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Eventi culturali

FRANCESCA MOSCHENI AL RISTORANTE TRE CRISTI MILANO

 

 

Ritratti su carta dal 3 al 17 maggio la mostra della fotografa Francesca Moscheni al ristorante Tre Cristi Milano- un connubio tra arte e cibo

 

Dal 3 al 17 maggio il ristorante Tre Cristi si trasforma in galleria d’arte. A esporre le proprie opere Francesca Moscheni, fotografa veneziana e milanese di adozione specializzata nel mondo del food e appassionata di enogastronomia italiana e internazionale.

Giovedì 3 maggio dalle ore 19.30 in occasione dell’inaugurazione della mostra duetteranno il critico fotografico Roberto Mutti con la direttrice di Cucina Moderna Laura Maragliano per presentare i lavori della fotografa Moscheni per una degustazione/ aperitivo a 35 euro incluse bevande.

 

Il menu della serata ideato dallo chef Dario Pisani:

 

Canapè di benvenuto

Battuta di manzo al coltello con acciuga, panna acida e tuorlo d’uovo marinato

Risotto con crema di melanzane, pomodorini al forno e salsa al latte di bufala

Gianduia, nocciola e cioccolato

 

Vini in abbinamento della Tenuta Biodinamica Mara

 

Da ristorante gourmet a centro espositivo per due setttimane. Il ristorante Tre Cristi offre agli ospiti la possibilità di gustare, oltre alle proposte di squisita raffinatezza mediterranea firmate dallo chef Dario Pisani, un'esperienza culturale dal valore emozionale. La mostra fotografica ospitata dal 3 al 17 maggio nel locale gourmet sarà accessibile liberamente da parte del pubblico, anche senza obbligo di consumazione.

 

 

 

 

La mostra: 

 

Francesca Moscheni è dotata di una grande creatività che sa coniugare al rigore compositivo delle sue opere, la fotografa ama concentrarsi sui particolari per farne emergere le contraddizioni, le ambiguità, le molte sfaccettature che caratterizzano la vita. L'ironia, arma intelligente e puntuta, accompagna sempre la sua visione e non c'è quindi da stupirsi se davanti a questi suoi Ritratti di carta non troviamo moduli prevedibili, volti sorridenti, corpi in posa. Francesca Moscheni, infatti, affronta soggetti insoliti che in genere fanno bella figura di sé negli still life di food e li ripropone con un garbo e una delicatezza fino a far assumere loro le espressioni che ti aspetteresti da una persona. Un ulteriore intervento sulla preziosa carta su cui le fotografie sono state stampate permette di ottenere un effetto di accentuata tridimensionalità così che le superfici acquistino una nuova, inaspettata vitalità. 

 

 

Francesca Moscheni, un figlio, due cani e un socio con cui condivide il lavoro sull'immagine è fotografa professionista da circa 30 anni.

La sua produzione è il frutto di uno sguardo trasversale fra i generi fotografici con una particolare attenzione al mondo del food in cui è specializzata da anni. Frequenta l'alta gastronomia internazionale e ha ritratto cuochi del calibro di Gualtiero Marchesi, René Redzepi, Massimo Bottura, Carlo Cracco, Juan Roca, Hélène Darroze, Martin Berasategui, Ferran Adrià, Davide Scabin, Davide Oldani, trasformandosi all'occorrenza in fine critico gastronomico.

Dal 1990 realizza mostre personali e collettive ricercando nel dettaglio la metafora del tutto. Collabora con molte testate italiane e straniere, tra cui Marie Claire, Marie Claire Maison, Vanity Fair, New York Times Magazine, Glamour France, Saveur, ArtCulinaire, Travel & Leisure, Monocle, oltre a collaborazioni con clienti come Barilla, Rana, Birra Moretti, Olio Carli, Findus, Tre Marie, Bauli, Schar, Peck.

Nel 2011 è stata insignita del primo premio internazionale al FoodPhoto Festival di Tarragona, nella sezione Food Feature dedicata al miglior reportage food dellanno. 

Nel 2017 la mostra Strappi di Immagine si inserisce nella prima edizione della rassegna Milano PhotoWeek in collaborazione con il Comune di Milano. Oltre a fotografare, mangia e cucina cibi di tutto il mondo, riuscendo tuttavia a mantenere la linea. Vive e lavora a Milano.

 

Laura Maragliano

nata a Genova il 5/11/1956. Inizia l’attività giornalistica nel 1981 presso Il Lavoro. Si trasferisce a Milano nel 1987 e lavora per Imagine. Nel 1989 è in Mondadori a Tempo Donna. Nel 1991 va in Rizzoli a Più Bella. Nel 1995 è a Donna Oggi. Nel 1996 va all’Editoriale Italiana come caporedattore di Buona Cucina, e ne diventa direttore nel 1997. A febbraio del 2005 torna in Mondadori  come caporedattore dell’area cucina, diventa vicedirettore nel 2007. Da fine 2008 è direttore di Sale&Pepe, Cucina Moderna, Cucina no Problem, Guida Cucina e In Tavola. Ad aprile 2017  crea Giallo Zafferano.

 

 

 

 

 

Roberto Mutti è storico, critico e docente di fotografia presso l’Accademia del Teatro alla Scala e l’Istituto Italiano di Fotografia di Milano. Giornalista pubblicista, dal 1980 scrive di fotografia sulle pagine milanesi del quotidiano la  Repubblica. Organizzatore e curatore indipendente, ha realizzato mostre di giovani promettenti e di autori affermati firmando numerosissimi volumi fra saggi, monografie e cataloghi. E’ direttore artistico del Photofestival Milano e fa parte del comitato scientifico di MIA Art Fair. Vive e lavora a Milano. 

 

Ritratti su carta

Mostra personale di Francesca Moscheni 

Ristorante Tre Cristi, via Galileo Galilei 5, Milano

Inaugurazione giovedì 3 maggio ore 19.30-21.30  

Apertura da lunedì a venerdì 12.30-14.30/19.30-22.30 sabato 19.30-22.30 (chiusura domenica) fino al 17 maggio. 

Informazioni tel. 02.29062923

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Ufficio Stampa Mediavalue -  Camilla Rocca- Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

 

NUOVO MUSEO DIOCESANO DI FELTRE E BELLUNO


A Feltre, a partire dal 12 maggio, il nuovo Museo Diocesano di Feltre e Belluno svela tutti i suoi tesori. 
Il completo recupero dell’antichissimo Palazzo dei Vescovi, posto sulla sommità di Via del Paradiso, al vertice del quadrante occidentale della storica “Città Verticale”, ha consentito alla Diocesi di Feltre e Belluno di dispiegare nelle 27 sale i suoi tesori d’arte e di fede.
Amalgamandoli sapientemente ad un contenitore che testimonia con i suoi affreschi (notevole il grande intervento mantegnesco nell’androne di ingresso) e le sue architetture, lo stratificarsi di una storia millenaria.

Il suggestivo allestimento è riuscito a creare una perfetta simbiosi tra le antiche pietre, i preziosi affreschi murali sopravvissuti alle ingiurie dei secoli e degli uomini, ed i tesori che qui sono stati concentrati, provenienti dai moltissimi conventi, monasteri, certose e chiese delle vallate feltrine e bellunesi. 
Tesori che spesso sono esempi della raffinatissima arte della lavorazione delle pietre, dei metalli e soprattutto del legno che nei secoli passati ha contraddistinto questi territori. 
Notevolissima, ad esempio, la collezione di sculture lignee del nuovo Diocesano, che annovera, tra le tante, l’emozionante “parata” dei 12 Apostoli o un intenso compianto o ancora un fanciullesco San Giorgio e il drago

Il nuovo Diocesano esprime attenzione anche nei confronti delle grandi personalità artistiche di questo magnifico territorio. Espone, ad esempio, quella che è la maggiore collezione di sculture di Andrea Brustolon, “il Michelangelo del legno”, come ebbe a definirlo Honorè de Balzac. Oppure l’importantissimo gruppo di dipinti a tema sacro di Sebastiano Ricci, anch’egli bellunese di origine. O uno straordinario Tintoretto, firmato.

Sculture e dipinti ma anche oreficerie. Che in questo Museo si mostrano con reperti di importanza mondiale. A partire dal mitico calice paleocristiano del Diacono Orsoil più antico calice eucaristico dell’Occidente. Un oggetto che per alcuni studiosi, soprattutto del mondo inglese, riporta al Santo Graal. Non meno notevole è il raffinato Reliquiario a busto di San Silvestro Papa, proveniente dalla Certosa di Firenze, capolavoro di Antonio di Salvi, allievo del Pollaiolo.  

Sorpresa dopo sorpresa, il percorso conduce sino al contemporaneo, con un giusto omaggio ai grandi mastri del territorio feltrino e bellunese e con l’accoglienza di due opere che Mimmo Paladino e Arnaldo Pomodoro hanno creato proprio per questo Museo.

Tutto in un Palazzo-castello che nei millenni si è stratificato su un insediamento già preromano, poi trasformato in sistema fortificato in epoca medievale e ancora in un sontuoso palazzo veneziano e infine adattato, in epoca barocca e poi neoclassica, al mutare dei tempi e dei gusti. Nel “Paradiso” che domina Feltre, la bellissima “città verticale” dove coesistono Medioevo e Rinascimento.  

Tutto intorno le Prealpi Feltrine che introducono al Parco delle Dolomiti. E’ in questo ambiente bellissimo, Patrimonio dell’Umanità, che il visitatore del nuovo Diocesano è invitato a percorrere anche l’Itinerario Sacro che, trovando epicentro proprio nel Museo, conduce da un lato al Convento Santuario dei Santi Vittore e Corona (affreschi giotteschi, in una costruzione di suggestione unica) e dall’altro alla Certosa di Vedana, meraviglia rinascimentale immersa nei boschi in terra di Sospirolo. Per poi percorrere, se si vuole, La via degli Ospizi, l’antichissimo itinerario che parte dalla Certosa per giungere in valle Imperina, lungo la direttrice della Val Cordevole, da sempre uno dei collegamenti nord-sud più importanti di questa porzione dell'arco alpino.

Il nuovo Museo Diocesano, diretto da mons. Giacomo Mazzorana, è il frutto della collaborazione tra la Diocesi di Belluno-Feltre, la Regione del Veneto, l’Unione Montana Feltrina, le Soprintendenze per i Beni Artistici e Storici, per i Beni Architettonici e Ambientali e per i Beni Archeologici del Veneto, con il fondamentale contributo di Fondazione Cariverona.

Info: www www.museodiocesanobellunofeltre.it tel. 0439 844082

Ufficio Stampa: 
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo tel. 049.663499 
Referente Stefania Bertelli: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

ABBADIA SAN SALVATORE CON L’“OFFERTA DEI CENSI”

 

 

Dal 6 all’8 luglio l’intero paese mette in scena una singolare rievocazione storica che coinvolge tutti i suoi abitanti e porta la sua grande storia in piazza

Per tre giorni il centro storico della città del Monte Amiata (Siena) torna ad essere un vero e proprio “Castrum” medievale dove rivivono arti e mestieri

 

 

La grande storia esce dai libri e diventa vita vera che conquista le piazze e le vie di un piccolo paese toscano: accade ad Abbadia San Salvatore (Siena) dove ogni anno, nel secondo fine settimana di luglio (venerdì 6, sabato 7 e domenica 8), si celebra l’Offerta dei Censi.

Per tre giorni il centro storico della città del Monte Amiata si immerge nel suo glorioso medioevo e si riscopre vero e proprio “Castrum” dove rivivono arti e mestieri.

 

Una singolare rievocazione che coinvolge l’intero paese: la comunità badenga smette gli abiti contemporanei e torna a vestire quelli degli avi, mettendo in scena una festa in costume, unica nel suo genere, che offre un interessante spaccato della vita di quel tempo.

 

Nel cuore del caratteristico borgo si animano i terzieri: le piazze e le strade si trasformano in un palcoscenico naturale capace di accogliere taverne, botteghe di arti e mestieri e mercatini. Intanto per le vie si muovono musicanti e danzatori, cantori e giocolieri mentre nel vicino accampamento militare si susseguono sfide, duelli e spettacoli con il fuoco.

 

 

 

Per tre giorni e tre notti si prepara l’Offerta dei Censi recuperando una “pratica” spesso descritta nella ricca documentazione del secolo XIII, relativa ad Abbadia San Salvatore.

Le carte raccontano dei “censi in natura” (ovvero prodotti locali) che venivano offerti al Monastero di San Salvatore dagli abitanti a sancire lo stretto rapporto tra la comunità del borgo e l’imponente struttura monastica, fra le più ricche e potenti dell’epoca.

 

La rievocazione medievale prenderà il via venerdì 6 luglio quando i figuranti in costume sfileranno dal cuore del paese al monastero per richiedere la concessione da parte dell'abate dello svolgimento del mercato sabbatico. Quindi i Terzieri si animeranno con spettacoli e mercati e nei caratteristici vicoli fino a tarda notte resteranno aperte le taverne dove si potrà cenare a base di prelibatezze locali.

La festa proseguirà anche nella giornata del 7 luglio e raggiungerà poi il suo momento cruciale domenica 8 luglio quando i figuranti daranno vita all’Offerta dei Censi. Già dalla mattina, un corteo di fabbri, falegnami, tessitrici, lanaioli, abitanti del villaggio, guidato dal podestà, dai priori, dal camerlengo e dai membri dei terzieri, percorrerà un tratto della Via Francigena e raggiungerà l’Abbadia di San Salvatore.

Nel pomeriggio, il corteo si snoderà per le vie del centro storico. Intanto si concluderanno i Giochi dei Terzieri e verrà decretato il vincitore. La festa poi proseguirà con banchetti e musica fino a tarda notte.

 

 

 

 

E mentre nei giorni dell’Offerta dei Censi il nuovissimo Museo d’Arte Sacra di Abbadia San Salvatore proporrà laboratori sul medioevo per grandi e piccini (informazioni: 331 9290327; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.), chi lo vorrà potrà raggiungere la vicina città di Arcidosso dove, straordinariamente, nei giorni del 6-7-8 luglio sarà possibile visitare il Museo del Paesaggio Mediovale ospitato nell’imponente Castello Aldobrandesco del paese con un biglietto scontato del 20 per cento. Qui i visitatori potranno scoprire un interessante percorso archeologico-artistico, che racconta la vita e l’evoluzione del paesaggio medievale dell’Amiata e della Maremma (per visite al museo e informazioni 0564 965268; 0564 966448; Pro Loco Arcidosso 0564 968084 - 388 8656971; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)

 

Per maggiori informazioni sull’Offerta dei Censi: tel/fax: 0577778324 - 0577775221

sito: www.cittadellefiaccole.it

email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Facebook: Abbadia Città delle Fiaccole

 

 

Sonia Corsi  tel 3351979765; Elena Giovenco tel 3315353540

IL CAVALLO ? 4.000 ANNI. IN MOSTRA ALLA PINACOTECA ZUST

 

  

A cura di: Alessandra Brambilla e Claudio Giannelli

Il tema che la Pinacoteca cantonale Giovanni Züst di Rancate (Cantone Ticino) affronta nel suo consueto appuntamento con il collezionismo, quest’anno si presenta di particolare suggestione.
Proveniente dalla Collezione Giannelli, una delle più importanti al mondo nel settore, ad essere proposta è una originale, straordinaria parata di “morsi da cavallo”, comprendente esemplari unici o comunque rarissimi di epoca mesopotamica, greca, romana, medievale e rinascimentale, con alcuni pezzi che risalgono addirittura al 1’400 a.C.  
Le serie che riuniscono i morsi italici e quelli dell’antico Luristan (regione montagnosa degli Zagros), presenti nella Collezione, sono considerate ineguagliabili per la loro rarità e loro bellezza.
La mostra “Il Cavallo: 4’000 anni di storia. Collezione Giannelli“ è promossa dalla Pinacoteca Züst ed è curata da Alessandra Brambilla e Claudio Giannelli. Si potrà ammirare nella Pinacoteca di Rancate dal 6 maggio al 19 agosto.

Non solo morsi, speroni e staffe, in mostra. La millenaria frequentazione uomo-cavallo vi è documentata anche attraverso dipinti, incisioni e libri antichi. Non manca nemmeno un raro cavallo a dondolo di epoca settecentesca, appartenuto ad un rampollo di nobilissimo lignaggio.

Il sottotitolo dell’esposizione sottolinea come siano “appena” 4'000 gli anni che hanno visto il fiero quadrupede diventare “Equus frenatus” (“cavallo imbrigliato”), ovvero un cavallo regolato nei suoi movimenti e nella sua andatura attraverso il morso.
Quattromila anni possono sembrare molti ma sono un battito di ciglia se rapportati ai 4 milioni e più di anni di storia del genere Equus, che ha dato origine a tutti i cavalli contemporanei, agli asini e alle zebre. Risale a circa 700 mila anni fa il genoma del più antico cavallo che sia stato finora sequenziato. Si tratta di un Equus lambei, le cui ossa sono state rinvenute nel terreno perennemente ghiacciato del territorio canadese dello Yukon. Tra i 40 e i 50 mila anni fa, si colloca la comparsa del cavallo domestico (Equus caballus) di oggi si contano circa 400 razze diverse, con specialità di ogni tipo, dal traino alla corsa.  
Ancora più recentemente, appunto all’incirca 6'000 anni fa, i nomadi delle steppe asiatiche addomesticarono probabilmente i primi cavalli. E da quel momento, il rapporto tra l’uomo e l’animale si è fatto intenso, persino simbiotico. 
La mostra prende il via presentando proprio i manufatti di una di queste popolazioni, gli Sciti, che si muoveva in quei territori, per proseguire con gli eccezionali morsi provenienti dal Luristan, regione montuosa dell’attuale nord-ovest iraniano. 
Si prosegue quindi con un viaggio attraverso i secoli e le civiltà: etruschi, greci, romani, per arrivare al Rinascimento e ai giorni nostri.

Sino a decenni recenti, ma ancora oggi in alcune parti del pianeta, il cavallo è stato ed è il “motore” vivente delle attività agricole, dei trasporti, delle guerre. Da 4’000 anni è l’ammirato compagno dell’uomo nello sport e nelle parate. Simbolo del prestigio che in tutte le civiltà e società ha ammantato il cavaliere e, per riflesso, la sua cavalcatura.  
Il morso, oltre che simbolo di potere, è stato spesso un mezzo estetico di ostentazione della ricchezza, una chiave di identificazione e riconoscimento sociale ed anche oggetto rituale.
Ogni civiltà, ogni epoca, ogni terra ha contribuito all'elaborazione del morso. Nel corso dei secoli i fabbri hanno prodotto degli oggetti a volte simili, ma in numerosi casi i manufatti così creati hanno assunto fogge anche molto diverse.  
Artigiani-artisti, i fabbri hanno accompagnato la storia dell'equitazione producendo oggetti che vanno ben al di là della semplice funzione di strumento di comunicazione tra il cavaliere ed il suo cavallo. Ponendosi come veri e propri capolavori d’arte. 

In mostra, accanto ai morsi, sono esposte altre “eccellenze” della Collezione Giannelli, naturalmente tutte incentrate intorno al Cavallo. Dai primi testi rinascimentali dei grandi maestri (Grisone, Pignatelli, Fiaschi, Ferraro, ecc.) all’Encyclopédie, con le illustrazioni riservate all’equitazione. Insieme a dipinti, incisioni, disegni, sculture. Ma anche particolari e rari accessori quali ipposandali e falere d'epoca romana, staffe in legno scolpito sud-americane, campanelline da cavallo in bronzo mesopotamiche e molto altro ancora. 
Tutto a testimonianza di una forte passione e di uno sconfinato amore per il cavallo e di un artigianato che sa farsi grande arte.

Informazioni:
Pinacoteca cantonale Giovanni Züst
CH-6862 Rancate (Mendrisio), Cantone Ticino,Svizzera
Tel. +41 (0)91 816 47 91; 
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.www.ti.ch/zuest 

Orari, prezzi e servizi:
6 maggio – 19 agosto 2018
Chiuso il lunedì. Festivi aperto.
Maggio e giugno: 9-12 / 14-17
Luglio e agosto: 14-18
intero: CHF/€ 10.-
ridotto (pensionati, studenti, gruppi): CHF/€ 8.-
Visite guidate su prenotazione anche fuori orario; bookshop; audioguide; parcheggi nelle vicinanze.
Si accettano Euro.

Ufficio stampa 
per la Svizzera: 
Pinacoteca Züst – Rancate (Mendrisio), Cantone Ticino, Svizzera
Tel. +41 (0)91 816.47.91; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
per l’Italia: Studio ESSECI – Sergio Campagnolo – Padova, Italia
Tel. +39 049.663.499; Roberta Barbaro Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.www.studioesseci.net

COME RAGGIUNGERE LA PINACOTECA ZÜST
Rancate si trova a pochi chilometri dai valichi di Chiasso, Bizzarone (Como) e del Gaggiolo (Varese), presso Mendrisio, facilmente raggiungibile con l’ausilio della segnaletica. Per chi proviene dall’autostrada Milano-Lugano l’uscita è Mendrisio: alla prima rotonda si gira a destra e mantenendo sempre la destra si giunge dopo poco più di un chilometro nel centro di Rancate. La Pinacoteca è all’inizio della piazza della chiesa parrocchiale, sulla sinistra della strada. Rancate è raggiungibile anche in treno, linea Milano-Como-Lugano, stazione di Mendrisio, e poi a piedi, in 10 minuti, o con l’autobus (linea 524, Mendrisio-Serpiano).

PIENZA L'ARTE DI LUCIANO REGOLI

 

Mostra a cura di Sara Mammana e Roggero Roggeri

Inaugurazione della Mostra: Pienza, Sala Consiliare del Palazzo Comunale, sabato 2 Giugno 2018, ore 11.00


L’ideale perfezione di Pienza, patrimonio UNESCO nel cuore della Val d’Orcia, è il naturale palcoscenico per un’importante mostra di Luciano Regoli, l’artista che ha fatto del contrasto all’asserita “Morte della Pittura Figurativa” la sua missione. L’esposizione vedrà anche la presenza di una selezione di opere dei suoi allievi appartenenti alla Scuola dell’Elba, da lui fondata.

Nelle sale di Palazzo Salomone Piccolomini, vero gioiello architettonico che sorge nel cuore della “Città Ideale”, sede dell’Associazione Culturale “Biagiotti per l’Arte” che promuove l’evento nell’ambito del progetto “La Forma della Bellezza”, ad essere esposti, dal 2 al 24 giugno, sono un buon numero di suoi dipinti “bellissimi”, superlativo che, per i parametri di una certa contemporaneità, poco o nulla si abbina all’arte. 
Opere perfette per impianto compositivo, cromatismo, atmosfere. Una pittura, quella di Regoli, fatta di mestiere sopraffino, di dominio della Grande Arte di antica tradizione. Una pittura dove tecnica e sentimento si coniugano alla perfezione, per contemperare ragione e anima.
Si tratta di ritratti, scene di tradizione religiosa, quadri di figura, nature morte, paesaggi. Di tutti quei  Generi, in sintesi, che sono stati repertorio straordinario della grande arte classica. 
Mai copie o pedisseque “riprese”, ma opere originali, assolutamente contemporanee, fresche, innovative, create però con quell’ “ingegno” che sarebbe stato richiesto ad un grande Maestro nella Firenze del Rinascimento o nella Venezia di Tiziano e che Regoli, con apparente naturalezza, che invece è frutto di uno studio costante e appassionato, applica e insegna ad una schiera di allievi che, protagonisti anch’essi dell’esposizione, da mezzo mondo, approdano alla sua Scuola della Valle di Lazzaro, all’Elba. Oltre a Regoli, infatti, esporranno pittori di talento quali: Alessandra Allori, Ronaldo Boner Jr, Marco De Sio, Gabriella Volpini e John Carlton Watkins.

Nell’annunciare la mostra pientina, i curatori, Sara Mammana e Roggero Roggeri, richiamano “5000 km per vedere un orecchio. La morte della Grande Pittura”, lo scritto programmatico nel quale Regoli avanza un’acuta analisi e un’approfondita riflessione sul ruolo e il significato della pittura figurativa attraverso i secoli. Fino a giungere alla triste constatazione che troppo spesso, nel contesto contemporaneo, questa forma d’arte è messa a tacere per l’avanzare, apparentemente inesorabile, dei nuovi linguaggi espressivi che il Novecento ha prodotto.

“Tuttavia, fortunatamente, la morte della Grande Pittura, denunciata da Regoli, non è ancora del tutto avvenuta e viene da chiedersi - scrivono i Curatori, all’interno del catalogo scientifico che correda la mostra - che cosa renda, ancora oggi, la tradizione pittorica classica viva e attuale, e perché esistano tuttora artisti che, in maniera alternativa rispetto alle varie forme dell’arte contemporanea, ricerchino con passione, nell’armonia delle forme e nella fatica dell’apprendimento delle tecniche antiche, il mezzo di espressione indispensabile per generare un’arte figurativa non obsoleta ma assolutamente al passo coi tempi”.

Il modus operandi di Regoli e della sua scuola si inserisce perfettamente nel progetto “La Forma della Bellezza”, ideato e promosso dall’Associazione Culturale “Biagiotti per l’Arte” allo scopo di sostenere e valorizzare coloro che, soggetti pubblici o privati, nel campo delle arti figurative, si prodigano per insegnare ai propri giovani allievi le tecniche e i segreti che hanno fatto dell’Italia la più grande fucina di talenti artistici al mondo.
L’Associazione, con sede in Pienza, fortemente voluta dalla famiglia Biagiotti, che da più generazioni si occupa, con grande successo, di alto artigianato, ha come idea fondante l’assoluta necessità di evitare che il nostro genio in campo artigianale e artistico, per il quale siamo universalmente conosciuti e apprezzati, vada irrimediabilmente perduto.  

Informazioni:
Luciano Regoli e la Scuola dell’Elba
a cura di Sara Mammana e Roggero Roggeri

Mostra promossa da: Associazione Culturale “Biagiotti per l’Arte”
con il patrocinio di Comune di Pienza e UNESCO Sede Mostra: Palazzo Salomone Piccolomini, corso Rossellino, 41, Pienza Orario di visita: Tutti i giorni 10,00/13,00 – 15,00/18,30 Ingresso Libero Organizzazione: Associazione Culturale “Biagiotti per l’Arte”, tel. 3406739044, facebook: biagiottiperlarte Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Ufficio Stampa
Studio ESSECI di Sergio Campagnolo
tel. 049663499
Referente Simone Raddi: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 

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