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Economia
LA “RETAIL APOCALYPSE” MINACCIA L’ECONOMIA GLOBALE
WALL STREET PREVEDE OLTRE 90MILA CHIUSURE NEGLI USA ENTRO IL 2027, ALLARME ANCHE IN ITALIA
La crisi legata alle chiusure dei negozi di prossimità è un fenomeno mondiale che non risparmia nessun Paese. Le cause sono da ricercare principalmente nei tagli attuati dai consumatori per la spesa, dalle difficoltà economiche generali e dal continuo aumento degli acquisti tramite e-commerce. In Italia, il trend ricalca quello degli altri Paesi. Infatti, secondo le elaborazioni di Confesercenti, tra il 2012 e il 2022 hanno chiuso oltre 100.000 attività di commercio al dettaglio. Nel 2022 i negozi che hanno aperto sono stati il 20,3% in meno rispetto al 2021. Hanno alzato le saracinesche in 22.608, ma ad abbassarle sono state oltre 43.000. La desertificazione dei nostri centri abitati riguarda tutto il nostro Paese e rappresenta un importante cambiamento socio-culturale ormai in atto.
Secondo le analisi condotte da Wall Street e pubblicate da The Sun, si prevede che entro la fine del 2027 chiuderanno circa 50.000 negozi negli Stati Uniti. E questo dato potrebbe peggiorare, arrivando fino a 70.000-90.000 chiusure, se il potere d’acquisto della popolazione dovesse ulteriormente calare. La previsione delle chiusure dei negozi si basa su quella della crescita dell’economia legata all’e-commerce che passerà dall’attuale 20% al 26% entro il 2027. UBS ha calcolato che ogni aumento di 100 punti base della percentuale di vendite on-line inneschi circa 8.000 chiusure di negozi. Sempre secondo la stessa indagine, i negozi che dovrebbero subire il maggior numero di chiusure sono quelli di abbigliamento, accessori, elettronica e arredamento per la casa. Questi dati mondiali sono perfettamente in linea con ciò che sta accadendo in Italia. La situazione dei nostri negozi è stata fotografata da uno studio di Confesercenti in cui emerge che la Campania è in assoluto la regione italiana ad aver registrato la perdita più alta di negozi. Nel 2022 hanno chiuso la saracinesca in 2.707, seguono il Lazio con 2.215 e la Sicilia con 2.142, ma anche al Centro e al Nord la situazione è simile. I nostri centri urbani sono sempre più deserti e si sta sviluppando quel processo sociologico urbano identificato col termine Gentrification, un cambiamento delle città che diventano terre di turisti e di fasce più abbienti a discapito della classe media, costretta ad allontanarsi a causa dell’aumento del costo della vita. Garantire la salute del commercio di prossimità, quindi, diventa fondamentale per tutti e per poterlo fare è necessario puntare sull’efficienza, sulla produttività, sulla innovazione e sulla ridefinizione dell’offerta commerciale. Di enorme importanza si è rivelata essere l’omnicanalità, ossia l’utilizzo del canale on-line nelle vendite che ha avuto una crescita altissima negli ultimi anni, passando da 16,6 miliardi nel 2015 a ben 48,1 miliardi nel 2022. E se le vendite in internet sono state la causa iniziale della desertificazione commerciale, ora si stanno rivelando un’opportunità concreta per il commercio tradizionale. È proprio in questo contesto che si inserisce Tantosvago che, fin dalla sua fondazione nel 2014, si è proposta come trait d’union tra i partner verso welfare provider e agenzie marketing per la gestione di attività esperienziali e leisure per il welfare aziendale, oltre ai sistemi premiali, e ora si inserisce anche nel commercio al dettaglio di prossimità. Nel giro di pochi anni, Tantosvago è diventato il più grande marketplace italiano in grado di fornire soluzioni IT per ogni esigenza delle aziende e oggi arriva con una interessantissima novità: si tratta di GOWelfare, l’app che permette ai dipendenti di utilizzare i crediti welfare (fringe benefits) per fare acquisti direttamente nei negozi pagando in modo semplice, veloce e sicuro, attraverso lo smartphone. Per il negoziante è sufficiente scaricare l’app sul suo telefonino, mentre per il compratore sarà necessario caricare l’ammontare dei crediti welfare da trasferire nel borsellino GOWelfare. Matteo Romano, CEO di Tantosvago, ha spiegato come è nata l’idea di questa utilissima applicazione: “Siamo consapevoli di come, nel corso degli ultimi anni, il comportamento dei consumatori abbia subito significativi cambiamenti, mostrando un crescente interesse per le piattaforme e-commerce a discapito degli esercizi commerciali locali. Questa tendenza non è dovuta soltanto alla comodità dei servizi on-line offerti ai clienti, ma anche alla sfida che i piccoli commercianti devono affrontare per cercare di competere con le risorse tecniche dei grandi competitor. E la lotta è impari. Rischiano, così, di scomparire completamente dalla scena nella fase di scelta del prodotto o servizio da acquistare. Questa situazione si ripete anche nel contesto del welfare aziendale e dei sistemi premiali, quando ai dipendenti vengono proposte soltanto delle soluzioni di gift card direttamente dalle grandi piattaforme di e-commerce. Ecco quindi la domanda: ‘Come possiamo evidenziare l'offerta dei piccoli commercianti agli occhi dei lavoratori che godono dei vantaggi aziendali?’ Questo è stato il punto di partenza che ci ha permesso di creare GOWelfare, l’App per il welfare aziendale territoriale. Grazie a GOWelfare vogliamo supportare i piani di welfare delle aziende attente all’economia di prossimità che coinvolgono direttamente gli esercenti locali. La nostra App ha suscitato l’interesse di molti dei comuni italiani e delle province di Torino e Milano che hanno già provveduto ad adottarla. È stato possibile raggiungere questo risultato anche grazie alla sensibilità delle amministrazioni pubbliche, che hanno saputo riconoscere nel welfare aziendale di prossimità una delle soluzioni principali per riavviare, o addirittura potenziare, l’economia dei loro territori e il benessere dei cittadini. Crediamo fermamente che il welfare aziendale di prossimità rappresenti una prospettiva promettente per affrontare le sfide del mercato attuale, riducendo le disparità territoriali e valorizzando l'offerta dei piccoli commercianti. La nostra azienda si impegna a favorire questo cambiamento, collaborando con le istituzioni locali e con i nostri partner per creare un ambiente in cui il benessere dei lavoratori e la crescita economica vadano di pari passo. Confidiamo che il nostro impegno nel welfare aziendale di prossimità possa contribuire in modo significativo al successo di tutti coloro che vi parteciperanno.” GOWelfare può essere definita un’applicazione ideale per i lavoratori, che avranno l’opportunità di usufruire nell’immediato dei vantaggi welfare aziendali, e per i negozianti, che vedranno aumentare l’afflusso di clienti nel proprio negozio con un relativo aumento di fatturato. Il tutto in modo semplice, comodo e senza nessun onere.
Maria Verderio
CONSUMI BENI DUREVOLI, NEL 2020 IN LIGURIA PERSI 167 MILIONI (-8,9%)
Secondo l’Osservatorio Findomestic la regione ha ceduto l’8,9% trascinata al ribasso dal mercato dell’automobile sia nel nuovo (-12,3%) che nell’usato (-13,5%) e dal comparto dei mobili (-12,8%). A Genova, sesta in Italia per reddito pro capite, si è speso quasi un miliardo di euro
Nel 2020 le famiglie liguri hanno speso 1 miliardo e 706 milioni di euro in beni durevoli, vale a dire 167 milioni in meno rispetto all’anno precedente, come rileva l’Osservatorio Findomestic, realizzato in collaborazione con Prometeia. Il calo dell’8,9% (risultato comunque migliore rispetto alla media nazionale del -10,3%) si deve principalmente al crollo del mercato dell’auto, che in regione ha visto sfumare 122 milioni tra nuovo (-12,3% a 385 milioni) e usato (-13,5% per 439 milioni). Non ha fatto meglio l’altro segmento più rilevante per valore di spesa, quello dei mobili: 326 milioni, in flessione del 12,8%. Nota dolente anche per i motoveicoli (-7,5% a 110 milioni di euro) e per la telefonia (-4,9% a 194 milioni). Hanno invece motivo di sorridere gli operatori dei settori elettrodomestici ed elettronica di consumo grazie una crescita rispettivamente del 2,7% per 120 milioni totali e del 6,4% per un giro d’affari da 60 milioni. Anche in Liguria, come nel resto del Paese, si registra un vero e proprio exploit dell’information technology sulle ali delle nuove necessità generate da smartworking e DAD: +27,5% per 72 milioni di spesa. «La crisi pandemica - commenta il responsabile dell’Osservatorio Findomestic, Claudio Bardazzi – ha avuto un forte impatto sull’economia e sul reddito medio dei liguri che nel 2020 è sceso dell’1,5% a 22.302 euro. Genova si distacca dalle altre province liguri attestandosi a 24.426 euro per abitante e piazzandosi così sesta nella graduatoria nazionale. Al di sotto della media del Nord-Ovest (22.720 euro) si collocano Savona (20.829), La Spezia (19.876) e, infine, Imperia (18.372), 62esima sulle 107 province italiane».
DETTAGLI PROVINCIALI E SPESA MEDIA PER FAMIGLIA. Bardazzi, inoltre, sottolinea: «Nel 2020 la spesa media per famiglia in beni durevoli in Liguria è stata di 2.198 euro, cioè 150 euro in meno rispetto alla media nazionale e 436 in meno in confronto a quella del Nord-Ovest. La Spezia con 2.275 euro per famiglia e Savona con 2.209 euro hanno fatto meglio sia di Genova, a quota 2.201 euro, che di Imperia, che si è fermata a 2.099 euro. I dati si riflettono sui trend di consumo, che vedono una riduzione generalizzata della spesa in durevoli in tutte le quattro province: -10,3% a Imperia e La Spezia rispettivamente con 223 e 239 milioni di euro di spesa, -9,1% a Savona con 308 milioni e Genova con 936 milioni, in discesa dell’8,1%».
GENOVA. La provincia capoluogo ha visto sfumare 82 milioni di acquisti in beni durevoli nell’arco del 2020 a causa soprattutto della performance negative nel settore della mobilità: i genovesi hanno speso 200 milioni di euro in auto nuove (-10,2%) e 241 milioni n usate (-13,2%). Brusca frenata anche per le due ruote con 67 milioni di euro di fatturato complessivo per un calo del 6,1%. Tra i beni per la casa, l’importante settore dei mobili ha ceduto il 13,3% arretrando a 178 milioni: la perdita è stata solo parzialmente compensata dal buon andamento di elettrodomestici (+3,6% per 68 milioni), ed elettronica di consumo (+7,9% per 35 milioni) e dal boom dell’information technology (+29% per 40 milioni). Nel territorio genovese, infine, sono diminuiti gli acquisti in prodotti di telefonia: nonostante una contrazione del 4,9%, il giro d’affari del settore rimane oltre i 100 milioni di euro, per l’esattezza 106.
SAVONA. In provincia di Savona nel 2020 i 308 milioni di euro spesi in beni durevoli si sono concentrati in particolare su auto nuove (73 milioni, -13,7%), usate (83 milioni, -12,5%) e mobili (57 milioni, -11,7%). All’andamento deficitario dei tre principali comparti del mercato corrisponde una crescita contenuta del mercato degli elettrodomestici (+1,3%) e dell’elettronica di consumo (+4,9%) che valgono rispettivamente 20 e 10 milioni di euro. L’unica vera accelerazione è quella che ha interessato l’information technology: il +23% ha portato il comparto a quota 12 milioni di euro. Infine, il settore della telefonia ha sperimentato un calo del 5,2% slittando a 37 milioni di euro.
LA SPEZIA. Le famiglie spezzine nel 2020 hanno speso 239 milioni di euro in beni durevoli, di cui 135 nel settore dei motori: 67 in auto nuove (-13,6%), 57 in auto usate (-14,9%) e 11 in motoveicoli (-9%). Nel settore casa, risultano in miglioramento le performance degli elettrodomestici (+1,9% a 16 milioni) e dell’elettronica di consumo (+3% a 8 milioni), ma il segno meno ricompare nel comparto dei mobili (-14,1%, peggior risultato in regione, per 45 milioni di spesa) e in quello della telefonia (-4,8% a quota 26 milioni). L’information technology corre a +29,8% facendo segnare il rialzo più importante tra le province liguri, anche se i consumi rappresentano una quota residuale di 10 milioni di euro.
IMPERIA. Con 223 milioni di euro, Imperia è la provincia ligure con la spesa in beni durevoli più bassa nel quadro regionale. Gli acquisti di auto nuove sono crollati del 17,3% (peggior risultato in regione) scivolando a 45 milioni. Analogo l’andamento del segmento dell’usato, con un fatturato di 58 milioni, in diminuzione del 14,5%. Il record negativo di Imperia è confermato anche nei motoveicoli: 16 milioni per un arretramento del 10,9%. In crescita, invece, gli elettrodomestici (+1,8% a 16 milioni) e l’elettronica di consumo (+5,2% a 8 milioni). Pesanti i passivi sia per i mobili (11,7% a 44 milioni) e per la telefonia (-4,5% a 26 milioni). Il solo exploit è quello dell’information technology: +24,9% a 10 milioni di euro.
Angelo Vitale
Viaggi in detrazione fiscale
Viaggi in detrazione fiscale. Una cura per l’enoturismo e l’Italia dei piccoli Comuni
La proposta dei sindaci delle 430 Città del Vino.
Lanciata anche l’iniziativa #iobevoitaliano
Mentre si valutano le modalità di ripartenza economica e sociale e si fanno ipotesi sulle prossime vacanze estive, se le faremo, dai sindaci delle Città del Vino arriva una proposta per riaprire i territori e far ripartire anche l’enoturismo, appena possibile.
L’Associazione Nazionale propone la detraibilità fiscale delle spese per i viaggi degli italiani nel Paese, alla stregua di quanto accade con le spese mediche e sanitarie. Non appena sarà possibile e nel rispetto delle misure di distanziamento sociale previste - sottolinea Città del Vino - il desiderio di muoversi, viaggiare e riavvicinarsi alla normalità si diffonderà più velocemente; si spera, già in estate, di fare una vacanza diversa nei nostri tanti e differenti territori.
“Attendiamo le decisioni del governo per riorganizzare la vita sociale, i servizi, le attività e la riapertura dei nostri territori all’enoturismo, nel rispetto delle misure di tutela della salute pubblica – premette il presidente di Città del Vino, Floriano Zambon -. Nell’ottica del rilancio crediamo che poter detrarre fiscalmente le spese di viaggio e soggiorno, debitamente documentate, così come facciamo per le spese mediche incentiverebbe l’enoturismo e darebbe un contributo importante di solidarietà economica alla filiera e alle economie dei territori. Il provvedimento dovrebbe affiancare le iniziative del Governo per sostenere l’economia e le imprese. Il made in Italy – conclude Zambon - va tutelato prima che sia troppo tardi: l’agricoltura e il turismo sono due dei tanti pilastri dell’identità, del benessere e della bellezza italiana”.
#iobevoitaliano
E’ questo il messaggio che Città del Vino lancia sul web a sostegno delle aziende vitivinicole, custodi dei nostri territori enoturistici, che a causa dell’emergenza provocata dal covid-19 stanno vivendo una forte crisi economica e finanziaria, dovuta al ridimensionamento e alla riorganizzazione delle vendite e alla chiusura dei ristoranti e della filiera dell’accoglienza.
L’invito a diffondere il messaggio #iobevoitaliano, nel rispetto del consumo moderato e consapevole, va a sostegno delle aziende vitivinicole e del loro importante contributo indiretto al mantenimento dei paesaggi italiani del vino. A questo invito si aggiunge, come stanno facendo anche altri Comuni, la campagna #iobevoirpino lanciata dagli Ambasciatori delle Città del Vino dell’Irpinia, in provincia di Avellino.
Seguendo le disposizioni delle autorità sanitarie dobbiamo restare a casa ancora per qualche settimana, ma anche tra le mura domestiche possiamo godere di un buon vino italiano Doc e Docg e magari comprare più vino dei nostri territori da piccole e medie cantine di qualità che in questo momento hanno bisogno di un aiuto concreto; aziende vitivinicole che molto spesso offrono accoglienza enoturistica, quindi doppiamente penalizzate dalla crisi legata all’emergenza sanitaria.
Massimiliano Rella