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Cantine

VECCHIE TERRE DI MONTEFILI È ANFITEATRO:IL SIMBOLO DI UN'EREDITÀ SENZA TEMPO 50 ANNI DI UN VIGNETO STRAORDINARIO:

La Leggenda di Anfiteatro Vecchie Terre di Montefili è Anfiteatro. Questo vino ha sempre rappresentato l’espressione più profonda dell’azienda, il simbolo di un viaggio iniziato nel 1975 con la piantumazione della sua prima vigna.  Quest’anno, Montefili celebra con orgoglio il 50° anniversario di questo sito straordinario, testimone vivente di mezzo secolo di dedizione, cura meticolosa e rispetto assoluto per la terra.  Un Vigneto che Racconta una Storia, un Ecosistema Vivo Adagiata a 500 metri sul livello del mare, la vigna di Anfiteatro è un luogo di rara bellezza e incredibile energia. Qui, le viti affondano le loro radici in suoli ricchi di Galestro, una composizione sassosa e ben drenante che favorisce la profondità e la complessità del vino.

Il microclima unico—con giornate calde tipicamente toscane e notti fresche—garantisce un Sangiovese di straordinaria finezza, equilibrio ed eleganza. Anfiteatro è molto più di un vigneto: è un ecosistema vivo, il cuore pulsante di Montefili. Simbolo della sinergia perfetta tra terra e vite, tra tradizione e visione, questa vigna è stata preservata con un rigoroso processo di selezione massale, per garantire che il suo patrimonio genetico venga tramandato intatto alle future generazioni. Un testimone di longevità e finezza, il Sangiovese di Anfiteatro resiste in modo eccezionale al passare del tempo. Degustare un’annata 2015 oggi significa scoprire un vino di grande profondità e struttura, mentre una 2008 svela un’evoluzione straordinaria, con sfumature complesse e stratificate - la prova dell’eccezionale capacità di invecchiamento di Anfiteatro.  

“La vigna di Anfiteatro è un’eredità che curiamo con un’attenzione meticolosa: ogni ceppo viene seguito con scrupolo, nel rispetto della sua età e del suo equilibrio naturale. La nostra filosofia è quella di ascoltare la vigna e accompagnarla nel suo ciclo, senza forzature, per ottenere un Sangiovese che sia pura espressione del suo terroir” – afferma Serena Gusmeri, enologa di Vecchie Terre di Montefili.   Un Vino che guarda al Futuro Anfiteatro non è solo un vino: è l’anima di Montefili, una testimonianza di passione che guarda avanti senza dimenticare le proprie radici.

Con la sua struttura raffinata, acidità vibrante e profondità aromatica, Anfiteatro è un Sangiovese di potenza ed eleganza. Le sue note di ciliegia nera matura, erbe selvatiche, violetta e spezie sottili si intrecciano armoniosamente, evolvendo nel tempo in un vino di straordinaria complessità. Con 50 anni di esperienza e dedizione, Vecchie Terre di Montefili continua il suo impegno per l’eccellenza, custodendo con orgoglio questo angolo straordinario del Chianti Classico. La storia di Anfiteatro non è solo un racconto del passato, ma una promessa per il futuro: affinché questo vino iconico resti un ambasciatore senza tempo del suo terroir.

 

Lara Buscato

QUARTA EDIZIONE DI RENAISSANCE

Parole illustri per una nuova umanità, il progetto decennale di Fontanafredda, dedicato al Barolo del Comune di Serralunga d’Alba, esplora i 10 sentimenti che nella storia della nostra civiltà hanno dato origine alle rinascite collettive. Dopo Speranza, Fiducia e Coraggio, l’annata 2021 è dedicata all’Ottimismo, raccontato attraverso la monografia di Chiara Gamberale e le illustrazioni di Riccardo Guasco.   Fontanafredda presenta la quarta edizione del progetto “Renaissance, Parole illustri per una nuova umanità”, iniziato nel 2022 in occasione del 30° anniversario del Barolo Serralunga d'Alba, la prima menzione comunale al mondo di un Barolo. Il vino icona di Fontanafredda – storico produttore di Barolo e dei grandi vini delle Langhe con 120 ettari di vigneti certificati biologici che circondano il primo Villaggio Narrante d’Italia – è diventato così uno strumento per interpretare un nuovo Rinascimento: il Rinascimento Verde. Con la collaborazione di grandi scrittori contemporanei e rinomati illustratori italiani, questo Barolo viene raccontato attraverso tre forme d’arte: l’arte di fare il vino, l’arte di scrivere e quella di raffigurare. Dieci anni per esplorare i valori e i sentimenti che nella storia dell’umanità hanno ispirato le grandi rinascite della nostra civiltà. Una vera e propria collezione iniziata dalla Speranza, un desiderio che parte da noi stessi e ci porta ad avere Fiducia, sentimento che genera Coraggio che fa prevalere l’Ottimismo, protagonista dell’annata 2021.  

L’OTTIMISMO, PAROLE ILLUSTRI PER UNA NUOVA UMANITÀ

La quarta edizione di Renaissance si arricchisce della prefazione di Oscar Farinetti, della monografia dal titolo “Libero Tutti” della scrittrice Chiara Gamberale e dell’opera visiva dell’illustratore Riccardo Guasco. Autrice di successo, Gamberale ha esordito nel 1999 con Una vita sottile - premio Opera Prima Orient-Express - i suoi romanzi, tradotti in 14 paesi, hanno conquistato le classifiche in Spagna e America Latina. Riccardo Guasco, illustratore e pittore piemontese, ha collaborato con testate internazionali come The New Yorker, Los Angeles Magazine e Vogue. Vincitore di premi prestigiosi, tra cui Premio ILLUSTRI 2019, categoria “Lavoro personale” e Society of Illustrators New York 58th, categoria “Pubblicità”, ha interpretato il tema dell’Ottimismo con l’opera “L’ottimismo, una forza interiore”. L’illustrazione, attraverso il simbolo della maschera, rappresenta la metafora della doppia visione del mondo, dove convivono ottimismo e malinconia, felicità e tristezza, con immagini che evocano allegria e spensieratezza ma che possono nascondere dietro il sorriso dolore e sofferenza.  Un incalzante rappresentazione del racconto di Chiara Gamberale, in cui possiamo immedesimarci nella storia del protagonista in una doppia narrazione dei fatti: "Siamo tutti “Libero”, il nostro futuro ci sorride, sta a noi non farlo smettere. Tutti possiamo andare incontro a quello che crediamo di meritare. Basta decidere come raccontare e come immaginare, scegliendo di stare dalla parte dell’ottimismo".    «Il vero ottimista non ignora le difficoltà, ma ne prende coscienza e cerca di risolverle con pensieri, parole e azioni» spiega Oscar Farinetti. «Essere ottimisti, dunque, non è solo un sentimento, ma è un modo di essere che si traduce in azioni concrete per affrontare i problemi con spirito di comunità. Dobbiamo smettere di lamentarci e agire per risolvere le sfide del mondo moderno, come la crisi climatica. Nel nostro piccolo, nel 2024, abbiamo creato Bosco Vigna, piantando oltre 170 piante all’interno delle nostre vigne, per promuovere la biodiversità nei nostri vigneti e ridurre l’impatto della monocultura intensiva. Non ci fermiamo qui: nel 2025 pianteremo oltre 50 nuove grandi piante e continueremo a espandere il nostro impegno. Vogliamo ripristinare e migliorare la biodiversità di tutto il nostro sistema, con nuove aree verdi di piante alberate e siepi di varie specie nel Villaggio Narrante, oltre al ripristino di aree umide per ricreare un ecosistema ideale per anfibi, piante acquatiche e piante arboree». Rigenerazione culturale e ambientale, quella che propone Fontanafredda, che dal 2020 con il Rinascimento Verde ha ridisegnato i paradigmi del passato adattandoli all’oggi per anticipare il futuro. Una visione dove il rispetto per la terra non conta nulla se non diventa anche rispetto per le persone. Dunque, dopo la certificazione Biologica, la certificazione Equalitas con il primo Bilancio di Sostenibilità del 2020, la conversione a packaging più sostenibili, un uso consapevole dell’energia e dell’acqua, ci si è accorti che servivano nuovi sentimenti.   

BAROLO RENAISSANCE 2021

Il Barolo del Comune di Serralunga d’Alba 2021 è l’espressione di un’annata complessa, segnata da sfide climatiche ma capace di regalare grandi soddisfazioni. Nonostante le oscillazioni climatiche estreme – tra gelate tardive, temporali, grandinate estive e siccità – il risultato è sorprendente in termini di qualità delle uve, con grappoli sani e maturi e una dotazione polifenolica ideale per vini longevi ed equilibrati. Dopo un affinamento di circa 30 mesi in botte di rovere e ulteriori 6-8 mesi in cemento, nasce un Barolo dal carattere luminoso, espressione di ottimismo e resilienza di fronte alle avversità. Il colore rosso granato brillante introduce un bouquet fresco di agrumi e piccoli frutti rossi, mentre al palato si distingue per armonia, freschezza e un finale sapido e persistente. Un vino capace di esprimere fin da subito le sue qualità, offrendo un'immediata bevibilità, ma con un potenziale di evoluzione straordinario, in grado di durare nel tempo fino a 25-30 anni. Il tappo SÜBR di Vinventions, il primo micro-naturale al mondo privo di poliuretano e senza difetti olfattivi, garantisce la conservazione della freschezza del vino e un ottimale affinamento in cantina grazie a un ingresso di ossigeno controllato. Il Barolo Renaissance 2021 è da oggi disponibile nel formato standard e in un’edizione speciale da 1,5 litri.  

CIRCOLO DEI LETTORI DI TORINO E RISTORANTE DEL CAMBIO

La presentazione della quarta edizione di Renaissance, Parole illustri per una nuova umanità si è svolta a Torino al Circolo dei Lettori e, successivamente, al ristorante Del Cambio - massimo rappresentante dell’eleganza e della raffinatezza sabauda - con la degustazione in anteprima dell’annata 2021 del Barolo del Comune di Serralunga d'Alba. Per l’occasione, Fontanafredda e Del Cambio hanno presentato "Abbiamo rifatto l’Italia", un viaggio nella storia per ritrovare la rinascita del presente. Due secoli dopo, Vittorio Emanuele II incontra Camillo Benso di Cavour in un percorso di degustazione che celebra il legame tra due icone del Risorgimento italiano. Nel 1858, il primo Re d’Italia fondava Fontanafredda, destinata a diventare una delle più importanti realtà vitivinicole delle Langhe. L'anno successivo, nel 1859, Cavour pronunciava la celebre frase "Abbiamo fatto la storia e adesso andiamo a mangiare", proprio dirigendosi a Del Cambio, il ristorante che ancora oggi incarna lo spirito della tradizione gastronomica piemontese. A guidare la degustazione Gabriele Gorelli, primo Master of Wine italiano e Brand Ambassador di Vinventions. L’esperienza ha preso il via con l’assaggio in anteprima esclusiva dell’Alta Langa DOCG Vigna Gatinera 120 mesi, per poi proseguire con una verticale di Barolo del Comune di Serralunga d’Alba Renaissance con le annate 2020 Coraggio, 2019 Fiducia e 2018 Speranza (Top 100 Wine Spectator 2022), fino all’assaggio in anteprima esclusiva dell’annata 2021 dedicata all’Ottimismo. A chiudere l’esperienza, il Moscato d’Asti DOCG Moncucco 2023. Ad accompagnare i vini, un menu studiato dallo chef Matteo Baronetto: Cubo di carne cruda e asparagi, Agnolotti alla piemontese e il Gianduiotto Del Cambio, omaggio alla dolce tradizione torinese.

 

Stefania Mafalda

LA SCOLCA TRA I VINI SELEZIONATI PER IL WORLD’S BEST SOMMELIERS’ SELECTION 2025

Gentili clienti e partner, è con grande orgoglio che vi comunichiamo che La Scolca Gavi dei Gavi Black Label Limited Edition 2019 è stato selezionato per il prestigioso World’s Best Sommeliers’ Selection 2025. Questo riconoscimento è il risultato di un’attenta selezione condotta da oltre trenta tra i più influenti professionisti del settore dell’ospitalità globale, confermando ancora una volta l’eccellenza e la qualità che contraddistinguono i nostri vini. Essere inclusi in questa autorevole selezione rappresenta per noi un traguardo significativo e un'ulteriore testimonianza dell’impegno costante nella valorizzazione del nostro territorio e delle sue eccellenze vinicole. Ringraziandovi per il vostro continuo supporto e la fiducia accordataci, porgiamo i nostri più cordiali saluti.

 

Chiara Soldati

REBARBA, LA BARBERA D’ASTI AFFINATA IN MUSICA DAL MAESTRO PEPPE VESSICCHIO

È nata la versione Superiore con la vendemmia 2021. Si completa così l’estroso progetto delle Cantine Post dal Vin di Rocchetta Tanaro (Asti): la produzione annua è di circa 10 mila bottiglie con anche un’etichetta biologica. Una Barbera d’Asti affinata in musica da un grande maestro d’orchestra e compositore. Accade a Rocchetta Tanaro, borgo di poco più di 1500 abitanti immerso tra vigne e boschi del parco naturale nel cuore del Monferrato astigiano. Un luogo che il cantautore Bruno Lauzi definiva “terra di quieta follia” e che oggi incontra il genio e la sensibilità musicale di un napoletano d’eccezione: Peppe Vessicchio, noto al grande pubblico come il maestro del Festival di Sanremo. E proprio nei giorni del più famoso festival della canzone, Vessicchio firma un nuovo progetto: una Barbera d’Asti Superiore vendemmia 2021. L’idea nasce nel 2016 dall’amicizia tra Vessicchio, il cuoco Beppe Sardi e Giulio Porzio, presidente della cantina Post dal Vin: un progetto innovativo e affascinante che ha portato alla creazione di Rebarba, una Barbera d’Asti affinata con la tecnica dell’armonizzazione musicale.  «Il maestro Vessicchio – racconta Porzio - ha prima fatto una prova su una nostra bottiglia di Barbera e abbiamo visto che il vino armonizzato con la sua musica era più morbido e piacevole. Così abbiamo sposato questo stravagante, innovativo e divertente progetto. Da alcuni anni il maestro viene regolarmente in cantina ad armonizzare le botti colme di Barbera».  Nella vendemmia 2021 si aggiunge anche un altro tassello al progetto Rebarba con l’uscita di una Barbera d’Asti vinificata con uve conferite da soci che coltivano in biologico.  In tutto la produzione annuale è attorno alle 10 mila bottiglie di cui 8 mila Rebarba Barbera d’Asti, 2 mila la versione biologica e altre 2 mila la Superiore.

IL VINO E L’ARMONIZZAZIONE IN MUSICA

Il maestro Vessicchio ha messo alla prova la sua teoria su una bottiglia di Barbera e il risultato è stato sorprendente: il vino armonizzato con la sua musica risultava più equilibrato e piacevole al palato. Da qui la decisione di sperimentare su scala più ampia, con il maestro che da allora visita regolarmente la cantina per armonizzare le botti colme di Barbera. Il trattamento viene spiegato direttamente da Vessicchio: «Dopo tre anni di risultati affermativi forniti da palati eccellenti in seguito a test dimostrativi, la tecnica di “armonizzazione” del vino promossa e attuata da me in collaborazione con Michele Carone e Andrea Rizzoli arriva nelle terre della Barbera d’Asti. Le nuove aggregazioni supra-molecolari indotte da questo affinamento chiamato Freman, FREquenze e Musica Armonico-Naturale, sono riscontrate come migliorative del prodotto sotto vari aspetti, anche quello della digeribilità. Questa nuova condizione è anche testimoniata da strumentazioni usate in ambito fisico».  Il compositore non è nuovo a questo genere di sperimentazioni: già in passato aveva utilizzato Mozart tra i filari per tenere lontani oidio e peronospora dalle viti di nebbiolo nel Roero. Ora si spinge oltre con dei complici d’eccellenza nel Monferrato, confermando un’altra convinzione di Lauzi: “I piemontesi sono brasiliani con la nebbia dentro”.  Il nome Rebarba è stato scelto dallo stesso Vessicchio: un anagramma di Barbera che richiama anche il suo celebre aspetto con barba folta. Anche l’etichetta riporta un disegno stilizzato che ricorda il volto del maestro.  

LE CANTINE POST DAL VIN

La Cantina Post dal Vin, fondata nel 1959, è un punto di riferimento per la produzione di Barbera d’Asti e altri vini piemontesi di qualità. Con 35 soci conferitori e circa 120 ettari di vigneti, produce ogni anno 90 mila bottiglie, selezionando le migliori uve per garantire standard qualitativi elevati. Situata a Rocchetta Tanaro, nell’Astigiano, la cantina ha una forte vocazione per la tradizione e l’innovazione. Il progetto Rebarba è un ulteriore passo avanti nella ricerca di metodi di produzione che esaltino le peculiarità della Barbera, portando il vino a un livello superiore di espressione e piacevolezza.  

VINI

Il grande protagonista di queste terre è il Barbera. Proprio da Rocchetta Tanaro, grazie all’audacia e alla visione imprenditoriale delle aziende vitivinicole locali, la Barbera ha conquistato i mercati internazionali, trasformandosi da semplice vino da pasto a un grande rosso di prestigio. Oggi, la sua piacevolezza e struttura raggiungono livelli di eccellenza. Ma queste terre non regalano solo straordinari Barbera: qui nascono anche altri vini tipici e DOC, sia rossi che bianchi, grappe di carattere e lo straordinario Spiritoso, il primo Barbera aromatizzato, perfetto come digestivo e sorprendente nell’abbinamento con dolci e formaggi.  

POST DAL VIN IN NUMERI

1959 anno di fondazione della cantina sociale 35 soci conferitori 120 circa ettari di vigneti 90 mila bottiglie 22 mila bag in box (3 e 10 litri) 2500 ettolitri di vino sfuso 1,5 milione di euro fatturato annuo

 

Fiammetta Mussio  

1985-2025: LE 40 VENDEMMIE DELL’AZIENDA VITIVINICOLA CIECK 

Oggi sono 15 ettari di vigneti nel cuore dell'Erbaluce, vitigno bianco antico e autoctono del Canavese. La scommessa vinta di Remo Falconieri, classe 1933 L’azienda vitivinicola Cieck festeggia le sue prime 40 vendemmie. L’azienda nasce nel 1985 a pochi chilometri da San Giorgio, ad Aglié. All’inizio fu un gioco. Voleva essere una piccola Casa spumantiera. Remo, classe 1933, figlio di contadini e progettista di macchine da scrivere all’Olivetti, fa un viaggio in Francia per imparare a fare lo spumante. Nel 1985, inizia con pochi ettari di vigneto e la prima vinificazione: poco più di 2500 bottiglie di Erbaluce Metodo Classico. Entrò in commercio nel 1987. Fu l’esordio dell’azienda Cieck che porta il nome della vecchia cascina di Aglié dove prese avvio l’attività. Ora la cantina si è trasferita in località Castagnola a San Giorgio Canavese, tra Torino e Ivrea. Coltiva 15 ettari di vigneti. È quasi tutto Erbaluce, vitigno bianco antico e autoctono del Canavese. Il resto sono sempre vitigni autoctoni: Nebbiolo, Barbera, Neretto, Freisa. La particolarità di questa zona sono i vigneti a pergola, ovvero un sistema di allevamento che crea appunto degli ampi pergolati in vigna. L’uva si vendemmia raccogliendo i grappoli in alto.   

Chi è Cieck Cieck sono in tre: Domenico Caretto è l’agronomo e si occupa dei vigneti e della cantina; Lia Falconieri si occupa dell’amministrazione, della parte commerciale e della comunicazione; Remo Falconieri, il fondatore, «l’Archimede delle bollicine» come lo battezzò Carlin Petrini, a 80 anni e più, ogni giorno alle 8 del mattino è il primo ad arrivare in cantina. La cantina si avvale della consulenza esterna dell’enologo Gianpiero Gerbi. Ora ha anche un giovane enologo interno Tommaso Scapino.    Vigneti con l’anima Ogni vigneto ha un nome, un’anima, una storia. Il più antico è il Misobolo che oggi è il nome di un Erbaluce. Qui c’è ancora una vite a piede franco che ha quasi un secolo di vita. Fu impiantata prima dell’attacco di filossera di inizio 900. La custodiscono con cura. Misobolo è un nome catastale storico del paese: vi si trova un santuario dove è seppellita Teresa Belloch, cantante lirica, musa di Giocchino Rossini. Qui produceva l’uva a fine 800 Pietro Falconieri, trisavolo di Lia. Affascinato dal metodo Martinotti, appena nato, provò a farlo anche lui con una botte molto robusta.

Era il «vin sfursà» che si teneva a fermentare spontaneamente nella botticella fino alla settimana di Pasqua quando era tempo di toglierlo dalla botte e berlo. Poi ci sono il vigneto Brajassa della Mariuccia, la zia di Domenico; il vigneto Castagnola; il vigneto Cascinetto; il vigneto Biaulej (delle Betulle). I vigneti di Freisa sono di Carlin, papà di Domenico. Continuano a coltivare per affetto anche due piccoli filari di pinot grigio di nonno Giacomo.   Vigneto Misobolo: sono i filari storici. Dal 1990 è il nome di un Erbaluce. Oggi viene rivendicata la menzione vigna. Circa 1,8 ettaro.  Vigneto Brajassa: era di proprietà della signora Mariuccia, la zia e madrina di Domenico. Più di un ettaro di Erbaluce.  Vigneto Castagnola: i filari che abbracciano la cantina nuova. Poco meno di un ettaro impiantato a Erbaluce. Vigneto Cascinetto: è un piccolo vigneto piantato da Marilena e Remo, appena dopo le nozze nel 1968. Era tutta Erbaluce. Marilena ancora oggi beve solo vino bianco.  Vigneto Biaulej (delle Betulle): filari di nebbiolo, neretto e erbaluce  

La nuova cantina nasce nel 2013 nel cuore dei filari di Erbaluce, in un vigneto già di proprietà dell’azienda a San Giorgio Canavese. Un progetto moderno, tecnologico e green insieme, per venire incontro alle nuove necessità dell’azienda e alle esigenze di risparmio energetico. Ci sono pannelli solari per la produzione di acqua calda, un impianto di fitodepurazione per il trattamento delle acque reflue in cantina, il riciclo dell’acqua piovana per il riutilizzo in cantina nella pulizia dei mezzi agricoli.  VASCHE: la zona di fermentazione è dotata di vasche in acciaio inox moderne termo-condizionate. Tutte le fermentazioni dei vini avvengono a temperatura controllata. La cella frigo serve per la conservazione delle uve in vendemmia in condizioni di caldo estremo. All’occorrenza può essere riscaldata per avviare la fermentazione malolattica nei vini rossi. CANTINA DI AFFINAMENTO: qui avviene lo stoccaggio degli Spumanti Metodo Classico che riposano sui lieviti per molti mesi, e dei vini rossi che necessitano di affinamento. Vengono utilizzate barriques e tonneaux per l’affinamento dei vini bianchi, rossi e passiti. Le bottiglie di Metodo Classico vengono messe nelle pupitres dove si fa il remuage manuale ovvero la rotazione periodica delle bottiglie capovolte perché il sedimento si depositi sul tappo. 

PASSITAIA: è la stanza dove avviene il processo di appassimento delle uve Erbaluce che diventeranno Alladium. L’appassimento è naturale, senza alcuna forzatura. Viene utilizzata ancora una tecnica tradizionale risalente all’800: i grappoli vengono selezionati e appesi a uno a uno su appositi telai. Questo permette una ventilazione dei grappoli maggiore e li preserva dallo sviluppo di muffe e batteri nocivi senza ostacolare l’azione della botritis, la muffa nobile, che caratterizza il passito. I grappoli restano lì per 4-5 mesi, da settembre a gennaio/febbraio. Poi gli acini vengono diraspati e pressati delicatamente. La prima fermentazione avviene in acciaio, poi il passito riposa per almeno 5 anni in piccole botti di rovere francese e di Slavonia. Le barrique permettono una buona ossigenazione, ma occorre ricolmare periodicamente perché il legno assorbe molto prodotto.  Il territorio La terra del Canavese ha avuto origine dal Ghiacciaio Balteo che trascinò dalla Valle d’Aosta un terreno ricco di numerosi minerali. Ebbe così origine l’Anfiteatro Morenico di Ivrea, diviso a metà da un fiume: la Dora Baltea. Le varietà di minerali si ritrovano nel vino prodotto in queste terre ed è anche la peculiarità dei vini Cieck.


 

TERROIR: Le peculiarità dei vini Cieck sono collegate alle caratteristiche del clima e dei terreni dove sono impiantati i vigneti. La culla e la casa della denominazione Erbaluce di Caluso è rappresentata dall’Anfiteatro Morenico di Ivrea, nato dal ghiacciaio discendente dalla Valle d’Aosta durante il Pleistocene. I suoli si formarono dai detriti che furono trasportati e collocati dal ghiacciaio tra 900.000 e 19.000 anni fa, durante dieci periodi glaciali. Il suolo così formato è ricco di scheletro e costituito principalmente da sabbia, sassi e ciottoli. La valle della attuale Dora Baltea è l’unica a essere scavata attraverso tutte le grandi placche tettoniche delle Alpi. Per questa ragione l’Anfiteatro Morenico di Ivrea mostra una varietà di minerali più ampia rispetto a altri anfiteatri delle Alpi, con una ricca presenza di rocce metamorfiche sia silicatiche che carbonatiche. Questa particolare ricchezza di minerali conferisce ai vini una sapidità particolarmente ricca di sensazioni minerali.

L’ANFITEATRO MORENICO DI IVREA: Visto più in dettaglio, l’Anfiteatro Morenico di Ivrea è formato da rilievi bassi in forma di altopiano soprattutto sul versante meridionale: si coltiva Erbaluce tra 200 e fino a oltre i 500 metri sul livello del mare. Le zone vitate sorgono su terreni acidi e sciolti, di matrice molto recente e con buono scheletro, composti di sabbia, ciottoli e pietre e in minima parte di limo e argilla. Sono terreni poveri che stimolano poco la crescita della pianta. Tuttavia man mano che le radici delle viti si approfondiscono trovano negli strati inferiori terreno più ricco, in alcuni casi anche con discrete percentuali argillose. I vitigni autoctoni

L’ERBALUCE: Le prime notizie del vitigno Erbaluce risalgono al 1606, menzionato da Giovan Battista Croce, gioielliere presso il duca Carlo Emanuele I, con il nome di «Elbalus». Riguardo alle sue origini, nel corso del tempo si sono formulate varie ipotesi: la prima è che discenda del Greco di Bianco e sia giunto in Canavese al seguito dell’esercito Romano dopo essere Partito dalla Tessaglia e transitato in Magna Grecia. La seconda è che la sua antenata sia una varietà di Clairette Blanche francese (diffusa in Cote du Rhone), e sia quindi imparentato con l’Airen spagnolo e il Rhoditis Greco, e sia poi giunto in Canavese nel periodo di Carlo Magno. L’ultima ipotesi, la più accreditata, è che si tratti di un vero vitigno autoctono canavesano, legato all’uva Rhaetica o Raetica, già citata all’epoca di Plinio il Vecchio (I sec. d.C.). Il bel nome antico del vitigno, Albalux, pare derivi dal colore che assumono gli acini in autunno: i riflessi rosati e caldi si fanno più intensi, ambrati, nelle parti esposte al sole.

L’Erbaluce è uno dei vitigni più versatili: dà origine a tre tipologie distinte di vino nell’ambito di una stessa denominazione: vino bianco fermo, spumante metodo classico e passito. L’erbaluce ha la capacità di accumulare zuccheri fino a medie concentrazioni mantenendo un tenore acido notevole. L’elevata acidità naturale consente di ottenere un’ottima base spumante e dà ai vini la capacità di invecchiare. È inoltre ricco di estratto, ha potenziale alcolico medio basso, pochi aromi liberi, ma diversi precursori di aroma. L’erbaluce ha una buccia spessa, croccante, resistente. Lo spessore della buccia comporta una buona resistenza agli attacchi fungini e un ottimo sviluppo in un ambiente umido come quello del Canavese e consente ottimi risultati con la pressatura diretta, necessaria per realizzare un’ottima base spumante. Il grappolo inoltre si presenta mediamente spargolo, consentendo ottimi risultati con l’appassimento. Il riconoscimento della denominazione avvenne nel 1967: fu tra i primi vini italiani a essere tutelato. Il riconoscimento della Denominazione di origine controllata e garantita è avvenuto con Decreto dell'8 ottobre 2010, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 248 del 22.10.2010.

IL VIGNETO ERBALUCE: Il vigneto di Erbaluce è tradizionalmente un vigneto coltivato in forma di pergola. La pergola Canavesana o pergola di Caluso è a falda piatta di altezza compresa tra i 180 e i 200 cm. Il sesto di impianto medio è di 4 metri per 2 metri, che porta a una densità di impianto di 1300 piante per ettaro. La potatura tradizionale è detta «a tre punte» con tre capi a frutto con 10 gemme all’estremità. Vi è uno sperone, un capo a frutto, un capo a frutto di 2 anni e infine un terzo capo a frutto su un tralcio di tre anni. Questo sistema comporta che tutte le principali operazioni in vigneto, potatura, potatura verde e vendemmia debbano svolgersi a mano. LA

LEGGENDA DELLA NINFA ALBALUCE: Esiste anche una leggenda sull’origine dell’Erbaluce. Si narra che le colline moreniche formate dai ghiacciai fossero un tempo abitate da Ninfe. Un giorno la Ninfa Alba vide il Sole e s’innamorò. Un amore impossibile perché i due innamorati non potevano incontrarsi. Fu così che la Luna decise che, al sorgere del Sole, non avrebbe abbandonato la volta celeste, permettendo al Sole di raggiungere di nascosto la terra per incontrare la sua amata Ninfa Alba. Da quell’eclissi, nacque Albaluce, una meravigliosa creatura dalla pelle di rugiada, capelli lucenti e occhi azzurri. Così bella che divenne oggetto di venerazione finché le risorse del lago non bastarono più, e fu necessario ricavare nuova terra da coltivare. Si scavò un grande canale per far defluire le acque del lago ma le acque travolsero tutto, seminando morte. La ninfa Albaluce pianse per il dolore. Le sue lacrime, toccando terra, diedero in dono una vite con grappoli di succosa uva bianca. Nacque così l’Erbaluce. 

IL NERETTO DI SAN GIORGIO: Il Neretto di San Giorgio (Nerèt ‘d San Giors) è un vitigno coltivato da molti secoli nel Canavese, in particolare nelle zone di San Giorgio, Bairo e Valperga. Un tempo molto diffuso, oggi la sua coltivazione è ridotta a pochi ettari: la sua produttività modesta e incostante, quindi poco redditizia, ne ha causato l’abbandono in favore di vitigni più produttivi. Si tratta di uno dei vitigni autoctoni più particolari. Non somiglia a nessun altro vino piemontese: rustico, erbaceo, con pochi tannini che lo rendono elegante e adatto all’invecchiamento. Il professor Vincenzo Gerbi lo definisce “un vino di profilo sensoriale più internazionale e meritevole di un’adeguata valorizzazione”. La storia del Neretto è stata ricostruita dalla studiosa Enza Cavallero. Sui vini del Canavese, scrisse per primo Sante Lancerio, bottigliere del papa Paolo III Farnese all’inizio del XVI secolo. Di vitigni e non solo di vini scrisse, nel 1606, Giovanni Battista Croce, gioielliere di corte Savoia, indicando il Neretto fra le uve nere che crescevano “nella montagna di Torino”. Nel 1796, anche il conte Giuseppe Nuvolone, vice direttore dell’Accademia di Agricoltura di Torino, cita quest’uva. Ma bisogna attendere il 1833 per veder descritti accuratamente i vari Neretti del Canavese, opera del medico Lorenzo Francesco Gatta. Il Neretto di San Giorgio oggi è iscritto al Catalogo Nazionale delle Varietà di Viti e si può coltivare nelle province di Torino e Vercelli. È anche conosciuto con i sinonimi dialettali di ‘d Romen, Neretin, Pcit.   

IL VITIGNO NERETTO: Il Neretto è un vitigno che ha un ottimo sviluppo vegetativo, per questo necessita di forme di allevamento espanse e di una potatura lunga e ricca. Tuttavia, la produttività del Neretto non è mai molto elevata, soprattutto quando le vigne sono giovani o nelle annate più complesse, generalmente quelle in cui piove molto ai tempi della fioritura. È un’uva di ottima maturazione, poco acida e bene equilibrata. La maturazione del Neretto è media o medio-tardiva, contemporanea a quella dell’uva Barbera. A maturità, il grappolo è di medie dimensioni, cilindrico, compatto; il peduncolo ha media lunghezza. L’acino è medio/grande, ellissoidale, con una buccia abbastanza spessa e ricca di pruina, dal caratteristico colore blu/nero dalle sfumature grigiastre.

LA LEGGENDA DELLE MASCHE: A quanto pare, nella cantina dei Ciech, come ai tempi si chiamava l’azienda, giravano donne che avevano fama di essere delle masche, le streghe che vivono nelle campagne e nei boschi piemontesi. Queste masche abitualmente, nel pieno della notte, si trovavano con il diavolo, tra i filari e la nebbia, per consumare momenti di passione che lasciavano i segni nel terreno. È proprio per coprire questi segni che le masche piantavano viti di Neretto, un’uva scura, elegante e polposa, che davano origine a vini di grande carattere e corpo.   Fivi Cieck è iscritta alla Fivi, la Federazione italiana vignaioli indipendenti, che riconosce come valore le aziende che hanno una filiera vitivinicola: l’uva che parte dal vigneto e arriva in bottiglia. www.fivi.it    Associazione Nazionale Le Donne del Vino Lia è una Donna del Vino. Fa parte dell’Associazione nazionale che riunisce oltre 1200 imprenditrici. Nata nel 1988, conta tra le sue associate produttrici, ma anche ristoratrici, enotecarie, sommelier e giornaliste.  www.ledonnedelvino.com

 

Fiammetta Mussio

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