enologica e attivo nell’ingegneria relativa alle macchine di trasformazione agroalimentare, Parenti era impegnato nell’implementazione di un sensore che monitorasse l’anidride carbonica in uscita durante la fermentazione.
“I sensori che progettavo si sporcavano e smettevano di funzionare dopo poco tempo. Per scoprire quale fosse il problema decisi di inserire un piccolo condensatore grazie al quale notai che dalla vasca uscivano sostanze trasparenti. Dopo alcune prove successive ne ebbi la conferma: avevo dimostrato per la prima volta che dalla vasca in fermentazione uscivano sostanze odorose che non rimanevano nel vino ma si disperdevano nell’ambiente”.
La questione diventava come rimettere al loro posto le molecole fuoriuscite. Da qui l’idea di realizzare un condensatore interno alla vasca cilindrica, posizionato nella parte superiore (spazio di testa del fermentino), in modo che venisse superato il problema di rimetterle dentro il vino. Il passo successivo è stato il brevetto.
Nel 2019 Unifi ha firmato la concessione di utilizzo per Trecieffe, azienda di Treviso specializzata nella progettazione e realizzazione di serbatoi in acciaio destinati al settore agroalimentare. Con l’inizio della produzione industriale – l’anno successivo – Aromy ha iniziato a farsi conoscere dalle aziende: dopo la presentazione al Salone internazionale macchine per enologia e imbottigliamento (SIMEI) tenutosi a Milano, il dispositivo ha raggiunto un considerevole successo, tanto da ricevere nel 2020 la menzione d’onore all’Enoforum a Valencia. Nel 2021, sempre in collaborazione con Trecieffe, è stato realizzato un “upgrade”: un piccolo tubo attraverso il quale l’enologo può assaggiare gli aromi prima che ricadano nel vino e decidere se e in quali quantità mantenerli.
Pochi mesi fa, è arrivata la richiesta di due vasche da cento ettolitri da parte di uno dei grandi marchi del vino italiano.
“I vini di Aromy sono caratterizzati maggiormente anche dal punto di vista tattile, oltre che aromatico. Presentano, in gergo enologico, una più marcata ‘grassezza’, ossia risultano più morbidi e voluminosi in bocca. Soprattutto – precisa Parenti – per la parte tattile si mostrano più “pronti” rispetto a quelli prodotti con il metodo tradizionale, come se avessero qualche mese di invecchiamento in più. Si tratta di un grande vantaggio per il produttore, che può inserire prima sul mercato il vino made in Aromy”.
Nelle intenzioni di Parenti, il dispositivo potrebbe trovare una buona diffusione in quei produttori maggiormente interessati a orientare i loro vini verso target enologici precisi lavorando sull’interazione tra vitigno, lievito, temperatura di fermentazione e temperature di condensazione. Insomma, uno strumento con molteplici possibilità volte ad accentuare la tipicità dei vini prodotti e lo stile dell’enologo. “Il target a cui punta Aromy – conclude il docente Unifi – è rappresentato da quelle cantine interessate alla produzione di un vino che si distingua sul mercato e a offrire un’eccellenza caratteristica del territorio”.
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE
Antonella Maraviglia
PROGETTO WINESENS CONDOTTO DA FARINA WINERY CON SMACT E L’UNIVERSITÀ DI VERONA
Winesens, sei anni di studi per la salvaguardia della tradizione, applicando enologia di precisione e sostenibilità: i risultati di un progetto di ricerca di Farina Winery e dell’Università di Verona.
Il progetto Winesens condotto da Farina Winery con SMACT e l’Università di Verona è centrato sulle nuove tecnologie di controllo e gestione della maturazione dei vini rossi in legno, cemento, ceramica e acciaio. Grazie alla collaborazione con il Prof. Maurizio Ugliano si sono raggiunti risultati molto interessanti ed è nato un protocollo produttivo frutto di ben sei anni di studi e di ricerche che si propone di valutare diverse strategie per migliorare la tenuta dei vini all’ossidazione, limitando così il fabbisogno in solfiti dei vini.
Il cambiamento climatico ha notevolmente modificato le caratteristiche delle uve all’atto della vendemmia, e Farina Winery ha ritenuto necessario muovere alcune scelte sostenibili in cantina che permettessero di garantire longevità, eleganza e verticalità ai suoi vini, rispettando il carattere tradizionale del territorio, in particolare per gli amaroni.
Inoltre la riduzione di anidride solforosa utilizzata in enologia è da almeno 15 anni una priorità del comparto vitivinicolo. Pur non essendo l’unico prodotto sul mercato che la utilizza a scopo conservativo, risulta che il vino sia una delle principali fonti di assunzione di anidride solforosa nella dieta umana.
La domanda del mercato di vini a basso contenuto di SO2 risulta crescente e le pratiche enologiche finalizzate alla produzione a vini di qualità a basso contenuto di SO2, in virtù della forte azione antiossidante e antimicrobica di questa sostanza, sono tutto fuorché scontate.
Queste due esigenze hanno portato Farina Winery a cercare soluzioni concrete e basate su un approccio rigoroso e sostenibile.
Tra le varie opzioni considerate, quella basata sull’aggiunta ragionata di dosi di ossigeno precise nel corso della fermentazione si è rivelata particolarmente efficace. Sulla scorta di questi sono stati rielaborati i protocolli di vinificazione, arrivando ad una riduzione complessiva delle dosi di impiego di SO2 di circa il 20%.
Inoltre, da questo primo progetto è nata una riflessione più ampia sulle potenzialità offerte dalle nuove tecnologie di gestione dell’ossigeno per l’ottenimento di determinati profili qualitativi, in particolare per la fase di maturazione dei vini. Sono stati di conseguenza avviati importanti investimenti per l’installazione di contenitori di maturazione con differenti permeabilità all’ossigeno,
Maurizio Ugliano commenta, “Nel corso di questi anni la collaborazione tra Università di Verona e Farina Winery ha fornito numerosi spunti di approfondimento su tematiche di attualità enologica, consentendo di introdurre tecnologie all’avanguardia nel contesto della produzione dei vini della Valpolicella.”
Elena Farina aggiunge, “Sin dalla nostra entrata in azienda, io e mio cugino Claudio abbiamo messo la sostenibilità come punto cardine della nostra strategia vitivinicola. Inizialmente ci siamo lasciati guidare da fortuite intuizioni nei primi investimenti di rinnovo in cantina. La collaborazione con Maurizio è preziosa e non solo per gli ottimi risultati raggiunti – insieme, ci siamo trovati in un percorso verso un approccio concreto e misurabile.”
Al fine di testare razionalmente e scientificamente la maturazione dei vini rossi in diversi contenitori, proprio per definire il protocollo di produzione interno, finalizzato alla riduzione delle dosi di impiego di conservanti enologici, sono stati utilizzati sistemi di sensoristica in grado di testare ossigeno disciolto, colore, elettrochimici, parametri chimici di base, tannini, antociani e PH.
I recipienti, in cui è stato posto lo stesso vino da assemblaggio di Corvina, Corvinone e Rondinella (annata 2020) sono:
Vasca d’acciaio inox 50hl;
Vasca di cemento non rivestito 75hl
Botte in ceramica 4,5hl
Barrique di primo 2,25hl
Barrique di terzo passaggio 2,25hl
Barrique di primo passaggio 2,25hl
Barrique di primo passaggio 2,25hl
Tonneaux di secondo passaggio 5,00 hl
Botte 20hl
Botte 30hl
Claudio Farina dalla sede di Pedemonte afferma “La prima fase della ricerca ha permesso di ridurre l’uso dell’anidride solforosa del 20% e nell’affinamento, in questa seconda fase, si conferma sostanzialmente il ritorno ad un maggior uso del cemento e si delinea la ceramica come valida alternativa alla barrique, anche alla luce del fatto che è nostra intenzione rispettare al massimo l’originalità, i sentori e le note varietali oltre che il territorio di origine delle nostre uve e soprattutto produrre vini eleganti che ricordino i grandi rossi della tradizione della Valpolicella”.
I risultati di questo progetto e del conseguente protocollo enologico di precisione sono molto importanti anche per ulteriori aziende vitivinicole grazie alla sua replicabilità, fatti salvi alcuni adattamenti interni alle esigenze e alla filosofia produttiva delle altre cantine, anche grazie a SMACT.
SMACT è il Competence Center del Triveneto per il supporto alla trasformazione digitale delle imprese, partner con l’Università di Verona della live demo Fabbrica del Vino, dedicata all’innovazione digitale per il comparto vitivinicolo.
Per informazioni Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - +39 045 770134