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Mercato del Vino
EVOLUZIONE E POSIZIONAMENTO METODO CLASSICO
Alta Langa, Franciacorta e Trento doc sono chiamate a un posizionamento al top, fondamentale nel gestire una produzione limitata. Per fatturato solo Ferrari è oltre i cento milioni, Cà del Bosco e Bellavista sono competitive mentre Enrico Serafino e Contratto sono realtà di nicchia.
La qualità del metodo classico italiano ormai è cosa nota e confermata da premi, voti e mercato.
Ora però, con l’arrivo di Richard Geoffry da Bellevista e di Cyril Brun da Ferrari, c’è la percezione che un nuovo passo sia stato compiuto, in quanto attrarre rispettivamente l’artefice dell’ultimo trentennio di Dom Perignon e l’autore del rilancio di Charles Heidsieck significa aver ridotto la distanza dai maestri d’Oltralpe. Ecco, quindi, che sono sempre di più le realtà che decidono di affrontare la sfida del metodo classico.In Piemonte, per esempio, i produttori del Consorzio Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani vorrebbero creare una denominazione di metodo classico a base nebbiolo, mentre un po’ più su, in Alta Langa, entro il 2025 la superficie destinata alla Docg aumenterà di 220 ettari, arrivando a 598 ettari totali.
Numeri che però sono infinitesimali se confrontati con quel category killer che è lo champagne.
Così, sapendo che al di là delle Alpi nel 2022 sono state vendute più o meno 326 milioni di bottiglie, alle quali si aggiungono anche quelle prodotte dai non concorrenti Prosecco (635 milioni) e Asti Docg (103 milioni), ecco che le circa 37 milioni prodotte dal metodo classico italiano diventano quasi marginali. Soprattutto in termini di competitività: sia per riguarda i prezzi, laddove ce ne sia l’esigenza, sia per il presidio del mercato, considerando che la quota export è poco oltre il 10 per cento. Detto questo, e guardando all’ultimo quinquennio, il fattore crescita resta comunque un punto fermo considerato come le 28,4 milioni di bottiglie del 2018 sono diventate le già citate 37 milioni.
Un percorso guidato dalle tre denominazioni più importanti, dove la Franciacorta è sugli scudi con oltre 20 milioni di bottiglie, stabile sul 2020 ma a +15,4% sul 2018.
A seguirla c’è il Trento Doc con 13 milioni di bottiglie, a +8% sui 12 mesi precedenti e +35% rispetto a cinque anni fa.
Per ultima arriva l’Alta Langa che, oltre a essere la denominazione più giovane, (la Doc è del 2002 e la Docg del 2011) è anche la più piccola. Nel 2022 infatti non si è andati oltre le 3 milioni di bottiglie, che sono le stesse dell’anno scorso ma rappresentano il +131% sul 2018.
Pambianco Francesca Magrotti Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
OSSERVATORIO UIV-VINITALY: MAI COSÌ TANTO VINO IN CANTINA DAL 2000 A OGGI. DOP A +10%
MERCATO EXTRA-UE IN CONTRAZIONE. L’ANALISI E LE CONTROMOSSE DI UIV E VINITALY
Record di stock in cantina a fine luglio ed export verso i Paesi extra-Ue in peggioramento – specie negli Stati Uniti – per le imprese italiane del vino. Lo rileva l’Osservatorio Uiv-Vinitaly che ha elaborato i dati di Cantina Italia (Masaf) sulle giacenze e i numeri sulle vendite nei Paesi terzi relative al 1° semestre di quest’anno secondo le ultime rilevazioni delle dogane.
Secondo l’analisi Uiv e Vinitaly, la vendemmia 2023 si apre con una giacenza di vino in cantina pari a 45,5 milioni di ettolitri, l’equivalente di oltre 6 miliardi di potenziali bottiglie da 0,75/litri. Il dato riflette un’eccedenza dello 4,5% rispetto al pari periodo dello scorso anno a causa in particolare di un incremento senza precedenti degli stock per i vini di maggior qualità, con le Dop a +9,9% sull’ultima rilevazione pre-vendemmiale del 2022. L’altro indicatore di mercato – aggiunge l’Osservatorio – è anch’esso complicato, con la domanda extra-europea segnalata nel primo semestre in ulteriore contrazione. Tra i top 10 buyer – che assieme rappresentano circa l’85% del mercato extra comunitario – le esportazioni a volume sono positive solo per la destinazione russa, con cali quantitativi in doppia cifra per Stati Uniti, Canada, Giappone, Norvegia, Cina e Corea del Sud. Complessivamente la riduzione tendenziale nella prima metà dell’anno segna un -9% a volume e un -5% a valore, con gli spumanti giù del 13% e i fermi imbottigliati inchiodati a -5%. Per entrambe le tipologie, il trend a valore indica un gap del 4%, ma mentre per gli sparkling l’aumento del prezzo medio è in linea con il surplus dei costi produttivi (+10%), lo stesso non si può dire per i fermi (+1%).
Per il presidente di Unione italiana vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi: “Sulla prossima vendemmia - la cui paventata forte contrazione è ancora tutta da verificare – pesa una congiuntura che si sta manifestando in tutta la sua complessità. Comprendiamo la volontà da parte delle nostre imprese di mantenere le quote di mercato, ma abbassare i prezzi – come per esempio con i rossi sfusi in Germania, che stanno scendendo verso le quotazioni spagnole a circa 50 centesimi/litro - rischia di diventare un pericoloso boomerang una volta fuori dalla crisi di potere di acquisto che coinvolge anche i nostri competitor. A tal proposito – ha concluso Frescobaldi – il fenomeno crescente dei prodotti a private label e gli imbottigliamenti del nostro vino fuori dall’Italia contribuiscono all’erosione del valore aggiunto”.
Per l’ad di Veronafiere, Maurizio Danese: “L’Osservatorio aveva previsto un 2023 difficile, ciò si sta verificando nonostante l’economia globale abbia per ora tenuto lontano buona parte delle nubi recessive. Ciò che può fare Vinitaly è intensificare la costruzione di ponti commerciali con l’estero, in particolare nelle relazioni con i mercati extra-Ue, a partire da quello americano dove saremo partner della Camera di Commercio di Chicago per l’International Wine Expo. Da settembre a dicembre abbiamo infatti in programma una nuova campagna di internazionalizzazione con 25 appuntamenti in 15 Paesi e 4 Continenti. Da una parte per rifinire ulteriormente l’incoming per la prossima edizione veronese, dall’altra per garantire b2b direttamente sulle piazze estere”.
Il 12 settembre Assoenologi, Ismea e Uiv rilasceranno le proprie previsioni vendemmiali in conferenza stampa al ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare.
Marta De Carli (393.4554270 – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)
SPUMANTI (OSS. UIV-VINITALY): 2022 CHIUDE A 1 MLD DI BOTTIGLIE (+4%). IN ITALIA VINCE LA “DESTAGIONALIZZAZIONE” DEI CONSUMI DI BOLLICINE
Chiude di nuovo in crescita e sfiora quota 1 miliardo di bottiglie (978 milioni) la produzione di spumanti italiani nel 2022. Lo rileva l’Osservatorio Uiv-Vinitaly, che ha elaborato i dati di imbottigliamento raccolti presso gli Organismi di certificazione. Il dato segna un leggero aumento (+4%) rispetto a uno strabordante 2021 (+25%), con i comuni e varietali (+10%) che fanno meglio degli sparkling Doc-Igp (+3%, 807 milioni di bottiglie). A livello territoriale, l’85% dello spumante italiano Dop-Igp ha origini venete (683 milioni di bottiglie), poi Piemonte (9% e 72 milioni), Lombardia (3% e 24 milioni), Trentino (2% e 16 milioni) ed Emilia-Romagna (1% e 7,4 milioni).
MERCATO INTERNO
Il consuntivo 2022 sulle vendite in Italia chiude a +1% (284 milioni di bottiglie consumate), di cui -3% sul circuito retail e +5% su quello ristorazione-bar. Una performance comunque da non sottovalutare, anche se i veri vincitori in Gdo risultano gli Charmat non Prosecco, in forte crescita in generale (+13%), ma soprattutto al discount (+22% annuo). I consumi interni di spumante hanno raggiunto un completo livello di maturità: nel 2022, la quota sul totale vino si è attestata al 13,5% (era al 9% nel 2015), con il Prosecco al solito grande protagonista delle vendite con il 44% di quota volume.
“In Italia – ha detto il segretario generale di Unione italiana vini (Uiv), Paolo Castelletti – si va sempre più affermando un nuovo modo di consumare spumante: storicamente i consumi nel nostro Paese sono concentrati nel periodo natalizio, con il solo mese di dicembre che fino al 2015 faceva il 40% del totale. Negli ultimi anni, vi è stato invece un allargamento graduale dei consumi anche agli altri periodi dell’anno: in quello estivo, dove è arrivato a sfiorare il 30%, ma anche nel periodo dal post-Natale alla primavera, in cui la quota dei consumi supera il 30%”.
Fa meglio l’export, che conferma il ruolo trainante degli spumanti italiani in favore di tutto il comparto. Nel 2022 l’Italia ha esportato 5,2 milioni di ettolitri di spumante, in aumento del 6% rispetto al 2021, di cui 3,7 milioni di Prosecco (+6%) e 461.000 di Asti (+9%). Forte incremento dei valori esportati, superiore al 19% per il totale categoria per un controvalore di 2,2 miliardi di euro. Il Prosecco rimane locomotiva dell’export (+22% a valore, 1,6 miliardi di euro) ma cresce bene anche l’Asti Spumante, che vola a +16% e 168 milioni di euro di vendite.
Per l’amministratore delegato di Veronafiere, Maurizio Danese: “Rispetto al 2010, il valore delle esportazioni sparkling tricolori è cresciuto di quasi il 400%, con l’ascesa del Prosecco che rappresenta un caso di scuola anche per altri settori del made in Italy. Nel 2022 gli spumanti italiani hanno raggiunto 168 destinazioni: una dimensione sempre più globale che si riflette sulla scala della rappresentatività internazionale al Vinitaly, con il record di top buyer ospitati quest’anno e una manifestazione fortemente orientata al business”.
Oggi – rileva l’Osservatorio Uiv-Vinitaly – lo spumante pesa per il 24% volume sul totale export, quota che solo nel 2015 era del 14%, e addirittura del 7% nel 2010. Oggi le bollicine sono il primo prodotto esportato in piazze chiave come UK (44% di quota contro il 9% del 2010), Francia (49% contro 12%), Russia (44%), Belgio (39% contro 17% di 12 anni prima), Austria (33%). Negli Usa, primo mercato a valore, gli spumanti con una quota di mercato del 33% sono dietro solo ai bianchi (36%) ma davanti ai rossi (24%). Solo sette anni prima, le bollicine stavano al 17% contro 45% dei bianchi e 30% dei rossi.
Marta De Carli
OSSERVATORIO PAMBIANCO COMPARTO WINE: TOP 15 PER FATTURATO e PRINCIPALI M&A
L’Osservatorio Pambianco presenta l’analisi delle top 15 aziende del settore wine per fatturato e registra che, nonostante l’onda lunga del Covid, la guerra in Ucraina, l’impennata del costo dell’energia e delle materie prime e un’inflazione fuori controllo, il 2022 è andato meglio del previsto.
Le grandi aziende del Made in Italy vitivinicolo non solo hanno respinto le difficoltà ma sono anche cresciute, tratteggiando un comparto in grado di aumentare il proprio volume d’affari. Se si considera la sommatoria dei fatturati, infatti, la crescita media è stata del 9%, passando da poco meno di 3,9 miliardi di euro a poco oltre i 4,2 miliardi.
Francesca Magrotti
VINO (OSS. UIV-ISMEA-VINITALY): EXPORT VINO 2022, RECORD IN VALORE +9,8% (7,9 MLD DI EURO), VOLUMI PIATTI -0,6%
MERCATO HA RETTO AGLI AUMENTI, MA RALLENTA A FINE ANNO. DINAMICA DIFFICILE NEL 2023
- Usa (+10%) in testa nei valori, su anche Germania (+5%) e Uk (+10%). Exploit Francia (+25%)
- Volumi giù per i top 3 mercati (-4%)
- Surplus costi fa impennare prezzo medio (+11%) ma erode egualmente margini imprese
- Rallenta la crescita: nell’ultimo trimestre +4,8% valore e -3,2% volume
- Ancora bene gli spumanti (+6% volume), rossi fermi entry level in sofferenza. Bene quelli premium
L’Italia del vino sfiora il traguardo degli 8 miliardi di euro chiudendo l’export 2022 con un nuovo record commerciale:7,9 miliardi di euro di euro (+9,8%) a fronte di volumi piatti (22 milioni di ettolitri, -0,6%). Secondo l’analisi dell’Osservatorio Uiv, Ismea e Vinitaly, che ha elaborato i dati rilasciati oggi da Istat sui 12 mesi dello scorso anno, il mercato ha retto anche alle inevitabili quanto parziali variazioni dei listini, ma l’escalation dei costi di produzione ha abbondantemente eroso i margini della filiera in particolare per i prodotti entry-level e popular (fino a 6 euro al litro). Il risultato finale, vista anche la congiuntura, è senz’altro positivo per uno dei settori del made in Italy più virtuosi nella bilancia commerciale, che chiude in attivo di oltre 7,3 miliardi di euro. Rimane, rileva l’Osservatorio, la consapevolezza che il record commerciale sia senz’altro determinato da un doping dei prezzi, tanto necessario al fine di limitare l’erosione dei margini causata dal surplus dei costi, quanto pericoloso sul fronte dei consumi previsti per il 2023. Ultimo trimestre in forte rallentamento, con chiusura nei valori a +5% contro +19% di marzo, +11% di giugno e +12% di settembre, mentre i volumi si mantengono in scia negativa (a -3% medio da giugno, con il solo primo trimestre positivo). Tra i competitor, la Francia si conferma leader mondiale con 12,3 miliardi di euro (+11% valore e -5% volume) mentre l’Italia mantiene la posizione di primo fornitore a livello quantitativo e secondo in valore davanti alla Spagna (2,98 miliardi di euro, che chiude a +3,5% nei valori e -9% nei volumi).
MERCATI
Incrementano a valore tutti i principali mercati della domanda, a partire dagli Stati Uniti (+10%) che si confermano primo mercato export italiano con una quota di mercato del 23%. Seguono, tra i top buyer, la Germania (15% lo share), che sale del 5% a 1,2 miliardi di euro; poi Regno Unito (+10%), Canada (+11%), Svizzera (+3%) e una Francia in forte progressione (+25%). Diverso il quadro dei volumi, in calo o stazionari in tutte le principali destinazioni (Usa a -6%, Germania a -2%, Uk a -4%) a eccezione di quella transalpina (+16%, dovuto alla poderosa crescita del Prosecco, +20%). Ancora in caduta la domanda cinese, che chiude i conti a -28% sul fronte dei vini in bottiglia.
TIPOLOGIE
Tra le tipologie – rileva l’Osservatorio targato Unione italiana vini, Ismea - Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare e di Vinitaly – continua il forte traino degli spumanti che volano a +19% in valore (Prosecco a +22%) e confermano la positività sui volumi (+6%, di cui +6% Prosecco e +9% Asti Spumante), mentre faticano i vini fermi imbottigliati (-3% volume), con i rossi in sofferenza che chiudono a -4% volume e +4% valore, contro il +12% dei bianchi. In particolare, sui rossi, risultano in contrazione i volumi nelle fasce di posizionamento più basse (sotto i 3 euro), mentre tengono molto bene e anzi risultano in buona crescita i vini premium, in particolare piemontesi (+9%), veneti (+4%) e toscani (+6%). I frizzanti cedono il 7% in volume ma guadagnano il 6% a valore.
REGIONI
Per quanto riguarda la classifica regionale, con oltre 2,8 miliardi di euro di fatturato all’estero e una performance nei dodici mesi superiore alla media italiana (+13,4%) il Veneto rafforza la sua leadership sulle esportazioni tricolore, guadagnando una quota pari al 36% sul totale nazionale. Si confermano anche il secondo e terzo posto del podio, con il Piemonte in crescita rallentata (+4,6%, a 1,28 miliardi di euro) e tallonato dalla Toscana, che chiude in linea con i risultati nazionali (+10,4%, 1,25 miliardi di euro). A seguire le 3 regioni, responsabili complessivamente del 68,2% dell’export enologico made in Italy, il Trentino Alto-Adige (-1,1% il risultato tra gennaio e dicembre 2022) e l’Emilia-Romagna (+8,9%). Sul fronte delle performance nelle principali regioni enologiche, spiccano le accelerazioni di Friuli-Venezia Giulia (+39,7%), Marche (+25,9%) e Sicilia (+21%).
Marta De Carli (393.4554270 – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)