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Eventi culturali

ARTE E CONFLITTI

Il Comune di Ravenna–Assessorato alla Cultura e il Museo d'Arte della città di Ravenna, presentano dal 6 ottobre 2018 al 13 gennaio 2019 la mostra ?War is over ARTE E CONFLITTI tra mito e contemporaneità a cura di Angela Tecce e Maurizio Tarantino realizzata grazie al prezioso contributo di Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Edison, Marcegaglia, Istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali Regione Emilia-Romagna.

«Pólemos è padre di tutte le cose, di tutte è Re» Eraclito «Ma la guerra è finita! - Guerra è sempre» Primo Levi

Non si dà pace senza guerra e viceversa. Sembra questo il modo inevitabile di affrontare la questione, ma la mostra propone un altro punto di vista: il contrario della guerra non è la pace ma il dialogo, il conflitto dominato, la dialettica. La separazione interiore da una realtà insopportabile. E null’altro svela meglio questa realtà quanto il lavoro degli artisti.
In che modo l’arte affronta un tema così rovente? L'arte è un’azione dell’uomo che interpreta l'aspirazione alla libertà di pensiero, di credo, di creazione, ed è agli antipodi di ogni tipo di violenza. Il linguaggio contemporaneo ha assunto ogni forma, dal quadro alla fotografia, dal wall drawing alla perfomance, divenendo uno degli strumenti di denuncia e di espressione più diffuso e trasversale, capace di addentrarsi negli scenari di guerra, di interpretarne l'energia vitale come di denunciarne gli orrori, o di connotarsi come puro atto di liberazione.
La mostra esplora questo tema anche attraverso opere che sondano la mitologia, strumentalizzata in ambito bellico o nata dalle guerre stesse: dalle scene di battaglia agli strumenti di offesa e tortura, dalla rappresentazione del potere e dei volti dei vinti, al vitalismo e al primitivismo come sublimazione delle profonde pulsioni che agitano l’animo. Si tratta, perciò, di una mostra né “pacificatrice” né consolatoria, di un percorso espositivo volto a sottolineare la ricchezza, la fluidità, l’energia di poetiche differenti ma costantemente impegnate, mai dimentiche degli ostacoli che la realtà frappone alla realizzazione dei sogni, tanto più se si affidano a un irenico domani.
L’ordinamento dell’esposizione procede per assonanze, contrasti, armonie e disarmonie. La decisione di non seguire un criterio cronologico deriva dalla volontà di rispettare il qui e ora che non solo presiede alla realizzazione di un’opera d’arte, ma che è il portato inevitabile del suo essere storia e del suo destino. Ed è proprio per sottolineare la contemporaneità assoluta di ogni opera – tanto più in un tema sempre presente come quello della guerra – che ognuna di esse è stata scelta in modo da farne risuonare le motivazioni più profonde e poetiche, attraverso il confronto con altre opere, portatrici di sensibilità differenti se non opposte.
Il progetto espositivo si articola intorno a tre temi: Vecchi e nuovi miti, sulle ideologie che in passato come oggi sono state spesso alla base di conflitti, o sulle mitologie che ne sono derivate; Teatri di guerra. Frontiere e confini, che restituisce la rilettura data dagli artisti delle immagini di guerra che si susseguono sotto i nostri occhi, dove i confini dividono ciò che è “dentro” da ciò che è “fuori”; infine Esercizi di libertà, più specificamente rivolto a ciò che l’arte può dirci sul nostro futuro, non come proiezione di un presente livoroso e conflittuale, ma come spazio di creatività.

Il percorso espositivo
Le scelte curatoriali di Angela Tecce e il punto di vista filosofico e letterario di Maurizio Tarantino si completano con l'intervento di Studio Azzurro: quattro installazioni creano un continuum, un legame, immateriale ma solido, tra i diversi piani e livelli su cui si distribuisce la mostra e integra le opere con le sue classiche suggestioni audiovisive e interattive. La scala, in cui suoni e immagini accompagnano la salita del visitatore, e le sue domande. La sala d'ingresso, dove, attraverso una feritoia, ci si cala nei miti e nelle tragiche realtà della prima guerra mondiale. Il corridoio del primo piano, dove i calchi di cavalli e cavalieri del Partenone si rianimano al passaggio del visitatore rileggendo la visione dantesca della guerra a partire dalla sua esperienza di "feditore a cavallo" nella Battaglia di Campaldino. E infine la rilettura e ricontestualizzazione del monumento simbolo delle collezioni del MAR, la struggente lastra funeraria di Guidarello Guidarelli, recentemente restaurata e riallestita, che, attraverso l'interazione del pubblico col suo simulacro, rigenera e attualizza la sua storia, confermando il senso di misteriosa vicinanza che quotidianamente suscita in chi la ammira.

Il fulcro della mostra è costituito da un nucleo di artisti “storici” che hanno declinato le tematiche della guerra in modi diversi e financo opposti, dalla propaganda bellico-futurista di Marinetti a De Chirico che con I gladiatori, 1922, rilegge la violenza della guerra mondiale con il filtro di una classicità depurata ed eterna. Picasso con l’opera in mostra, Jeux des pages, 1951, torna a una riflessione sui disastri della guerra iniziata nel 1937 con Guernica e che si concluderà con le due grandi composizioni del 1952 intitolate La Guerre e La Paix. I nostri due più grandi artisti del secondo Novecento, Lucio Fontana e Alberto Burri, esprimono con sensibilità diversissime la lacerazione che i danni del secondo conflitto hanno provocato prima di tutto nelle coscienze, cui si unisce la voce sonora e indignata di Renato Guttuso.
Un nucleo di grande suggestione della mostra è costituito dal “corpo a corpo”, attraverso i secoli, di immagini guerresche: il vaso con scene di battaglia tra greci e troiani e il frammento marmoreo con un legionario romano, Il Portabandiera di Rubens e l’addio di Ettore e Andromaca di De Chirico, fino al guerriero postmoderno per eccellenza, il maestro Joda di Guerre Stellari.

I tre grandi temi che hanno ispirato la scelta degli artisti si intersecano ad ogni piano per rendere più fitta la trama della mostra: ai teatri di guerra fanno riferimento, tra gli altri, Christo, William Kentridge (che si ricollega a De Chirico), Jake & Dinos Chapman, col loro minuzioso catalogo degli orrori, Gilbert&George, reporter dei conflitti urbani, Alfredo Jaar e Robert Capa. I vecchi e nuovi miti aleggiano nell’opera di Robert Rauschenberg, nel denso e magmatico mare di Anselm Kiefer, nella denuncia di Jan Fabre (nascosta sotto una coltre cangiante), nel dramma silente del lavoro di Jannis Kounellis in Andy Warhol e Hermann Nitsch, mentre sono esercizi di libertà le opere di Mimmo Paladino, Marina Abramovic, Michelangelo Pistoletto, Emilio IsgròIl contrappunto filosofico letterario

Quando c'è la guerra, a due cose bisogna pensare prima di tutto: in primo luogo alle scarpe, in secondo alla roba da mangiare: perché chi ha le scarpe può andare in giro a trovar da mangiare, mentre non vale l'inverso. È questa la lezione che Mordo Nahum impartisce a Primo Levi; e alla sua obiezione: ma la guerra è finita!, il greco risponde: Guerra è sempre.
Un altro greco, Eraclito, 2500 anni prima, chiamava Polemos padre di tutte le cose. In questo lungo arco di tempo grandi pensatori ci hanno ricordato che il conflitto è connaturato all'essere umano: da Kant, che giudica lo stato di guerra e non quello di pace lo stato naturale tra gli uomini che vivono gli uni a fianco degli altri, a Hegel, che ricorda come persino gli eterni Dei del politeismo non vivono in pace perpetua. Dal Machiavelli dell'Arte della guerra a Hobbes, per il quale non esiste per alcun uomo mezzo di difesa così ragionevole quanto l'assoggettare, con la violenza o con l'inganno, tutti gli uomini che può, fino a che non vede nessun altro potere abbastanza grande da metterlo in pericolo.
Ancora all'inizio del Novecento i futuristi inneggiavano alla guerra “igiene del mondo” e persino nell'ambiente rarefatto della famiglia Montale, la sorella del poeta poteva scrivere a un'amica che a Eugenio Farà bene la vita militare, gioverà moralmente – perché era troppo sognatore, passivo, sulle nuvole, inadatto alla vita pratica.

Negli stessi anni Benedetto Croce, alla domanda Si può abolire la guerra?rispondeva che una qualche forma di guerra continuerà sempre, perché la guerra è insita alla vita, e che semmai si trattava di provare a evitare nel secolo ventesimo e nei paesi di Europa, quella empirica guerra, che si fa coi cannoni e con le navi corazzate; che costa miliardi, quando non si fa, e decine di miliardi, quando si fa; e da cui il vincitore stesso esce spossato e vinto.
Come si sa, la speranza di Croce è stata crudelmente disillusa, e il secolo ventesimo ha visto strumenti di guerra ben più potenti e atroci dei cannoni e delle corazzate, a partire dalla prima guerra mondiale. Il mito degli uomini e dei popoli che si rinnovano, delle nazioni che ringiovaniscono, delle masse che fanno la storia, diede vita a un'orribile carneficina. E invece di un nuovo Eden scrive Claudio Magris, in cui avrebbe dovuto vivere felice e buono il nuovo Adamo, vennero a regnare e a incrudelire Mussolini, Hitler, Stalin.
Dai mostri e dalle apocalissi delle guerre del Novecento è nato il pacifismo, ben sintetizzato nel preambolo alla Costituzione dell'UNESCO del 1945: Poiché le guerre cominciano nelle menti degli uomini, è nelle menti degli uomini che si devono costruire le difese della Pace. Ma ben più potente del grido degli slogan e delle canzoni, di un coro di bambini che canta War is over, rintrona ancora oggi il rumore della violenza e della sopraffazione dell'uomo sull'uomo.
I testi e le opere esposte, colloquiando tra loro, ci ricordano che il dialogo, la gestione dei conflitti e delle tensioni, la dialettica fondata sulle ragioni di ognuno non sono la pace, anzi ne sono ben lontani, ma rappresentano l’unica vera alternativa alla guerra.
Documenta la mostra il catalogo edito da SAGEP Editori Srl


ARTISTI IN MOSTRA
Marina Abramovic, Marisa Albanese, Alighiero Boetti, Maria Pia Borgnini, Botto&Bruno, Alberto Burri, Davide Cantoni, Robert Capa, Jota Castro, Jake & Dinos Chapman, Christo, Alessandra Cianelli, Giorgio De Chirico, Jan Fabre, Lucio Fontana, Regina José Galindo, Gilbert&George, Eugenio Giliberti, Sasa Giusto, Paolo Grassino, Renato Guttuso, Thomas Hirschhorn, Emilio Isgrò, Alfredo Jaar, Francesco Jodice, William Kentridge, Anselm Kiefer, Jannis Kounellis, Domenico Antonio Mancini, Filippo Tommaso Marinetti, Ana Mendieta, Sabrina Mezzaqui, Marzia Migliora, Shirin Neshat, Hermann Nitsch, Nam June Paik, Mimmo Paladino, Pino Pascali, Perino&Vele, Pablo Picasso, Lamberto Pignotti, Vettor Pisani, Michelangelo Pistoletto, Robert Rauschenberg, Melita Rotondo, Michal Rovner, Pieter Paul Rubens, Pietro Ruffo, Salvo, Mario Schifano, Andres Serrano, Shozo Shimamoto, Studio Azzurro, Tato, Eugenio Tibaldi, Vedovamazzei, Andy Warhol, Lawrence Weiner.
Mostra: 
? War is over 
ARTE E CONFLITTI tra mito e contemporaneità
Sede:
 
Museo d’Arte della città di Ravenna
Enti organizzatori: 
Comune di Ravenna – Assessorato alla Cultura, 
Mar - Museo d’Arte della città di Ravenna
Progetto scientifico: 
Angela Tecce e Maurizio Tarantino
Periodo: 
6 ottobre 2018 – 13 gennaio 2019
Orari mostra
martedì - sabato: 9 – 18; domenica 10 - 18
(chiuso lunedì) la biglietteria chiude un’ora prima
Ingresso: 
intero € 10.00, ridotto € 8.00, studenti € 6.00 
audioguida compresa biglietto ingresso 
Con il contributo di:  
Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Edison, 
Marcegaglia, Istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali 
Regione Emilia-Romagna

Media partner: 
QN Il Resto del Carlino, Pubblimedia Italia Srl
Si ringrazia: 
ESP Ravenna, Recitar Leggendo audiolibri
Partner per i servizi di audioguida e radioguida: 
Orpheo group 
Conferenza stampa
venerdì 5 ottobre ore 12.00
Inaugurazione
venerdì 5 ottobre ore 18.00

Ufficio stampa esterno 
Studio Esseci di Sergio Campagnolo
tel. +39.049.663499
Referente Roberta Barbaro Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
www.studioesseci.net

AL MIC DI FAENZA, I TESORI DELL'ARTE PRECOLOMBIANA


Mostra a cura di Antonio Aimi e Antonio Guarnotta


“Sarà una mostra orgogliosamente controcorrente, sottolinea Claudia Casali, Direttrice del MIC - Museo Internazionale delle Ceramiche, riferendosi a “Aztechi, Maya, Inca e le culture dell’antica America”, che il Museo faentino proporrà dall’11 novembre al 28 aprile prossimi.
Il perché dell’affermazione lo chiariscono Antonio Aimi e Antonio Guarnotta, che di essa sono i curatori: “In un periodo in cui le mostre a carattere etnoantropologico tendono spesso a mettere a fuoco una singola cultura, “Aztechi, Maya, Inca e le culture dell’antica America ” vuole presentare una visione complessiva dell’America precolombiana in grado di offrire al visitatore sia una sintesi dei tratti pan-americani comuni alle diverse culture, sia gli approfondimenti specialistici e monotematici più interessanti.
In un caso e nell’altro la mostra non dà nulla per scontato, non ripropone visioni superate, ma parte dalle ricerche archeologiche ed etnostoriche più recenti e più avanzate per presentare in modo nuovo gli elementi più affascinanti dell’antica America.

La mostra pone particolare attenzione alla Mesoamerica e all’Area Peruviana. E lo fa attingendo alle notevoli collezioni del MIC, perlopiù con pezzi custoditi nei suoi depositi e finora mai esposti al pubblico. E il fatto che una mostra di questo livello e di queste dimensioni si sia potuta costruire ricorrendo per la maggior parte ai tesori di casa, conferma la ricchezza e l’unicità del patrimonio del Museo faentino, considerato il più importante del settore nel mondo.
A completare il percorso espositivo saranno reperti selezionatissimi, concessi alla mostra dai più importanti musei e raccolte italiane.

“Questa è una mostra di emozioni, anticipa ancora la Direttrice del MIC Claudia Casali. Che condurrà il visitatore a contatto diretto con civiltà che sono nell’immaginario di tutti, troppo spesso raccontate solo con gli occhi di chi le ha soppresse e depredate”. 
Protagonisti al MIC saranno gli Aztechi, il più potente impero della Mesoamerica, che stupirono i conquistadores per il livello della loro organizzazione sociale, non dissimile da quella dell’Europa del tempo, pur in presenza di aspetti, come il cannibalismo e i sacrifici umani, inaccettabili per i nuovi arrivati. 
Poi i Maya, del Periodo Classico, un popolo che ha saputo elaborare sistemi calendariali raffinatissimi e una scrittura logo-sillabica che è stata decifrata solo negli ultimi decenni.
E infine gli Inca, che costruirono il più grande impero di tutto il Nuovo Mondo. Con una organizzazione sociale che ha spinto alcuni studiosi a parlare di “socialismo”.

“Certo questa si presenta come una importantissima ed originale mostra d’arte. I pezzi qui riuniti sono degli autentici capolavori”, afferma la Direttrice Casali. “Nell’ampia introduzione e nelle sezioni del percorso, in una ambientazione di grande suggestione evocativa, il visitatore ammirerà reperti di incredibile bellezza formale, veri capolavori d’arte, ma soprattutto verrà accompagnato a capirne la provenienza, l’utilizzo e il significato, in un viaggio all’interno delle culture di un continente per molti versi ancora da scoprire o per lo meno da indagare.” 

“Di queste culture abbiamo voluto offrire – anticipano i Curatori - una visione che va oltre l’ammirazione del livello artistico raggiunto nell’arte ceramica. Siamo alle soglie del V Centenario della Conquista del Messico e ci sembra giunto il momento di condividere una nuova lettura di quell’evento, che nasca dalla “visione dei vinti”, contraddicendo così molti stereotipi sull’antica America. E a proposito di stereotipi, vogliamo sottolineare che la nostra mostra mette in evidenza un dato nuovo e di grande attualità: che
la condizione della donna in alcune società guerriere e apparentemente maschiliste (Aztechi, Costa Nord del Perù) era migliore di quella dell’Europa del tempo. 

Altri focus avvicineranno i visitatori ad aspetti importanti di queste civiltà, dalla scrittura maya (presente in alcuni dei vasi esposti), al calcolo. Al MIC, per la prima volta al mondo, una mostra offrirà al visitatore la possibilità di cimentarsi nei calcoli come facevano gli Inca, usando abachi a base 10 e 40.
In termini di primati, ancora una volta in prima mondiale, chiunque avrà l’opportunità di conoscere la propria data di nascita “tradotta” nei tre calendari dei Maya.
O di scoprire il gioco di squadra più antico del mondo: il gioco della palla praticato in Mesoamerica, anche se più che di uno sport si trattava di un rituale religioso. In mostra, accanto a testimonianze in questa antica tradizione, video consentiranno di ammirare i giocatori di oggi in azione.
A completare il percorso emozionale concorrerà anche la musica, diffusa da registrazioni realizzate con gli antichi strumenti musicali esposti.
Il MIC annuncia, dunque, una mostra dove fascino, bellezza, storia, tecnologia e ricerca scientifica si intersecano e si fondono per offrire al pubblico, uno spettacolo per gli occhi e interrogativi per la mente.


Ufficio Stampa: 
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo tel. 049.663499;

Andy Warhol: Marilyn Monroe

 

Andy Warhol: Marilyn Monroe, 1967. Portfolio di 10 - serigrafia, edizioni da 250 
Collezione Lanfranchi, Celerina (CH). © The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts Inc. by SIAE 2018


Mostra a cura di Walter Guadagnini


Torino. “CAMERA POP. La fotografia nella Pop Art di Warhol, Schifano & Co” dal 21 settembre al 13 gennaio a CAMERA - Centro Italiano per la Fotografia, offrirà l’emozione di ammirare una sequenza davvero mozzafiato di opere: 150 tra quadri, fotografie, collage, grafiche che ripercorrono la storia delle reciproche influenze tra fotografia e Pop Art, il movimento che ha segnato l’arte e la cultura degli anni ’60.

“La Pop Art è stata un fenomeno mondiale, esploso negli anni Sessanta negli Stati Uniti e in Europa, e diffusosi rapidamente anche nel resto del mondo che ha rivoluzionato - osserva Walter Guadagnini, curatore della mostra e Direttore di CAMERA - il rapporto tra creazione artistica e società, registrando l’attualità in modo neutro, fotografico per così dire, adottando gli stessi modelli della comunicazione di massa per la realizzazione di opere d’arte. In questo senso, la fotografia è stata, per gli artisti Pop, non solo una fonte di ispirazione, ma un vero e proprio strumento di lavoro, una parte essenziale della loro ricerca”. 

La mostra prende avvio con il famoso collage “What is it that makes today’s homes so different, so appealing” di Richard Hamilton, considerata la prima opera Pop della storia, che di fatto è un collage fotografico. Così come in Italia il più celebre rappresentante di questa tendenza, Mario Schifano, ha sempre operato attraverso e con la macchina fotografica. 
Le fotografie che ritraggono le icone più potenti degli anni ’60 diventano esse stesse opere e icone Pop: l’esempio più famoso è la Marilyn Monroe di Warhol, di cui in mostra verrà esposto lo storico portfolio di 10 grandi immagini del 1967 a evidenziare come la Pop Art debba alla fotografia una parte centrale della propria natura, e anche del proprio successo. La Marilyn di Warhol nasce infatti da una fotografia, come d’altronde tutte le opere del genio di Pittsburgh. E ancora la Brigitte Bardot di Gerald Laing nelle sue diverse versioni evidenzia l’utilizzo contemporaneo delle diverse tecniche, dalla fotografia al disegno alla stampa. 

Guardando all’Italia, la splendida tela di Rotella “Divertiamoci”, nata da una fotografia e riprodotta meccanicamente, rappresenta la realtà vista dal finestrino di un’automobile. La fotografia di Ugo Mulas documenta la storica Biennale veneziana del 1964 e gli studi degli artisti Pop newyorchesi, e in particolare quello di Andy Warhol. Una quarantina di scatti, alcuni pressoché inediti, raccontano uno dei momenti più alti del rapporto tra fotografia e Pop Art, al confine tra documentazione e creazione.
Tornando agli artisti, Michelangelo Pistoletto, in maniera sorprendente, fa entrare lo spettatore direttamente nell’opera, con i suoi specchi ai quali la fotografia conferisce un surplus di adesione paradossale alla realtà. Così la splendida figura della “ragazza che cammina” del 1966 proveniente dalla collezione di Intesa Sanpaolo, diviene parte dell’ambiente e noi diventiamo parte dell’opera. 

Un’ampia sezione della mostra sarà dedicata anche al concetto di riproduzione, di un’arte che si fonda sull’idea di uno strumento come la macchina fotografica, riconosciuto - e contestato - sin dalle sue origini per la sua natura meccanica. La macchina fotografica ha rinnovato il modo di vedere il mondo, il mondo è conosciuto e concepito attraverso le riproduzioni fotografiche, e gli artisti Pop a questo immaginario e a queste pratiche si rivolgono, per essere davvero contemporanei. È la società dei consumi e delle immagini di massa, nella quale la fotografia ha un ruolo centrale. In questa sezione si trovano alcuni dei precursori della Pop, primo fra tutti Robert Rauschenberg, del quale è esposta, tra le altre, una eccezionale grande tela realizzata a quattro mani con il fotografo italiano Gianfranco Gorgoni.

Ancora, la figura di Warhol ritorna attraverso lo strumento fotografico prediletto, la Polaroid: non solo le fotografie realizzate - quelle immagini che gli servivano per realizzare i suoi ritratti del jet set del tempo - ma anche l’oggetto “macchina” dedicata a un grande fotografo come Mimmo Jodice, che andava documentando la presenza del maestro americano a Napoli.

“La mostra, curata da Walter Guadagnini, grande esperto di Pop Art oltre che di fotografia- conclude il Presidente Emanuele Chieli – si inserisce a pieno titolo tra le grandi mostre prodotte da CAMERA e succede a precedenti di successo, come le rassegne ‘L’Italia di Magnum’ (2016) e ‘Arrivano i Paparazzi!’ (2017): mostre di indagine che intendono analizzare e approfondire un particolare momento storico attraverso lo studio di un movimento o di uno stile fotografico, illuminandone contemporaneamente l’aspetto artistico e quello sociale. Questa mostra, come le precedenti, offre quindi diversi livelli di lettura e approfondimento che, ne sono certo, il visitatore avrà modo di cogliere e apprezzare”. 

Ulteriori informazioni e immagini: www.studioesseci.net

CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia 
Via delle Rosine 18, 10123 - Torino www.camera.to|Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 

Facebook
/ @CameraTorino
Instagram/ camera_torino 
Twitter/ @Camera_Torino #CAMERAtorino 
Orari di apertura 
(Ultimo ingresso, 30 minuti prima della chiusura) 
Lunedì 11.00 - 19.00
Martedì Chiuso
Mercoledì 11.00 - 19.00 
Giovedì 11.00 - 21.00 
Venerdì 11.00 - 19.00 
Sabato 11.00 - 19.00 
Domenica 11.00 - 19.00 

Biglietti Ingresso Intero € 10 Ingresso Ridotto € 6, fino a 26 anni, oltre 70 anni
Soci Touring Club Italiano, Amici della Fondazione per l’Architettura, iscritti all’Ordine degli Architetti, iscritti AIACE, iscritti Enjoy, soci Slow Food, soci Centro Congressi Unione Industriale Torino, possessori Card MenoUnoPiuSei. Possessori del biglietto di ingresso di: Gallerie d’Italia (Milano, Napoli, Vicenza), Museo Nazionale del Cinema, MAO, Palazzo Madama, Borgo Medievale, GAM - Galleria Civica d’Arte Moderna, Forte di Bard, MEF - Museo Ettore Fico, FIAF.

Ingresso Gratuito Bambini fino a 12 anni Possessori Abbonamento Musei Torino Piemonte, possessori Torino+Piemonte Card. Visitatori portatori di handicap e un loro familiare o altro accompagnatore che dimostri la propria appartenenza a servizi di assistenza socio-sanitaria. Servizio di biglietteria e prevendita a cura di Vivaticket.

Ufficio stampa e Comunicazione
Giulia Gaiato
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tel. 011 0881151
Ufficio Stampa: Studio ESSECI, Sergio Campagnolo 
tel. 049 663 499 
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www.studioesseci.net

Illustri persuasioni.  Capolavori pubblicitari dalla Collezione Salce - Verso il boom! 1950 – 1962

 

 

  
Treviso. Museo Nazionale Collezione Salce 
29 settembre 2018 - 17 marzo 2019


Mostra a cura di Marta Mazza

 


Dal 28 settembre 2018 al 17 marzo 2019, Verso il Boom! 1950 – 1962. Conclude il ciclo delle Illustri persuasioni, il progetto espositivo cui è stata affidata, a cura di Marta Mazza, l’apertura al pubblico del Museo Nazionale Collezione Salce, in Treviso.

La mostra ci introduce – anticipa il Direttore del Polo Museale Venete, Daniele Ferrara - - ai meandri più sorprendenti e meno conosciuti della Collezione Salce proponendone le creazioni più recenti: quelle che, dal secondo dopoguerra fino al 1962 - anno estremo tanto dell’attività collezionistica quanto della vita di Nando Salce - raccontano lo straordinario momento storico della ricostruzione e della ripresa produttiva e preludono al vero boom economico e demografico che si configurò negli anni successivi”.

“Passata la guerra, un incontenibile entusiasmo progettuale si diffonde capillarmente nel Paese”, scrive la curatrice Marta Mazza, che del Museo Nazionale Salce è il Direttore.
“E la pubblicità riflette e anticipa, sottolinea, enfatizza questo sentimento, vivendo un momento di straordinaria effervescenza”.

“Autori già maturi e specializzati da tempo nella grafica illustrata, reiterano con caparbietà i fasti del cartellonismo delle origini - è il caso di Dudovich, di Boccasile, di Edel - o ne rinnovano radicalmente i modi - Carboni, Nizzoli - beneficiando di spunti progettuali desunti da una consapevolezza professionale decisamente più complessa, esercitata nell’ambito di strategie comunicative che inseriscono il manifesto - nemmeno più così indispensabile - in promozioni pubblicitarie ad ampio spettro che il prodotto lo imballano, lo etichettano, lo animano.

 

Giovani geni venuti dal nord - lo svizzero Huber, l’olandese Noorda, il tedesco Engelmann - intercettano a Milano i fermenti generativi del migliore design e della più emancipata cultura d’impresa, disegnando immagini così perfettamente attuali da essere oggi, a settant’anni di distanza, vive e storiche al contempo.
Ma infine, nel generale innamoramento per l’America - da cui arrivano bevande, detersivi e agenzie pubblicitarie, minime avanguardie tangibili di quello che resta un sogno ancora lontano - spicca il caso tutto italiano di Armando Testa: ispirato dai precorrimenti di Federico Seneca e alimentato da una grande cultura pittorica, si rivelerà a lungo capace di ineguagliati traguardi di sintesi e di efficacia comunicativa”.

Alla mostra storica, il Museo Salce eccezionalmente affianca una ulteriore esposizione. Collegata a Treviso Comic Book Festival 2018. Si tratta della monografica di Riccardo Guasco intitolata “Punt e a capo, Manifesti Sostenibili 100% Bio”, curata da Nicola Ferrarese. 
Guasco è tra gli artisti contemporanei che meglio interpretano “il manifesto illustrato” e per questo suo confronto con i grandi del cartellonismo e della comunicazione gli Anni del Boom ha scelto di proporre 8 suoi manifesti inediti, realizzati per l’occasione, sul tema della sostenibilità ambientale.
Riccardo Guasco ridisegna uno stravolgimento parallelo a quello che, dagli anni ’50 in poi, i nuovi prodotti di consumo portarono nella vita degli italiani, svelandoci le pubblicità di nuovi e miracolosi prodotti immaginari, tutti rigorosamente sostenibili, tutti assolutamente bio.
Dai sacchetti ecologici alle automobili “autoricaricanti”, dal ristorante a impatto zero ai prodotti di cosmesi non testati su animali, dall’allevamento delle api da balcone alla casa intelligente.

Info: www.collezionesalce.beniculturali.it
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo tel. 049.663499; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.;  Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. (Simone Raddi)

 

Al Festival della Comunicazione: Davide Oldani & Pierluigi Pardo

 

 

 Davide Oldani

 

 

Tante buone ricette, consigli a tavola e conoscenza dei prodotti del territorio: ne parlerà lo chef stellato Davide Oldani insieme al giornalista sportivo Pierluigi Pardo venerdì 7 settembre alla quinta edizione del Festival della Comunicazione Camogli dal 6 al 9 settembre. Mangia come parli è il titolo dell’incontro in cui i due protagonisti regaleranno agli ospiti le loro personali visioni di vita e cucina, che richiama il programma radiofonico in onda su Radio 24 dedicato alla cultura del cibo a cui questa strana coppia ha dato vita.

 

Davide Oldani e Pierluigi Pardo sono tra gli oltre 100 ospiti presenti a Camogli per l’appuntamento annuale tra i più attesi in Italia che attira migliaia di appassionati partecipanti, dedicato a comunicazione, futuro e innovazione che torna con un tema di assoluta centralità: Visionifil rouge dell’edizione di quest’anno nonché titolo dalla lectio magistralis dell’architetto e senatore a vita Renzo Piano, in apertura della manifestazione. Il Festival della Comunicazione è diretto da Rosangela Bonsignorio e Danco Singer, ed è organizzato dal Comune di Camogli e da FRAME.

 

Per informazioni: www.festivalcomunicazione.it

 

Delos

 

 

 

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