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A GENOVA: “LA VIOLENZA E LA CERTEZZA DELLA SPERANZA”

Venerdì 8 aprile inaugurazione della mostra fotografica “La violenza e la certezza  della speranza” alla Biblioteca Universitaria di via Balbi 40 (ex Hotel Colombia) 

  

Noi europei, che siamo cresciuti pensando alla guerra come qualcosa di distante, gradatamente, purtroppo, ci siamo abituati a non indignarci più: la si analizza a scuola; si sente parlare delle sue nefandezze in occasione di giornate della memoria o di ricorrenze; si ascoltano o si leggono le notizie di conflitti combattuti in territori dei quali, molto spesso, non si è informati sull’esatta posizione geografica. Ora, invece, che siamo consapevoli di quanto la guerra ci sia vicina, con la recente invasione della Ucraina da parte della Russia, ne abbiamo terrore e ci rammentiamo di quanto possa essere devastante.
Amnesty International ha comprovato come nei siti, teatro di operazioni belliche, si amplifichino le inosservanze del diritto umanitario internazionale e ad esser maggiormente danneggiate sono le classi più deboli dei cittadini: disabili, anziani, bambini e donne. Quest’ultime, particolarmente, nel corso dei conflitti, sono state metodicamente assoggettate a brutali sopraffazioni e abusi sessuali. In generale, la violenza di massa è stata impiegata molto spesso come espediente di guerra e strumento di terrore verso tutta la popolazione.
Il Maestro Balàzs BERZSENYI, grande artista ungherese, oltre a quello della guerra, affronta e denuncia, con le sue opere, così come ha fatto recentemente a Savona nell’ambito di PriamArt 2022(IX Edizione), il nostro primo evento di quest’anno, il tema della violenza sulle donne, così drammaticamente frequente ed attuale, nella vita quotidiana. Nella sua rappresentazione, assolutamente magistrale, vi è anche una significativa e confortante nota di ottimismo: “la certezza della speranza”


Pietro Bellantone Presidente Associazioni EventidAmare e Liguria-Ungheria

Dóra Háhm  Segretaria Associazione  Liguria-Ungheria

 

Daniele Grosso Ferrando presenta 

La violenza e la certezza della speranza 

Fotografie di Balàzs BERZSENYI, con la collaborazione di Emanuela Bonora, Cristiano Fabbri e Rocco Colonnetta 

Biblioteca Universitaria di Genova Via Balbi, 40 

CONFERENZA E INAUGURAZIONE 

venerdì 8 aprile 2022 ore 17.00 Ex Salone delle Feste 

MOSTRA Da venerdì 8 a venerdì 29 aprile 2022 - Galleria 

Orario: martedì e giovedì dalle 9.00 alle ore 18.30 mercoledì e venerdì: dalle 8.30 alle ore 14.30 sabato - domenica - lunedì chiuso 

Per informazioni:
e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - tel. 010 254641 e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. https://www.eventidamare.eu
mobile: +39 3481563966 

ore 17.00
Presentazione
a cura di Pietro Bellantone, Presidente delle Associazioni Culturali EventidAmare e Liguria-Ungheria 

Saluti di Paolo Giannone,
Direttore della Biblioteca Universitaria di Genova 

Saluti di Andrea Carratù 

Presidente Municipio I - Centro Est 

Saluti di Alfredo Majo, Responsabile Comunicazione di Banca Carige 

ore 17.30
Conferenza e inaugurazione
della Mostra, a cura di Daniele Grosso Ferrando, storico e critico d’arte 

ore 18.30 

Termine della manifestazione 

L’artista  raccontato da tre noti critici

Marianna Neri  Storica dell’arte, esperta di arte contemporanea e delle ultime tendenze 

Balàzs Berzsenyi tra stile e nuove alchimie: lo spirito oltre i materiali 

Balàzs Berzsenyi, è un artista totale, un “polistrumentista” dell’arte, per usare una metafora sottratta a quella disciplina a lui così cara, la musica, e che come un leit motiv attraversa costantemente tutta la sua vita, fin dalla sua gioventù in Ungheria, quando, diventare un musicista rappresenta- va una delle sue possibili aspirazioni artistiche. Come l’espandersi di un suono infatti, la sua è una ricerca che si è mossa in un continuum multidirezionale e, provenendo da lontano, ha attraversato materie, supporti, epoche e luoghi geografici cambiando ogni volta timbro ma mai intensità: dalla tangibilità del legno, del marmo e del metallo alla rarefazione dell’impressione fotografica, il suo messaggio poetico ne è risultato sempre potente, archetipo, originale e originario, in una parola: unico. 

E che cos’è la percezione di questa unicità se non lo “stile”, quel linguaggio individuale proprio di un artista che staccandosi da quei caratteri conosciuti e riconoscibili della tradizione, è capace di innalzare la sua voce fuori dal coro per aprire nuove e inattese strade nel contesto culturale di un’epoca. Il perché Berszenyi riesca a elevare questa “voce” e a raggiungere questa nota unica nella vorticosa polifonia della sua ricerca artistica va ricercato non solo nel ricco repertorio di esperienze conoscitive che l’artista ha accumulato negli anni e che sono il frutto di due contesti culturali uniti, quello orientale e quello occidentale, ma an- che nella disciplina della pratica vera, del lavoro dell’arte e per l’arte, quello puro. Quel lavoro viscerale e continuo insomma che è proprio dei grandi artisti perché è un corpo a corpo con se stessi, una lotta, spesso contro materiali ostili e ribelli, per far elevare l’ispirazione sul gesto, lo spirito sul tangibile, la poetica sulla materia, lo stile appunto, su tutto. 

Che sia con la matita, con lo scalpello o con la macchina fotografica infatti, Berzsenyi prende le misure delle cose del mondo, le trasforma, le calibra e le perfeziona finché esse non ritornano a lui nell’immagine più vicina alle sue intenzioni, al suo universo sacro di simboli e allegorie che appartengono a una memoria collettiva e ancestrale dei popoli che si erge come un dolmen salvifico nella nostra attualità. 

E riuscire a elevare questo suono primordiale di fondo nonostante la multiforme polifonia di canali espressivi, a esplicitare, in definitiva, questo richiamo preciso alla nostra matrice originaria e comune di popolo con i suoi simulacri e i suoi dei in caduta, è quanto di più complesso possa fare un artista oggi nel mondo dei tanti must have costruiti intorno all’immagine, perché richiede sicura padronanza di pratiche oltre che di idee, perseveranza nel costruirle materialmente quelle idee, senza nessun compromesso ma solo con conoscenza e fatica. Questo è il rivoluzionario, questo è il contemporaneo. Oggi. 

Luciano Caprile 

Balàzs BERZSENYI affronta un tema di ricorrente e drammatica attualità attraverso immagini che trasmettono una pittura dallo stampo antico e dalla perentoria denuncia dell’evento, tale da renderlo tangibile per chi lo osserva e ne subisce, perpetuandolo, il trauma. Le due fotografie riguardanti Muri ruvidi (contro la violenza sulle donne) rievocano quel clima caravaggesco capace di far lievitare in piena luce l’essenza del racconto per metterlo a confronto e a contrasto col buio che attenua e assorbe il contesto in cui si svolge la scena. I protagonisti riescono così a far esplodere quel dramma che purtroppo sembra moltiplicarsi a dismisura nel tempo e nell’altro dramma che ci avvolge e ci compete. In tal modo la lettura delle opere si amplia e va a cogliere nelle parti in penombra ogni allegoria e ogni divenire che il racconto serba per futuri, enigmatici svelamenti. 

Daniele Grosso Ferrando 

Degne dei grandi poemi epici del mondo antico, queste fotografie testimoniano in modo schiacciante gli orrori della guerra e il martirio che essa infligge a ogni individuo, spesso vittima innocente. Più del dolore collettivo, è la sofferenza individuale a irritare Berzsenyi che alla violenza dell’indignazione unisce la violenza dell’espressione artistica. Ma anche nei momenti più bui della storia e della coscienza umana, la fiammella della speranza continua a rimanere accesa, come in Guernica di Picasso. Questo perché con la violenza puoi uccidere colui che odia, ma non uccidi l’odio che è il demone più spaventoso del nostro tempo e si nutre della paura, fomentata dalla violenza. 

 

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