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DECRETO NATALE ESCLUSE DAI RISTORI LE ATTIVITÀ CON FATTURATI SUPERIORI A 5 MILIONI
ANBC: “BEFFA FINALE PER IL MONDO DEL CATERING, È NECESSARIO CORREGGERE IL TIRO!”
“Stando a quanto dichiarato dal Presidente del Consiglio in riferimento all’ultimo Decreto Natale, i ristori previsti per le imprese della ristorazione relativi al mese di dicembre fanno riferimento ai criteri usati nello scorso decreto Rilancio, e quindi non prenderebbero in considerazione le attività con fatturati superiori ai 5 milioni di euro. Vorrebbe dire escludere la gran parte di chi opera nel nostro settore. Non posso che definirla la beffa finale per il mondo del catering! - Questo il duro commento di Paolo Capurro, Presidente di ANBC, Associazione Nazionale Banqueting e Catering - Proprio pochi giorni fa abbiamo dichiarato quanto per noi il mese di dicembre sia fondamentale, contribuendo al 18% del totale annuo del fatturato, parliamo di 450 milioni su 2,5 miliardi, e in tutta risposta cosa accade? Veniamo praticamente esclusi dal provvedimento”.
“Quale sarebbe la nostra colpa? Avere fatturati mediamente più alti, pagare più tasse, creare più indotto e dare maggiore occupazione? Chiediamo a gran voce al Governo di ripensare al provvedimento e correggere il tiro così come fatto giustamente con il decreto Ristori - conclude Capurro - Non può essere il fatturato la discriminante per rientrare o meno nelle categorie che ricevono gli indennizzi dedicati, non è giusto! Così si decreta la fine del nostro settore e si preannuncia un futuro incerto per i lavoratori !”
Andrea Pascale
NATALE, FIPE-CONFCOMMERCIO: “CHIUSURE E RISTORI INADEGUATI
IL GOVERNO DIMENTICA RISTORAZIONE E INTRATTENIMENTO
Siamo alla vigilia delle Festività più tristi della storia moderna, durante le quali i pubblici esercizi italiani - bar, ristoranti, pizzerie, pub discoteche, attività di catering - sono chiamati a raccogliere i cocci di attività disastrate, abbandonati al loro destino da un governo insensibile agli appelli e alle richieste della categoria.
Le nuove limitazioni, infatti, incideranno pesantemente sui nostri già disastrati fatturati: abbiamo già perso oltre 33 miliardi su 86 complessivi (-38,38%) e gli annunciati ristori, in media 3mial euro ad azienda, risultano inadeguati e insufficienti a compensare singolarmente i danni. Col risultato di disperdere imprese, posti di lavoro e professionalità, fondamentali per due filiere strategiche per il Paese: agroalimentare e turismo. Con l’aggravante che, anche questa volta, ci si è dimenticato delle aziende di intrattenimento, in particolare e discoteche, chiuse da febbraio ed escluse da qualsiasi ristoro, anche parziale.
I Pubblici Esercizi italiani vogliono poter continuare a lavorare non per mettere a rischio i cittadini, ma per mettere in sicurezza un patrimonio imprenditoriale e sociale che contribuisce al futuro del Paese e non accettano la fastidiosa distinzione tra attività economiche essenziali e non essenziali, che finisce per oscurare la realtà.
Tutte le imprese sono essenziali quando producono reddito, occupazione e servizi e tutte le attività sono sicure se garantiscono le giuste regole e attuano i protocolli sanitari loro assegnati.
Questi provvedimenti offendono i 300mila pubblici esercizi italiani, chiusi da una politica che ha perso credibilità e capacità di funzionamento, perché evidentemente considerati attività insicure ed irresponsabili, nonostante su 6,5milioni di controlli effettuati sulle attività commerciali, ristorazione compresa, solo lo 0,18% ha subito una sanzione, secondo i dati del Ministero degli Interni.
Se il riferimento deve essere il "modello tedesco" più volte invocato per giustificare le misure restrittive, i ristori allora ad esso dovrebbero essere ispirati: indennizzo al 75% dei fatturati calcolato sui mesi di novembre e dicembre, riduzione dell'IVA al 5%, tutela degli sfratti, ad esempio.
Tommaso Tafi
COVID, FIPE-CONFCOMMERCIO: “PUBBLICI ESERCIZI: CRONACA DI UNA MORTE ANNUNCIATA”
“Per mascherare il suo fallimento nel contenimento del Covid-19, il governo ancora una volta decide di scaricare l’onere della riduzione del contagio sui pubblici esercizi, sottoposti da ottobre ad uno stillicidio di provvedimenti. Che si tratti di zone rosse o arancioni per noi significa una cosa soltanto: bar e ristoranti resteranno chiusi dal 23 dicembre al 6 gennaio. Un periodo che da solo vale circa il 20% del fatturato di un intero anno. In sostanza il governo, con questa decisione, se confermata, si assume la responsabilità di decretare la morte di un settore fondamentale per i valori economici e sociali che esprime. I Pubblici Esercizi non sono solo numeri; sono i volti e le mani dei gesti quotidiani, una componente simbolica e materiale della vita quotidiana degli italiani, dei loro ricordi e della via trascorsa insieme. E vorrebbero continuare a lavorare: lavorare non per mettere a rischio il Paese, ma per mettere in sicurezza un patrimonio imprenditoriale e sociale che contribuisce al futuro di tutti. Se fossero confermate le notizie di ulteriori limitazioni sarebbe la “Cronaca di una morte annunciata” perché senza adeguati e immediati ristori per tante, troppe aziende del settore sarà impresa impossibile reggere ai nuovi ingenti danni che le limitazioni determineranno. Rimangono nondimeno due sensazioni poco gradevoli. La prima, più generale, è quella di un Paese stanco, stanco di reagire, persino di capire che –spossato da incertezze e instabilità- sta perdendo il senso e la rotta. La seconda, che riguarda i Pubblici Esercizi, che è la perdurante impressione di uno spiacevole pregiudizio che lo accompagna, con la fastidiosa distinzione tra attività economiche essenziali e non essenziali che finisce per oscurare la realtà”.
Così Fipe-Confcommercio, Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, in una nota.
Andrea Pascale
NEL FUTURO DI CATTEL SPA ANCHE LA RISTORAZIONE SPECIALIZZATA E LE CATENE IN FRANCHISING
Mondo Ho.Re.Ca. Nel futuro di Cattel Spa anche la ristorazione specializzata e le catene in franchising
Dal ristorante con cucina casalinga a quello stellato, dal chiosco balneare al rifugio montano fino ad arrivare, negli ultimi tempi, alle catene della ristorazione organizzata e specializzata. Non si ferma neanche in periodo di Covid l’evoluzione di Cattel SpA, realtà che distribuisce prodotti food e no-food nel canale Ho.Re.Ca, diventata negli anni un punto di riferimento nel settore per il servizio dall’alto valore aggiunto e un portafoglio prodotti vasto e di eccellenza. Cogliendo ampi margini di crescita nell’area delle catene ristorative, decisamente meno sviluppate e diffuse in Italia rispetto ad altri paesi occidentali, l’azienda veneta – fondata e diretta da Gianfranco Cattel – in questi mesi di rallentamenti e instabilità si è attivata per raggiungere e rifornire anche i franchisee. Si è così sviluppata un’area di distribuzione parallela, sempre legata al mondo dell’Ho.Re.Ca e al core business dell’azienda, ma meno frammentata e mutevole.
I primi a cogliere l’opportunità di affidarsi ad un fornitore unico, trasversale, ma soprattutto competente, sono state alcune catene di sushi e di poke, in grande espansione e note per aver portato con successo in occidente rispettivamente la cucina giapponese e hawaiana. La prima si caratterizza per una base di riso bollito e aromatizzato, trasformato in polpettine generalmente guarnite con pesce crudo o cotto da intingere nella salsa di soia, mentre la seconda utilizza cubetti di pesce crudo che mixa con insalata, riso, salsa di soia e altri ingredienti tra cui frutta secca e fresca. Cattel ha messo in campo le alternative delle sue 7000 voci a catalogo e, in primis, il freschissimo pesce della private label Jesolpesca che garantisce una qualità di pescato eccellente e il totale controllo della filiera.
Ma non solo: il punto di svolta che ha reso Cattel il fornitore favorito è stata la capacità di fornire alle catene un semilavorato dal peso standardizzato, perfettamente porzionabile e rispondente a tutte le stringenti norme igieniche di lavorazione, di conservazione e trasporto. Perché un importante plus che Cattel è stata in grado di ottimizzare negli scorsi mesi di chiusure e riaperture è stato l’ampliamento della proposta di semilavorato, pronto per essere personalizzato dall’impronta dello chef o della catena. Un prodotto dall’alto contenuto di servizio, quindi, che servirà ancor più all’azienda veneta quando il mercato uscirà dall’attuale impasse per guardare più serenamente al futuro.
Mossa dalla volontà di estendere il business in contesti in linea con le attività aziendali anche la scelta di rifornire le pescherie. Si tratta infatti di negozi altamente specializzati, dalla forte connotazione rionale, che vivono sulla fidelizzazione della cliente e sull’alto valore del prodotto/ servizio offerto. L’organizzazione di Cattel SpA risponde perfettamente all’esigenza di questi retailer, sia in termini di qualità e freschezza del prodotto Jesolpesca sia per altri prodotti eventualmente distribuiti.
Saper cogliere le opportunità e sfruttare le competenze con serietà e lungimiranza. E’ scritto nel DNA di Cattel.
IL GIOVANE BOCCIONI
Numerose sono le mostre che negli ultimi decenni hanno indagato la figura e l’opera di Umberto Boccioni. Poche, tuttavia, sono quelle che hanno ripercorso con rigore scientifico la fase giovanile e formativa dell’artista calabrese, in cui lo studio del passato si lega alla volontà irrefrenabile di conoscere il presente e di sperimentare il futuro. A questo periodo – ricco di suggestioni – è dedicata la mostra Il giovane Boccioni, con la quale Galleria Bottegantica inaugura la stagione espositiva 2021.
Curata dalla storica dell’arte Virginia Baradel, tra i più accreditati studiosi di Boccioni prefuturista, la rassegna propone una accurata selezione di opere eseguite da Boccioni tra il 1901 e il 1909. Anni nei quali il pittore, allora ventenne, rafforza la sua vocazione artistica attraverso esperienze di studio condotte a Roma, Padova, Venezia e Milano, intervallate dall'importante soggiorno parigino del 1906 e dal successivo viaggio in Russia.
L’influenza delle diverse correnti figurative europee e l’interesse per la tradizione classica e rinascimentale, affiorano ripetutamente nelle opere del periodo e trovano, soprattutto nellaproduzione grafica, un valido laboratorio di analisi sperimentale, di invenzione e di verifica stilistica che Boccioni conduce in parallelo rispetto alla pittura.
Proprio al lavoro su carta la mostra dedica particolare interesse attraverso una selezione di disegni che coprono gli anni dell'apprendistato del giovane Boccioni. A un primo nucleo di opere – di forte impronta scolastica – risalente al periodo in cui fu allievo di Giacomo Balla e frequentò le scuole di disegno pittorico e di nudo a Roma, se ne affianca un altro – più copioso e diversificato – riconducibile agli anni immediatamente successivi, nei quali il tratto acquista sicurezza nel restituirci precise visioni architettoniche, ritratti curiosi – alcuni dei quali rasentano la caricatura – e figure umane di estrema sintesi formale. Anche le copie da museo appartengono a questo periodo di apprendistato.
Altro aspetto su cui la mostra focalizza l’attenzione riguarda le tempere commerciali che Boccioni dipinge in questi anni per ragioni perlopiù economiche.
La foga di apprendere e di affinare le propriecapacità artistiche caratterizza anche il periodo veneziano dell’artista, durante il quale sperimenta – sotto la guida del pittore Alessandro Zezzos – la tecnica incisoria, i cui esiti, davvero interessanti, sono ben documentati nella rassegna milanese.
Il percorso espositivo della mostra si conclude – come del resto quello formativo dell’artista – con il trasferimento di Boccioni a Milano, nel settembre del 1907. L’interesse per le opere di Giovanni Segantini, Carlo Fornara e di Gaetano Previati – ammirate pochi mesi prima alla Biennale di Venezia –, orientano il giovane verso la ricerca di uno stile capace di conciliare la modernità positivista con l’idealità nell’ambito dell’illustrazione e della cartellonistica. La coeva produzione pittorica trova espressione in piccole vedute di paesaggi lombardi che dimostrano tuttavia un superamento della trama impressionista ancora presente nelle tele di periodo veneziano. Nel versante del ritratto, dove il pennello diventa febbrile nella sua urgenza di restituire sulla tela la singolarità di un volto, di una espressione o di un carattere.
In mostra questi temi sono testimoniati da opere di pregio, come Paesaggio lombardo e La madre malata del 1908. Altre documentano invece la parentesi simbolista del 1908-1910, che trova ne Il lutto il suo esito più straziante e esoterico. Altrettanto interessanti sono i bozzetti per il manifesto dell’Esposizione di pittura e scultura promossa dalla Famiglia Artistica a Brunate (maggio-giugno 1909): sintesi perfetta delle diverse cifre stilistiche fin qui acquisite da Boccioni, dal divisionismo, alla pennellata larga e sintetica di matrice postimpressionista, agli echi del modernismo.
Accompagna la mostra un importante catalogo, edito da Bottegantica edizioni, con contributi di Virginia Baradel, Ester Coen e Niccolò D’Agati, regesto dei disegni e delle grafiche a cura di Niccolò D’Agati.
IL GIOVANE BOCCIONI
Milano, Galleria Bottegantica
5 marzo | 5 maggio 2021
Orari: da martedì al sabato 10-13; 15-19
Ingresso libero
Info: (+39) 02 62695489 - (+39) 02 35953308
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Ufficio Stampa
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
Tel. 049 663499
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