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“GIOVANI E LAVORO… IL MIO FUTURO E LA LIGURIA”
La Diocesi di Chiavari ha il piacere di invitarvi al convegno
“GIOVANI E LAVORO… IL MIO FUTURO E LA LIGURIA”
Organizzato e gestito insieme ai giovani delle Scuole secondarie di secondo grado
e degli Enti di Formazione Professionale della Diocesi di Chiavari
Interverrà anche il Governatore della Regione Liguria Giovanni Toti
PRESENTAZIONE INDAGINE SWG
Quella di Chiavari è una gioventù in attesa (il 42%). Sfiducia e paura sono legate (per il 45%) alla percezione di mancanza di lavoro
Le loro domande saranno oggetto di un dibattito con i protagonisti dell'economia locale
17 marzo 2018, ore 9 Auditorium San Francesco Chiavari
Le esperienze raccontate direttamente dai ragazzi, come chiave di lettura per comprendere, attraverso il confronto con istituzioni e realtà locali, le loro aspettative nei confronti del mondo del lavoro. Quali sono le aspettative degli studenti sul lavoro? Cosa si aspettano i giovani dalle istituzioni e dagli imprenditori? Qual è il ruolo del sistema scolastico, della formazione professionale e dell’università per rispondere alle esigenze del mercato del lavoro? Manca il lavoro o mancano le competenze?
Un evento pensato “per e con i giovani”, in un dibattito che li vede protagonisti di un confronto pensato per fornire risposte concrete alle loro domande, grazie all'intervento di rappresentanti degli enti locali, delle associazioni degli imprenditori e degli industriali, delle associazioni di categoria, delle istituzioni formative (università, scuole secondario, formazione professionale), delle parti sociali e della comunità ecclesiale
Fabio Miceli
MAIANO, L'ANTICO BORGO IN FESTA: DOMANI E DOMENICA 120 ARTIGIANI E ARTISTI DA TUTTA ITALIA
Torna la Mostra mercato promossa dalla Fattoria di Maiano, tante attività e eventi per tutti
Più di 120 artisti e artigiani provenienti da tutta Italia renderanno ancora più magico il borgo medievale di Maiano. La Fattoria di Maiano festeggia l’arrivo della primavera con l’attesa Mostra Mercato, un evento amato da grandi e piccini che lo scorso anno ha richiamato più di 5mila visitatori. Scultori, pittori, artigiani, sarti, marmisti e produttori agricoli e di eccellenze alimentari vestiranno a feste le sale e gli spazi, la maggior parte al coperto, del borgo. Due giorni alla scoperta di mestieri e sapori antichi nell’antico borgo di Fiesole, a 5,5 km dal centro di Firenze
Domani, 17 marzo, e domenica (ingresso dalle 9.30 alle 18.30, biglietto 7 euro, ingresso gratuito per gli under 10) dedicati alla bellezza, in cui gli artisti del pennello e gli scultori del legno si daranno battaglia per realizzare l’opera più bella e partecipare così all’assegnazione del premio Fattoria di Maiano- Assicoop Toscana. Aperti al pubblico il meraviglioso parco romantico della Regina e il botanic Garden con la fattoria didattica e i tanti animali che incantano i più piccoli. Ci sarà anche una mostra estemporanea di pittura a cura dell’associazione Artisti Fiesolani (informazioni sul sito www.artistifiesolani.it), poi un laboratorio di ceramica per bambini a cura di ”La Cocciaia” (per info e prenotazioni: 335 295839). Per gli amanti delle ruote, Brandini Auto come ogni anno farà provare i nuovi modelli sulle strade della Fattoria e la Focus Bike metterà a disposizione le sue E-mountain bike per un’esperienza nuova e affascinante. Il Ristorante Lo Spaccio garantirà ristoro ai visitatori e per l’occasione sarà anche possibile visitare il frantoio e tutto il ciclo di produzione oltre ad acquistare l’olio della fattoria a prezzi scontati.
“Sara’ una grande festa, che cresce e si arricchisce anno dopo anno. Vogliamo valorizzare un luogo unico, grazie a quanto di bello e buono gli artigiani e gli artisti creeranno davanti ai nostri occhi. Saranno due giorni all’insegna della bellezza e del divertimento”, commenta la famiglia Miari Fulcis, organizzatrice dell’evento e proprietaria della Fattoria.
Lorenzo Galli Torrini
IN 650 TRA RISTORATORI, ENOTECARI E SOMMELIER PER LA "PRIMA" DELL'ALTA LANGA: IL GRANDE INCONTRO A GRINZANE CAVOUR CON TUTTI I PRODUTTORI E LO STATO DELL'ARTE DI UNA DENOMINAZIONE IN CRESCITA
LA PRIMA DELL’ALTA LANGA - Un debutto in società, un’occasione che promette di restare negli annali della denominazione: l’Alta Langa Docg diventa grande e per la prima volta decide di raccontarsi in un evento diretto in particolare ai ristoratori, agli enotecari, ai sommelier del Nord Ovest.
Per farlo, il Consorzio ha organizzato ieri, lunedì 12 marzo, al Castello di Grinzane Cavour una “prima” dell’Alta Langa.
Riuniti in una sola, grande degustazione, tutti i produttori con le loro cuvée. Le case storiche che hanno dato vita al progetto Alta Langa ormai tre decadi fa (Enrico Serafino, Fontanafredda, Gancia, Giulio Cocchi, Tosti, Banfi) ma anche i produttori che hanno unito le forze in questi anni contribuendo con il loro lavoro a strutturare sempre di più la denominazione (Avezza, Bera, Paolo Berutti, Brandini, Bretta Rossa, Colombo Cascina Pastori, Roberto Garbarino, Germano Ettore, Giribaldi, Pianbello). E non sono mancate le novità: l’anteprima delle cuvée dei nuovi soci Contratto e Marcalberto.
Un’iniziativa evidentemente attesa e accolta con grande entusiasmo e partecipazione, che ha portato a Grinzane circa 650 addetti ai lavori da Piemonte, Lombardia, Liguria e Val d’Aosta per poter degustare più di 40 differenti cuvée tra bollicine bianche, rosate, riserve, grandi formati.
LA DENOMINAZIONE OGGI - L’Alta Langa Docg esiste formalmente da 16 anni, ma storicamente da un secolo e mezzo.
“Nasciamo come un gruppo di viticoltori e di case produttrici che stringono un patto per rivalutare uno dei vini più storici del Piemonte – ricorda il presidente del Consorzio Giulio Bava - e un territorio molto vocato e carico di fascino. La sfida era darsi le regole per fare grande il metodo classico piemontese, partendo dal territorio e dal metodo di produzione. Le capacità in vigna e in cantina erano consolidate ma mancava un indirizzo produttivo che desse riconoscibilità al vino e alla sua immagine. Si è partiti da un approfondito studio del territorio, dei terreni e delle esposizioni sperimentando una ventina di cloni di Pinot nero e Chardonnay sulle colline tra Monferrato e Langa. Una ricerca che ha portato a impiantare 40 ettari di vigneto e a produrre migliaia di ettolitri di vino e bottiglie per dieci anni, fino ad arrivare, nel 2002, ad avere le basi scientifiche per porre le regole di un disciplinare di produzione molto rigoroso”.
Il territorio scelto alla luce della sperimentazione si colloca a cavallo di tre province ed è rappresentato dalle colline al di sopra dei 250 metri. “Pur avendo terreni simili – precisa il presidente Bava - la zona esclude il territorio dei grandi Nebbioli dove le uve maturano molto per le caratteristiche dei vini base spumante”.
Terreni principalmente calcarei, bianchi, poco argillosi, con esposizioni diverse a seconda delle altitudini.
Una vigna di Alta Langa, finché è tale, può produrre solo Alta Langa e i suoi vini non possono essere riclassificati ad altre produzioni. I viticoltori quindi sono i primi a dover produrre qualità, altrimenti le uve perdono quasi tutto il loro valore.
L’uva è raccolta a mano in casse, per una resa che in cantina non raggiunge il 65 % in mosto.
A differenza degli altri grandi territori degli spumanti di qualità, uno degli aspetti più importanti della denominazione è che non prevede una cuvée d’ingresso ma solo millesimati.
Alta Langa è un vino di grande longevità, che si valorizza nel tempo e con l’affinamento sui lieviti. Per lo Champagne sono necessari 12 mesi di affinamento per le cuvée d’ingresso, 18 mesi sono richiesti per il Franciacorta: l’Alta Langa prevede, per le sue cuvée più giovani, minimo 30 mesi di affinamento.
Gli enologi sono dunque impegnati a produrre una qualità tale che duri nel tempo perché non esiste paracadute per chi sbaglia.
Anche per questo “l’Alta Langa è tutto buono!”, come ripete spesso Giulio Bava.
UN NUOVO LOGO PER IL CONSORZIO ALTA LANGA - Bollicine che raccontano un territorio. Questo il senso espresso nel logo che il Consorzio presenta ufficialmente oggi e sintetizza i valori distintivi del vino Alta Langa.
Oggi più che mai il Consorzio sta riscoprendo quei valori primigeni e caricandoli di nuovi, pregnanti significati.
Fin dai suoi esordi, Alta Langa è stato frutto di un accordo basato su un concetto fondamentale, la centralità del territorio: il terroirpiù adatto per la crescita delle uve migliori, la regione storica in cui è nato lo spumante italiano, la base di partenza per la promozione e la valorizzazione del vino.
Adesso questo primo punto di forza viene rinnovato nel "Patto con la Terra", il progetto di studio e ricerca che il Consorzio sta mettendo a punto con Piercarlo Grimaldi (Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo), per difendere le radici storiche e antropologiche delle alte terre di Langa.
Un racconto che si snoda tra le bollicine fresche, sapide e longeve di un vino e allo stesso tempo un vino capace di mostrare la bellezza abbagliante della nostra collina alta. L'identità e l'impegno del Consorzio sono rappresentati nel segno grafico di questo logo.
IL PATTO CON LA TERRA – “Il patto stipulato con la terra che impegna il Consorzio a custodire il territorio che i nostri antenati ci hanno consegnato con altruistico e generoso amore deve essere a fondamento di uno ereditato sviluppo antropico educato e civile che nel passato riconosce le ragioni logiche e affettive per progettare il futuro”. A dirlo è Piercarlo Grimaldi, Università degli Studi di Scienze Gastronomiche.
“Occorre, dunque, impegnarsi a recuperare i gesti e le parole che ancora conservano la memoria attiva della tradizione – continua Grimaldi -. Si tratta di un lavoro di ricerca che deve riportare alla luce le forme e le pratiche del mondo contadino. I saperi di un passato che hanno sempre dialogato con la natura in un quadro di reciproco rispetto tra terra e uomo. È questa l’eredità materiale e immateriale che il Consorzio vuole contribuire a raccogliere e conservare per testimoniare la profonda conoscenza di queste colline che oggi si presentano con due destini a volte contrapposti. La campagna delle terre basse ha conosciuto uno sviluppo che non sempre armonicamente si e integrato nel paesaggio, originando una traiettoria spazio-temporale che ha abbandonato la circolarità del tempo della tradizione, per rappresentarsi come un retta che non conosce più il saggio e mitologico tempo dell’eterno ritorno che, invece, si conserva sulle terre alte”.
IL PRIMO METODO CLASSICO ITALIANO - “Quello piemontese è il primo metodo classico italiano – spiega Alessandro Picchi, presidente di Gancia -. Già dall’inizio dell'800, i conti di Sambuy, influenzati dalla vicinanza geografica con la Francia e con le sue produzioni vinicole, diedero inizio in Piemonte alla coltivazione di alcuni vitigni francesi - Pinot Nero e Chardonnay in particolare - per produrre vini spumanti sul modello di quelli della Champagne.
Dopo gli studi di enologia, nel 1848 Carlo Gancia era partito per Reims con l’obiettivo di apprendere i segreti della produzione dello Champagne. Una volta rientrato a casa aveva avviato insieme al fratello Edoardo una piccola attività, dove aveva iniziato la produzione del primo spumante italiano utilizzando le tecniche di lavorazione del metodo “champenoise”. La produzione era iniziata con le uve moscato, tipiche della sua zona d'origine, e nel 1865 uscì lo “Spumante Italiano”, il primo Metodo Classico fermentato in bottiglia. Nel 1850, convinto che il suolo piemontese fosse ottimale per la coltivazione e la produzione di uve da spumante, Gancia iniziò un periodo di intenso lavoro e sperimentazione, coltivando Pinot Nero e Chardonnay soprattutto nella zona di Canelli: questa attività di ricerca, mirata alla selezione delle migliori uve per prodotti di prestigio, è stata la base e la spinta per la successiva sperimentazione della produzione di quella che oggi conosciamo come “Alta Langa Docg”. Presto arrivò anche il primo spumante Metodo Classico secco – da uve di Pinot nero e Chardonnay appunto – e il successo della Gancia”.
Dice l’assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte Giorgio Ferrero: "Rilanciare la storia e la tradizione dello spumante piemontese metodo classico, una tradizione sicuramente limitata nei numeri ma seria e significativa nella qualità, è uno dei grandi meriti del Consorzio Alta Langa. Oggi il Piemonte può vantare tra le sue eccellenze uno spumante che completa il ventaglio delle nostre ricchezze enologiche. Una impresa che è stata giocata con professionalità e passione dai vignaioli e dalle case spumantiere che ci hanno creduto e che ora cominciano a raccogliere i frutti meritati del loro lavoro”.
I NUMERI DELL’ALTA LANGA - L’Alta Langa è un vino che non permette speculazioni né tantomeno numeri giganti: tutto parte dal vigneto, comanda il vigneto.
Oggi i soci del Consorzio sono esattamente 100: 75 famiglie di viticoltori, 18 i produttori che già producono e vendono Alta Langa, altri sette che stanno per uscire con le loro cuvée entro un anno, per un totale di 25.
Il vigneto cresce nelle superfici in modo regolato: 40 ettari originali provenienti dalla sperimentazione ai quali si sono aggiunti nel tempo nuovi impianti per arrivare al dato aggiornato a oggi di 217 ettari di vigneto suddiviso in 100 ettari in provincia di Asti, 100 in provincia di Cuneo e 17 in provincia di Alessandria. Sono il risultato di una crescita ordinata e condivisa; alcuni vigneti sono giovani e non sono ancora in produzione, tant’è che nella scorsa vendemmia (peraltro molto scarsa) sono stati prodotti 1.200.000chilogrammi di uva, pari a 1.000.000 di bottiglie.
Con i nuovi impianti in produzione e con quelli previsti nei prossimi due anni si avrà un vigneto totale di 350 ettari, pienamente produttivo in cinque anni.
Marianna Natale – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 338.9819818
LA RUTA DEL PISCO: GLORIE NATURALI E PIACERI GASTRONOMICI DEL PERU'
Curiose strade secondarie e valli desertiche, così aride, eppure in altri modi così ricche fanno da sfondo ad un percorso che unisce il turismo d’avventura e culturale con quello enogastronomico.
Dalla capitale peruviana fino al confine con il Cile, la Ruta del Pisco mette a contatto appassionati di enogastronomia e visitatori alla ricerca del lato più autentico del Paese tra culture ancestrali e tradizione vitivinicola. Dagli affascinanti locali della capitale, alle vigne e le eleganti distillerie di Lunahunà e Ica, fino alle oasi e ai canyon di Arequipa, il percorso racconta un’identità nazionale che il Perù custodisce gelosamente. Il circuito, che si sviluppa da Lima a Tacna lungo il litorale peruviano, offre la possibilità di scoprire bar esclusivi, antiche botteghe coloniali, artigianato locale, itinerari storico – naturalistici e spettacoli folkloristici. Dal km 199 al km 291 della Panamericana in direzione sud, oltre ad alcune caratteristiche botteghe, si incontra anche il Museo del Pisco, l’unico museo didattico al mondo dedicato esclusivamente allo studio, diffusione e promozione del pisco, bevanda nazionale del Perù.
LIMA
Entrando al Bar Inglés del Country Club Hotel a Lima si rievocano antichi fasti e atmosfere del passato. Uno dei luoghi più citati dalla lettura peruviana, questo cocktail bar emblematico è lo sfondo ideale per un’iniziazione alla cultura del pisco. Il silenzioso ambiente, avvolto da pannelli di legno e un tempo frequentato da illustri personaggi come Johnny Weissmuller e Ava Gardner, è un tempio della bevanda nazionale del Perù. Il menù offre cocktail nazionali ed internazionali, oltre ad una splendida selezione di bevande a base di pisco: dal pisco liscio aromatico e non, ai più conosciuti pisco sours passando per gli aperitivi a base della famosa acquavite.
LUNAHUANÁ
Una piccola cittadina a sud Lima, un cuore romantico nel deserto, Lunahuaná si divide tra la produzione di vino e le attività fluviali. Entrambi devono la propria esistenza al Rio Cañete, le cui acque sono luogo ideale per le avventure di coraggiosi rafters e una preziosa fonte per l’irrigazione dei vigneti locali. Un tour tra la piazza principale, la Cattedrale e i vicoli di Lunahuaná farà sentire il visitatore immerso nel passato coloniale del Paese tra oggetti di artigianato e cocktail a base di pisco.
A conclusione di un’avventurosa escursione Lunahuanà offre tradizionali degustazioni in cantina, classica tappa di ogni enoturista.
PISCO
Proseguendo sulla Panamericana, in direzione sud nella Regione di Ica, la vista corre oltre le sabbie del deserto scorgendo il Pacifico. Il Perù sembrerebbe un luogo ostile per la coltura della vite ma rigogliosi filari sono già visibili dalla propria auto. Da Pisco, per gli appassionati di enogastronomia e design, si giunge fino ad una splendida bodega contemporanea ispirata all'architettura desertica della regione e che prende il nome dall’anno in cui si registrò per la prima volta la presenza di colture di uva nei dintorni di Pisco, Pisco 1615. Il vigneto faceva, originariamente, parte dell’antica Hacienda di Santa Cruz. All’interno delle cantine la tradizione si fonde con le più moderne tecnologie, raggiungendo uno degli standard di distillazione più elevati del pisco peruviano.
ICA
Procedendo verso la città di Ica, è possibile concedersi una tappa a Paracas, villaggio di pescatori e meta turistica rinomata in tutto il mondo. Ammirando la vista dalla costa si scorgono le Isole Ballestas che ospitano leoni marini, pinguini di Humboldt e specie di uccelli marini. Quest’area non è ricca solo a livello faunistico ma ospita anche floride vigne e liquorerie tra cui La Hacienda La Caravedo, risalente al 1684, nonchla più antica distilleria funzionante in America. Una visita a questa azienda offre l’opportunità di ammirare la storica struttura oggi assorbita da un’azienda estremamente tecnologica. Il mastro distillatore Johny Schuler, acclamato da molti come il Re del pisco, custodisce gelosamente la ricetta di lavorazione del pisco gesuita che produce seguendo gli insegnamenti originali. Visitare questi luoghi nel mese di marzo offre un’ulteriore opportunità di comprendere come la storia del pisco rappresenti una storia di mescolanza culturale tra popoli, grazie al Festival Internazionale della Vendemmia. Questa celebrazione riunisce tutti i produttori della regione per rendere omaggio alle uve della zona tra esibizioni di gruppi musicali tradizionali e i balli, degustazioni e la sfilata di bellezza della Regina della Vendemmia che, scelta tra le giovani ragazze della città, compie una passeggiata per le vie della città per poi calpestare i grappoli in una tinozza per estrarre il vino della festa.
AREQUIPA, MOQUEGUA E TACNA
Lasciando Ica, una visita alla spledida oasi di Huacachina è quasi d’obbligo. La splendida cittadina, dichiarata patrimonio culturale del Paese, è situata sulle sponde di un lago naturale ed è circondata da alberi, palme tropicali e imponenti dune. Spostandosi verso il confine meridionale del Paese si giunge ad Arequipa, anche conosciuta come “la città bianca”. Al termine di una giornata trascorsa tra le viste mozzafiato del Colca Canyon o le visite del monastero di Santa Catalina, del convento di Santa Teresa, costruito nel 1710 e in cui tutt’ora lavorano e vivono alcune suore, e della Plaza de Armas, un aperitivo da gustare nelle splendida cornice del ristorante Alma, dell’hotel Casa Andina Premium, è una delizia sia per gli occhi che per il palato. Lasciando la città ci si inoltra verso Moquegua, a metà strada tra la costa e le campagne. I pittoreschi villaggi della regione omonima ospitano antichi mulini, le valli abbondano di frutta e non mancano le aziende produttrici di vino e pisco,a Ruta del Pisco si conclude nella regione di Tacna, al confine con il Chile. La città è stata teatro di molte battaglie durante la Guerra del Pacifico e ha retto l’occupazione cilena per più di 50 anni, durante i quali la produzione di vino e pisco si è ridotta notevolmente. Nel 1930, quando Tacna è stata riannessa al Perù, l’industria “pisquera” nella regione si è riattivata con gran forza. Oggi, è possibile visitare molte botteghe locali dove si può acquistare il pisco, tra cui quella di Don César, produttore di uva nera Criolla e, famoso per il “Rancho San Antonio”, uno trai migliori ristoranti della regione, dove fu inventato il “Tacna Sour”, un cocktail molto elaborato, a base di pisco, limone e albicocche.
PROMPERÚ - La Commissione Peruviana per la Promozione delle Esportazioni e del Turismo l'organismo ufficiale specializzato in promozione turistica e marketing, collegato al Ministero del Commercio Estero e del Turismo del Perù.
Serena Novera
A FICO EATALY WORLD LA FINALE DEL XXX CONCORSO “MIGLIOR SOMMELIER JUNIOR” DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA SOMMELIER
Sarà Bologna, nella giornata del 20 marzo 2018, a ospitare l’edizione numero trenta
del contest dedicato alle giovani promesse della sommellerie italiana.
Prove preselettive, scritti, una prova orale e tanta pratica. Tecniche di servizio, cocktail, distillati e vini speciali; e ancora, viticoltura, enologia, enografia nazionale, degustazione e abbinamento cibo-vino secondo il metodo AIS. Al Concorso Nazionale “Miglior Sommelier Junior” non si scherza, anzi. L’Associazione Italiana Sommelier crede nelle potenzialità degli istituti professionali alberghieri, ai quali da trent’anni dedica un apposito concorso, diviso in due categorie: una riservata agli studenti del terzo anno e una dedicata ai ragazzi dell’ultimo biennio.
Non si tratta solo di premiare i più bravi, ma di valorizzare l’impegno di docenti e studenti di un intero indirizzo di studi, quell’alberghiero dal quale dovrebbe provenire la maggior parte delle nuove figure del vino.
Dopo la correzione delle preselettive e degli scritti, sarà compito di una giuria valutare le prove, pratiche e finali dei concorrenti rimasti. Assieme al Responsabile Concorsi, il Presidente Nazionale AIS, un sommelier professionista vincitore di concorso e un giornalista di enogastronomia: saranno loro, assieme al rappresentante dell’azienda ospitante, a eleggere i finalisti delle due categorie
Quest’anno sarà FICO Eataly World l’arena designata per la finale: il 20 marzo 2018, venti allievi selezionati tra gli alberghieri italiani, si troveranno a Bologna in compagnia dei propri insegnanti, per conquistare il migliore punteggio in assoluto.
Una borsa di studio per partecipare all’intero corso di formazione professionale AIS, e il titolo di “Miglior Sommelier Junior”, spetteranno ai vincitori di ciascuna categoria. Ai secondi classificati, una borsa per partecipare ai primi due livelli del corso; ai terzi, una borsa per iscriversi al primo. Un piccolo contributo dell’Associazione per incentivare la crescita dei futuri professionisti del vino.
Ufficio Stampa Associazione Italiana Sommelier
Elisa Braccia Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. m.p. +39 346 3951050
Paolo Angelini Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. m.p. +39 349 2394438