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IL PANE, ALIMENTO DI VITA
Gallo Rosso a sostegno dell’antica arte della panificazione contadina
L’espressione “tenere a pane e acqua” è emblematica per riflettere sull’importanza fondamentale che il pane riveste da sempre nella vita dell’uomo. Il modo di dire infatti, anche se è associato spesso ad una punizione rivolta in passato ai carcerati, rivela come il pane sia l’alimento fondamentale per la sopravvivenza, l’essenziale, ciò che realmente serve per nutrirsi. E l’essenziale è fatto di farina e acqua.
Il pane ha origini antichissime, se ne parla nella Bibbia, ma in realtà esistono testimonianze di alcuni resti ritrovati nelle caverne in era preistorica. Di certo non si trattava del pane come lo si conosce oggi, ma piuttosto di una “pastella” composta da acqua e semi frantumati.
Esistono diverse leggende legate all’origine del pane, due delle quali appartengono al popolo egizio, che fu il primo a sperimentare diversi impasti e consistenze. Si narra infatti che il pane nacque un giorno in cui il Nilo, durante un periodo di piena, aveva bagnato dei sacchi di farina, da cui erano nati i primi impasti; l’altra leggenda racconta invece di una schiava egizia che, per far dispetto alla sua padrona, aveva aggiunto alla pasta del pane il residuo della preparazione della birra e questo aveva cominciato a fermentare.
L’importanza del pane è celebrata ogni anno con la Giornata Mondiale del Pane, che quest’anno si terrà il 16 ottobre. Per molti contadini altoatesini la panificazione, cioè il momento in cui si dedicano alla preparazione dell’impasto e alla sua successiva cottura, è un procedimento che svolgono con assoluta facilità, perché fa parte di una delle tante usanze che in Alto Adige vengono tramandate da generazioni.
I contadini per l’impasto dosano le quantità che hanno imparato dai genitori o dai nonni, utilizzando i semplici ingredienti a disposizione nel maso come l’acqua, la farina (di vari cereali) che spesso viene macinata nel mulino di proprietà, il lievito e diversi semi e spezie.
La cottura dell’impasto avviene quasi sempre nel forno a legna, che conferisce al pane una fragranza e una bontà uniche.
Il ritorno alle origini anche attraverso questa pratica è molto apprezzato, anche perché non vengono utilizzati agenti chimici e macchinari che semplificano il lavoro, ma sminuiscono la bontà, la genuinità e l’autenticità del pane che deve mantenere tutte le sue proprietà.
Alcuni masi Gallo Rosso offrono ai propri ospiti la possibilità di provare l’esperienza di preparare insieme il pane casereccio, come il Botenhof in Val Sarentino, il Thalhofer Hof a Chiusa e il Redenhof a Selva dei Molini; mentre altri masi hanno il loro pane tra i prodotti di qualità a marchio Gallo Rosso, acquistabile nei mercati, in diversi punti vendita oltre che nella bottega stessa dei masi.
A proposito di Gallo Rosso
Gallo Rosso è il nome del marchio che dal 1999 promuove e favorisce l’attività di oltre1.600 agriturismi in Alto Adige e che appartiene all’Unione Agricoltori e Coltivatori Diretti Sudtirolesi (Südtiroler Bauernbund). La classificazione dei masi che offrono alloggio (Agriturismo in Alto Adige) è organizzata in fiori, da 1 a 5; più alto è il numero dei fiori, più numerosi sono i criteri soddisfatti dalla struttura. Inoltre, l’Associazione sostiene il lavoro di oltre 100 masi che si dedicano alla ristorazione contadina (Masi con Gusto), all’artigianato autentico (Artigianato contadino) e alla produzione di prodotti gastronomici genuini (Sapori del maso). Sin dalle origini lo scopo principale di Gallo Rosso è sostenere i contadini dei masi nello sviluppo di attività da affiancare all’agricoltura. La filosofia dell’Associazione Gallo Rosso è “Avvicinare le persone allo stile di vita degli agricoltori altoatesini”.
Nadia Scioni
IL PATTO DI FILIERA DELL'OLIO DOP RIVIERA LIGURE 2018/2019
Prosegue il sostegno alla filiera olivicola – olearia ligure da parte del Consorzio di tutela dell’olio extravergine di oliva DOP Riviera Ligure. Il Consiglio di Amministrazione ha infatti deliberato il patto di filiera dell'olio DOP Riviera Ligure per l’imminente campagna olivicola. L’accordo prevede i medesimi contenuti del Patto precedente, benché ci si trovi al cospetto di un’annata che si annuncia particolarmente importante.
“Stiamo proseguendo nel percorso di costante crescita dei prezzi minimi del Patto in questi anni. È decisivo un paragone con l’ultima annata di assoluto rilievo, quella della stagione 2015/2016, che prevedeva il prezzo minimo di acquisto delle olive di € 18,00 alla quarta e di € 8,80 a kg per l’olio sfuso in attesa di certificazione e € 9,00 a kg per l’olio sfuso certificato. Rispetto a quell’annata memorabile, di fronte a quella entrante, si sono alzati i livelli minimi: di fatto sono stati portati a € 19,00 alla quarta e a € 9,80 a kg per l’olio sfuso in attesa di certificazione e di € 10,00 a kg per l’olio sfuso certificato. Tutto ciò a dimostrazione di quanto il Consorzio di tutela continui a credere in questo strumento che sostiene un'intera filiera produttiva” afferma il Presidente del Consorzio, Carlo Siffredi.
Deposito dei contratti di fornitura delle olive entro il 31 ottobre, fatture di olive e olio a prezzi superiori ai minimi stabiliti dal patto, pagamenti con bonifico bancario: ecco i capisaldi di uno strumento messo a disposizione degli operatori in uno spirito di solidarietà.
“Il patto di filiera è un valore aggiunto della nostra denominazione di origine. È un provvedimento che permette alle imprese di avere una garanzia tale da spingerle verso una crescita qualitativa e quantitativa del loro prodotto, autentico e unico vero presidio del nostro territorio" infine conclude il Presidente Carlo Siffredi.
Il documento integrale del Patto di filiera è scaricabile all’indirizzo http://www.oliorivieraligure.it/olio-notiziario/la-delibera-completa-relativa-al-patto-di-filiera-2018-2019.
L'ANIMA DEL VINO TOSCANO
Massimo Rustichini fa il bis. Dopo il successo della sua prima opera “Chi ha rubato l’anima dell’acqua?”, ha edito recentemente “L’anima del vino toscano”. Con quest’ultimo, Rustichini ha alzato il tiro. Oltre alla consueta e piacevole descrizione dei luoghi e dei personaggi che li animano, entra anche nella parte etica, produttiva e commerciale del mondo del vino.
Già il titolo è emblematico, toccando i vini di grandi e note aziende toscane, mettendoli in contrapposizione con i vini prodotti da piccole e medie aziende, con l’aiuto o meno, di enologi non celebri ma certamente validi. Con questo, l’autore non vuole dire che essi sono migliori, ma solo che sono l’espressione dei propri terroir. Quindi ben distinti tra loro. Partendo dalla Lunigiana, Rustichini tocca via via, tutte le tappe del tour dei grandi vini di Toscana.
Non solo. Li umanizza secondo chi li fa. Gran parte di essi, sono ancora da scoprire compiutamente. Alla mia domanda del perché nel libro non ci sia neanche la foto di un vino o di un produttore, mi rispose che dal suo minuzioso ma invitante racconto, il lettore avrebbe conosciuto molto meglio entrambi.
Mettendolo sul piano enoico, questo secondo racconto di Massimo Rustichini, è come un vino rosso di buona annata da centellinare lentamente, godendone il ricco e complesso bouquet, e l’armonica struttura del vino. Un volume da tenere sia nella nostra biblioteca che in cantina. L’augurio per l’amico Massimo? Cento di questi libri.
Virgilio Pronzati
Titolo: L’anima del vino toscano
Formato: 21 X 14,5
Pagine: 160
Prezzo: € 15
UNICA E SOSTENIBILE: LA PESCA DI LEONFORTE IGP SI RACCONTA
La presentazione presso la sede di AICIG a Roma
Una produzione annua di 800 tonnellate ne fanno una realtà “di nicchia” che si inserisce tra le IG food riconosciute. A livello europeo sono 1.407 di cui 296 solo in Italia tra DOP, IGP ed STG, tutte espressione di un forte legame con il territorio di origine
All’inizio fu adottato come sistema per proteggere il frutto da un inconveniente fitosanitario, oggi è divenuto il tratto distintivo di una produzione unica nel suo genere: la Pesca di Leonforte IGP si presenta e si racconta attraverso la sua particolare tecnica di coltivazione, oggi pomeriggio a Roma, presso la sede di AICIG, con il Presidente del Consorzio Pesca di Leonforte IGP Carmelo Salamone e il responsabile del Consorzio Domenico Di Stefano.
Un’eccellenza nella tutela della biodiversità e dell'identità territoriale, ma anche della sostenibilità ambientale: tre elementi che rendono la Pesca di Leonforte IGP un prodotto unico. Anche perché, la scelta di coltivare questo frutto avvolgendolo in un sacchetto di carta pergamena, è il risultato di una sperimentazione che dall’iniziale intento di proteggerlo dagli insetti in breve tempo si è trasformata in una soluzione ottimale e soprattutto sostenibile. Sia per l’ambiente, perché si elimina alla base l’utilizzo di pesticidi, sia a livello economico perché – proteggendo il frutto dagli agenti atmosferici – permette di salvaguardare il raccolto dalle intemperie del tempo e avere quindi minori perdite “sul campo”.
“Il sacchetto rappresenta per la Pesca di Leonforte IGP un tratto distintivo di qualità, bontà, genuinità e dolcezza – sottolinea il Presidente del Consorzio Carmelo Salamone – il fatto che sia una pratica particolarmente onerosa non rappresenta un deterrente: essa conferisce al frutto un sapore ed un profumo difficilmente riscontrabili in altri prodotti. Tale tecnica infatti, consente la raccolta in prossimità della maturazione ovvero quando i frutti hanno raggiunto un grado di dolcezza elevato e il residuo è praticamente pari a zero. La Pesca di Leonforte IGP comunque non è una sola – specifica il Presidente - ma sono tante antiche varietà locali che maturano da settembre fino a metà novembre. I frutti maturando tardi e nel sacchetto, assumono un colore giallo intenso con leggere striature rosse, profumatissime, con la polpa soda e dolce. La buccia cambia leggermente colore a seconda della varietà e dell’epoca di raccolta”.
“La Pesca di Leonforte IGP – aggiunge l’agronomo e produttore Ludovico Salamone – rappresenta il perfetto binomio tra genotipo ed ambiente e consente oggi di praticare un’agricoltura sana. Dove al primo posto vengono messi l’ambiente e il consumatore”.
La coltivazione di questo frutto avviene su aree pianeggianti e colline della Sicilia Centrale tra i 200 e i 1000 metri slm e che comprende Leonforte ma anche Assoro, Agira, Enna, Calascibetta. L’estensione della superficie su cui si oggi si coltiva la Pesca di Leonforte IGP è cresciuta, soprattutto dagli anni Settanta. Da quando, sulla scia della geniale intuizione di un imprenditore agricolo, si è iniziato a praticare questo lavoro certosino. I frutti ancora piccoli e verdi vengono infatti insacchettati a mano uno ad uno e chiusi con un sottilissimo fil di ferro; agli inizi di settembre i sacchetti vengono staccati dall’albero, si estraggono le pesche e si selezionano, ancora una volta a mano e ancora una volta una per una: si eliminano quelle con qualche difetto e quelle buone - selezionate in base al calibro - vengono destinate alla commercializzazione.
Qualche dato relativo a questa IG: la produzione media annua è di circa 800 tonnellate e di queste poco più della metà è destinata a diventare IGP. “A coltivarla – ha spiegato il responsabile del Consorzio Domenico Di Stefano - sono circa 20 produttori aderenti al Consorzio di Tutela, mentre la distribuzione avviene per il 90% in Italia soprattutto grazie a grandi catene della GDO, ed il restante 10% viene esportato soprattutto in Germania e a Dubai”
IL CONTESTO IG - Questo frutto, definito tardivo in quanto raccolto da settembre a novembre, si presenta come una delle espressioni di eccellenza di un sistema delle DOP e IGP che a livello europeo conta ben 1407 IG food, di cui 296 soltanto in Italia tra DOP, IGP e STG, alle quali si aggiungono 526 denominazioni DOCG, DOC e IGT relative ai vini e 38 IG spirits. Numeri che attribuiscono al Belpaese il primato in termini assoluti di prodotti agroalimentari a indicazione geografica riconosciuti dall'UE, testimonianza diretta del forte legame che essi conservano con il territorio di origine ma anche di come in realtà tutelando detta produzione si miri a tutelare l'economia di un preciso territorio e dare al contempo una garanzia di tracciabilità e sicurezza alimentare ai consumatori, oltre a tutelare l'ambiente, gli ecosistemi e le biodiversità.
IL CONTESTO GEOGRAFICO - La Pesca di Leonforte IGP è un prodotto ortofrutticolo che proviene dalla Sicilia, ovvero una delle cinque regioni più importanti d’Italia per i prodotti certificati a Denominazione di origine protetta e Indicazione geografica protetta. Sono infatti 32 le denominazioni, 17 DOP e 13 IGP e 2 STG che garantiscono a questa regione un primato nazionale, soprattutto tra i prodotti ortofrutticoli, per numero di oli d'oliva registrati dalla Comunità Europea e formaggi. Gli ettari di superficie regionale destinati alle produzioni IG food sono circa 18.000 ma la Pesca di Leonforte gioca il suo primato non sulla quantità, bensì sulla particolarità della sua coltivazione, espressione più autentica di una tutela della biodiversità e di una identità territoriale ben definita.
Ufficio Stampa Pesca di Leonforte IGP
Marte Comunicazione snc
LA FESTA DEL BACCALÁ
LA FESTA DEL BACCALÁ ritorna protagonista della guida “Ramazzotti il Gusto delle Sagre”. la guida che invita a conoscere le 20 sagre che meglio raccontano
il...gusto delle sagre,
quell’indescrivibile euforia attivata da emozioni, ricordi, tradizioni, convivialità.
Dal 23 al 29 Settembre a SANDRIGO (VI).
Si narra che il baccalà sia stato scoperto secoli fa solo quando i veneziani con le loro imbarcazioni naufragarono sulle isole di Lofoten e assaggiarono dagli abitanti del posto il loro “Stockfiss- stoccafisso” ovvero il merluzzo essiccato al sole. Gli scaltri
mercanti veneziani rendendosi conto della genialità di tale prodotto e lo portarono nella propria terra. Oggi, dopo secoli, Amaro Ramazzotti lo ha ‘portato’ all’interno della sua guida, “Ramazzotti, il gusto delle sagre”, riconfermando la Festa del Baccalà come una delle tappe più gustose del suo viaggio alla scoperta del sesto gusto, il gusto Ausano.
Dal 23 al 29 Settembre Sandrigo, la capitale del baccalà Vicentino, diventa punto d’incontro di migliaia di appassionati della buona tavola, una grande manifestazione durante la quale vengono consumati oltre 25.000 piatti di questa specialità e 100 quintali di questo mitologico pesce.
Tra i numerosi ospiti anche una delegazione che arriva direttamente dalla Norvegia (maggiori produttori mondiale di baccalà) con a capo il sindaco dell’isola Rost, da circa 20 anni gemellata con Sandrigo.
Il borgo per circa una settimana si trasforma in un paradiso gastronomico festante con concerti, spettacoli di intrattenimento e tanti artisti di strada .
Non dimenticate di spedire una cartolina una volta giunti sul posto: è stato realizzato un francobollo dedicato al baccalà Vicentino.
Per informazioni: festadelbaccala.com Ilgustodellesagre.it
La ricetta segreta del Baccalà Vicentino.
Ingredienti per 12 persone: per provare il gusto delle sagre bisogna attivare la convivialità e condividere il piacere
1 kg stoccafisso secco
250 g cipolle
1⁄2 l olio d’oliva non fruttato
3 /4 sarde sotto sale
1⁄2 l latte fresco
farina q.b
50 g grana grattugiato
un ciuffo di prezzemolo
sale e pepe Preparazione
Ammollare lo stoccafisso, già ben battuto, in acqua fredda, cambiandola ogni 4 ore, per 2-3 giorni.
Levare parte della pelle. Aprire il pesce per il lungo, togliere la lisca e tutte le spine.
Tagliarlo a pezzi quadrati possibilmente uguali.
Affettare finemente le cipolle; rosolare in un tegamino con un bicchiere d’olio, aggiungere le sarde dissalate, diliscate e tagliate a pezzetti; per ultimo, a fuoco spento, unire il prezzemolo tritato.
Asciugare e infarinare i vari pezzi di stoccafisso, irrorarli con il soffritto preparato, poi disporli uno accanto all’altro in un tegame di cotto o di alluminio, oppure in una pirofila (sul cui fondo si sarà versata, prima, qualche cucchiaiata di soffritto); ricoprire il pesce con il resto del soffritto, aggiungendo anche il latte, il grana, il sale e il pepe.
Unire l’olio fino a ricoprire tutti i pezzi, livellandoli.
Cuocere a fuoco molto dolce per 4 ore e mezza circa, muovendo di tanto in tanto il recipiente senza mai mescolare. In termine vicentino questa fase di cottura si chiama “pipare”. Solamente l’esperienza saprà definire l’esatta cottura dello stoccafisso che, da esemplare a esemplare, può differire di consistenza.
Servire ben caldo con polenta in fetta: il “Baccalà alla vicentina” è ottimo anche dopo un riposo di 12 – 14 ore. E a fine pasto rilassatevi davanti a un bicchiere di Amaro Ramazzotti con ghiaccio e una fettina d’arancia
OTTO Milena Camparada – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.