Home
LA FIRMA AROMATICA DEI VINI TEDESCHI
Presentata la seconda parte dello studio sulla caratterizzazione aromatica della Valpolicella, che ha chiarito per la prima volta scientificamente il meccanismo che definisce la territorialità di un vino. Riconosciuta la capacità di Tedeschi di custodire ed esaltare nei suoi vini ‘il senso del luogo di origine’. I risultati di 7 anni di ricerca raccolti in un libro.
Fruttato, balsamico, speziato/pepato, speziato dolce: sono queste le quattro grandi dimensioni olfattive individuate per i vini della Valpolicella grazie allo studio voluto dalla famiglia Tedeschi e presentate oggi in un incontro organizzato a San Pietro in Cariano al Polo Universitario San Floriano.
La ricerca, raccolta in un libro, è stata realizzata dal prof. Maurizio Ugliano, docente di Tecnologie e processi enologici e Wine identity and typicality presso il Dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona ed esperto di composizione aromatica dei vini, della loro longevità e dello sviluppo di pratiche di vinificazione finalizzate al potenziamento della tipicità aromatica.
“Con la mia famiglia – spiega Riccardo Tedeschi - ci siamo sempre impegnati nel sostenere e promuovere progetti che approfondissero la conoscenza del nostro territorio, per poterlo esaltare in vigna e in cantina e per poterlo valorizzare presso i consumatori. La collaborazione con il prof. Ugliano è cominciata nel 2017, con una ricerca sulla caratterizzazione aromatica delle varietà d’uva della Valpolicella, i cui risultati sono stati presentati nel 2021. Ora, con questo nuovo step, viene descritta ‘scientificamente’, la ‘firma aromatica’ dei nostri cru. A raccontarla ci ha aiutato con una prefazione sul libro e in conferenza Jamie Goodie, con la sua competenza e le sue doti di comunicatore”.
Goodie, scrittore di vino, oratore e conferenziere di fama internazionale, editorialista del quotidiano britannico The Sunday Express e collaboratore di The World of Fine Wine e di Wine&Spirit, ha accolto con entusiasmo i risultati dello studio: “Diamo grande valore al concetto di terroir, come insieme di terreno, clima, fattore umano perché percepiamo le differenze tra i vini durante l’assaggio, ma non c’era ancora una spiegazione scientifica che ne chiarisse il meccanismo. Ora finalmente iniziamo ad avere risposte scientifiche, che a loro volta sollevano una serie di nuove domande, che premiano la famiglia Tedeschi e invitano a proseguire questo studio”.
Un primo passaggio fondamentale dello studio ha riguardato la definizione delle caratteristiche olfattive dei vini ottenuti dalle principali uve del territorio, ossia Corvina e Corvinone, il cui assemblaggio è alla base dell’equilibrio e della complessità dei vini della Valpolicella. A grandi linee, vini ottenuti in purezza da Corvina si caratterizzano per una maggior intensità del carattere di frutti rossi e delle note floreali, mentre nel caso dei vini Corvinone risultano maggiormente presenti i composti associati a note vegetali e speziate.
“Si tratta quindi di due profili alquanto complementari nella costruzione stilistica dei vini della Valpolicella, nei quali accanto alle note fruttate, caratteristiche dei vini rossi, sono presenti aromi floreali, di spezie dolci, pepe e tabacco”, spiega Ugliano.
Sottolinea Ugliano che “l’approccio sperimentale adottato si è basato sulla combinazione di una strategia di vinificazione altamente riproducibile e su una serie di analisi chimiche avanzate, che hanno permesso di dimostrare, su vini di cinque diversi vigneti Tedeschi – Monte Olmi, La Fabriseria, Maternigo (Anfiteatro, Barila, Impervio) - nel corso di tre annate consecutive, l’esistenza di quello che abbiamo chiamato ‘il senso del luogo di un vino’, vale a dire la sua capacità di trasmettere una gamma unica di sensazioni olfattive e stimoli che, nel loro insieme, sono altamente rappresentativi dell’ambiente in cui le uve vengono coltivate”.
In particolare, i cinque vini dei cinque differenti vigneti hanno evidenziato una notevole diversità tra loro nel profilo aromatico e in annate consecutive, definendo tali caratteristiche come veri marcatori molecolari dell’identità di ciascun vino e quindi del suo senso del luogo. Terpeni con attributi floreali e balsamici così come il dimetil solfuro, potente composto aromatico con note di tartufo, sono al centro del senso del luogo dei vini La Fabriseria, soprattutto per la varietà Corvina. Differente il Monte Olmi, caratterizzato da un profilo unico di esteri aromatici fruttati e terpeni agrumati, mentre i vini della tenuta Maternigo sono caratterizzati da norisoprenoidi con caratteri di frutta matura e benzenoidi associati alle spezie dolci, in particolare per l’uva Corvinone.
Dalla ricerca è inoltre emerso che, contrariamente alla credenza comune, questo pool di sostanze odorosamente attive non comprende solo composti che derivano direttamente dall’uva, ma anche altri composti ‘nascosti’ scaturiti dalle complesse reazioni chimiche e biochimiche che si instaurano nel corso della fermentazione. Un’altra componente chiave è l’invecchiamento, durante il quale potenti composti odorosi fortemente influenzati dal vitigno e dall’ecosistema del vigneto di provenienza si accumulano, contribuendo ulteriormente all’espressione del senso del luogo del vino.
“Sebbene in una certa misura influenzate dall’appassimento e dalla vinificazione, queste caratteristiche sono risultate presenti sia nei vini in stile Valpolicella che in quelle in stile Amarone, attestando il potenziale dei cru di Tedeschi di esprimere l’enorme diversità dei luoghi della Valpolicella al di là delle pratiche di vinificazione”, è la conclusione di Ugliano al suo studio.
Lucia Boarini
AL G7 ANCHE IL KERNER ARISTOS DI CANTINA VALLE ISARCO
Ci sarà anche il Kerner Aristos di Cantina Valle Isarco nei calici del G7, che da oggi al 15 giugno riunirà i capi di Stato di Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti d'America, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen in Puglia, a Borgo Egnazia.
Il vino simbolo di Cantina Valle Isarco sarà servito in abbinamento al menu della tre giorni firmato dal 3 Stelle Michelin Massimo Bottura e intitolato “Vieni in Italia con me”, una proposta pensata per far degustare nei momenti di pausa dei grandi della Terra il meglio della cucina italiana. I dettagli sono ancora in via di definizione, ma la filosofia delle scelte a tavola è ben chiara: il top sia nel piatto sia nel bicchiere.
Così, il Kerner Aristos di Cantina Valle Isarco andrà in scena il secondo giorno, dedicato alle specialità del Nord Italia, e sarà abbinato a un classico di Bottura ispirato alla Liguria, Come un pesto alla genovese.
Assieme alla nota cantina altoatesina, una selezione fatta per l’occasione dalla star degli enologi, Riccardo Cotarella, tra il meglio del vino italiano: Sassicaia, Tignanello, Jermann, Marisa Cuomo, Gianfranco Fino, Ferrari, Bellavista, solo per citarne alcuni.
«Siamo particolarmente orgogliosi che il vitigno simbolo della Valle Isarco, il Kerner, e in particolare il nostro Kerner Aristor sia stato selezionato da Cotarella per questo evento di rilevanza mondiale assieme ad altri grandi nomi storici del vino italiano – afferma Armin Gratl, direttore generale della cantina –. Questo non può che significare che il lavoro di ricerca e qualità fatto sino a oggi ha premiato ed è uno stimolo per continuare su questa strada».
INNOVAZIONE E CUCINA: ÉCOLE DUCASSE RIDEFINISCE IL RUOLO DELLO CHEF GRAZIE ALL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Sin dalla sua creazione nel 1999, l'École Ducasse si è distinta per il suo approccio all’avanguardia nella gastronomia. Sotto l'impulso visionario del suo fondatore, lo chef pluristellato Alain Ducasse, l'istituto ha sempre cercato di oltrepassare le frontiere dell'arte culinaria. Oggi si distingue per l'introduzione di un'iniziativa senza precedenti: l'integrazione dell'intelligenza artificiale (AI) nei suoi programmi di formazione per i futuri chef.
Mentre è ormai consuetudine sentir parlare di IA in campi come il digitale o l'amministrazione, la sua implementazione in lavori che implicano occupazioni manuali, come quello dello chef, può sembrare meno immediata. Ecco perché l'École Ducasse ha deciso di rivolgersi a due esperti di nuove tecnologie, Anaïs Guesny e Anthony Virapin, co-fondatori di “Copilot Works”. La loro missione era quella di consentire agli studenti di comprendere e padroneggiare l'IA - anche in campi che non sono necessariamente i primi a essere presi di mira da questa tecnologia - in modo da poterne sfruttare appieno il potenziale fin da subito.
Anaïs Guesny e Anthony Virapin dedicano la loro esperienza a insegnare ai futuri chef come l'IA possa arricchire la loro vita quotidiana senza snaturare la loro creatività e l'essenza della loro professione. Ad esempio, grazie all'IA generativa (tecnologia che utilizza algoritmi per creare nuovi contenuti come testi, immagini o musica a partire da dati esistenti), gli chef possono ottimizzare la gestione dell'inventario, migliorare la pianificazione dei menu, calcolare l'impronta di carbonio o perfezionare la comunicazione digitale con i clienti. L'obiettivo non è assolutamente quello di sostituire la creatività umana, ma piuttosto di integrarla, liberando le persone da compiti che possono essere più lontani dalle competenze principali dello chef e che spesso richiedono molto tempo, pur essendo essenziali per il buon funzionamento della loro attività.
Anais Guesny spiega: "L'intelligenza artificiale può essere utile anche nella professione dello chef, fornendo strumenti aggiuntivi in
modo che possano concentrarsi sulla loro passione: la cucina o la pasticceria. Grazie a queste tecnologie, gli chef possono arricchire le loro competenze, diventando capaci di gestire sia la creazione culinaria che gli aspetti più logistici, comunicativi, finanziari e gestionali della loro professione."
L'approccio didattico dell'École Ducasse è pragmatico e flessibile. I moduli di apprendimento AI sono progettati à la carte in base alle esigenze specifiche di ogni corso. Questi moduli sono intensamente pratici, con l'80% di lezioni pratiche e il 20% di teoria, il tutto illustrato da casi reali applicati al lavoro dello chef. Le risorse formative sono rese disponibili sulla piattaforma online CopilotWorks.com, consentendo agli studenti di apprendere e testare gli strumenti di IA. Questa metodologia garantisce una comprensione approfondita e un'applicazione diretta dei concetti studiati.
Grazie a questo apprendimento pratico, gli studenti stanno imparando che l'intelligenza artificiale, in particolare con strumenti come ChatGPT, farà loro risparmiare tempo prezioso nella loro carriera. Ad esempio, scrivendo risposte ai commenti sul loro ristorante e migliorando così la loro reputazione, oppure generando idee e contenuti per i loro social media in pochi secondi. Ampliando così il campo d'azione, l'intelligenza artificiale può rivelarsi preziosa anche per definire i prezzi di vendita dei piatti del locale, tenendo conto del costo degli ingredienti, del tempo di preparazione e dei prezzi di mercato.
All'École Ducasse vige la ferma convinzione che la competenza nell'uso dell'IA sia una risorsa fondamentale per gli chef di domani. Elise Masurel, direttore generale dell'École Ducasse, esprime questa visione in questi termini: "All'École Ducasse crediamo fermamente che la padronanza dell'IA sia una questione importante per i futuri chef. Il nostro obiettivo è quello di formare chef non solo tecnicamente eccellenti, ma anche preparati ad affrontare le sfide contemporanee dell'imprenditoria sia nel settore della ristorazione che in quello della pasticceria".
L'École Ducasse continua così ad essere all'avanguardia nell'innovazione culinaria, fedele allo spirito pionieristico di Alain Ducasse. Grazie all'AI, gli studenti possono ora affrontare la loro professione con una visione più ampia, in cui ogni strumento tecnologico diventa un motore per mettere in luce il loro talento e ottimizzare il loro lavoro quotidiano.
Saldamente all'avanguardia della gastronomia moderna, l'École Ducasse si dedica alla formazione di chef che siano allo stesso tempo artigiani e innovatori, pronti a scrivere nuove pagine di storia culinaria.
Marialuisa Scatena
4 HANDS DINNER ALLA TÉA DEL KOSMO DI LIVIGNO
È stata la celebrazione della cucina (davvero) sostenibile e i sapori della montagna, con gli chef Michele Talarico, executive di Téa del Kosmo e Mauro Siega executive chef di Atelier Moessmer Norbert Niederkofler
Proseguono gli appuntamenti a 4 mani ad alta quota. Quello di mercoledì 12 giugno, presso il ristorante Téa del Kosmo di Livigno, ha visto coinvolte la passione e le abilità di Michele Talarico, artefice di una cucina pulita, virtuosa e rispettosa dell’altro. Non solo sapori buoni e genuini: alla Téa tutto è realizzato in un’ottica no waste dove lo “scarto” scompare, perché ogni ingrediente è utilizzato nella sua interezza partendo dalla disponibilità reale e quotidiana delle eccellenze del territorio. Ad accompagnare Michele c’è stato Mauro Siega, executive chef di Atelier Moessmer Norbert Niederkofler.
Un’occasione per intraprendere un viaggio sensoriale connettendosi con la natura circostante, imparando a conoscerla e rispettandone la ciclicità. Ad intrattenere gli ospiti, un menù degustazione creativo e saldamente ancorato ai valori della montagna, coerente ai principi cardine dei due ristoranti protagonisti. Le grandi cose nascono dagli incontri, tra uomo e natura ma anche tra menti “affini”, e lo sanno bene Michele Talarico e Siria Fedrigucci, direttrice della Téa del Kosmo.
«Da questa cena è emersa ancora più nitidamente la differenza tra la filosofia di Téa e quella del ristorante Kosmo» dichiara Talarico, sottolineando il grande lavoro che si cela dietro a un progetto tanto ambizioso. Quella di Téa, infatti, si propone come un’esperienza gastronomica unica che abbraccia la filosofia del “no waste” in modo ancora più radicale ed essenziale, attraverso piatti fedeli alla nuova filosofia dell’ingrediente intero: secondo questo nuovo approccio, ogni prodotto (vegetale o animale) viene utilizzato nella sua interezza, così che non ne vada perduta nemmeno una parte. Perché lo spreco è solo un fallimento dell’immaginazione. Si tratta di un tipo di lavoro portato avanti da persone che non si arrendono alle difficoltà ma cercano di rendere “semplici” dinamiche (come quella del rispetto per l’ambiente) naturalmente molto complesse.
«Ciò che ha reso ancora più speciale l’esperienza è stata l’atmosfera autentica, combinata a una proposta gastronomica caratteristica dove ad essere protagonista è stato l’amore che
mettiamo ogni giorno nel nostro lavoro» continua lo chef Talarico, sottolineando anche l’importanza di riportare alla luce antiche usanze e tradizioni di montagna che purtroppo vanno, via via, scomparendo. Dimostrando così una volontà di contribuire, per mezzo della cucina, alla tutela della diversità agricola in montagna. Riscoprire, valorizzare e mostrare al pubblico varietà quasi abbandonate significa dare voce a tutti quei contadini e agricoltori che, custodi di pratiche secolari, mantengono in vita anche tratti del paesaggio.
Dal canto suo Siega si augura «un’unione ancora più affinata tra Atelier Moessmer Norbert Niederkofler e Téa, due progetti connessi al paesaggio montano che in occasioni come questa si uniscono assemblando diverse tipologie di prodotti, pensieri e dunque piatti, basati sempre su una filosofia di rispetto di persone, natura e territorio». I punti in comune tra le due cucine sono tangibili: non solo il rispetto del prodotto e di chi ci sta dietro ovvero contadini, caseari, allevatori ma anche la ricerca costante per lo sviluppo di tecniche che consentano di portare in tavola qualcosa di diverso e memorabile.
Un continuum della filosofia sostenibile Cook the Mountain di Norbert Niederkofler e Paolo Ferretti di cui Atelier Moessmer Norbert Niederkofler è la casa. Questo approccio, diventato negli anni un vero e proprio stile di vita, si fonda su una relazione trasparente e diretta con produttori locali, la riduzione degli scarti e la stagionalità come mantra assoluto. Ospite speciale della serata è stato proprio lui, lo chef 3 stelle Michelin e stella verde per la sostenibilità e il proprietario del Ristorante che porta il suo nome, che ha tenuto a battesimo Tèa del Kosmo: uno dei primissimi ristoranti fine dining di Livigno nato a completamento dell’esperienza Kosmo Taste the Mountain.
Ecco perché il ritorno dello chef altoatesino segna un momento importante per la ristorazione locale, un ponte tra due eccellenze - Téa del Kosmo, e Atelier Moessmer Norbert Niederkofler - l’affinità tra “due team”, un’unione di saperi, tecniche e conoscenza del territorio e dei suoi prodotti, in un progetto che porta a Livigno la cucina di montagna nella sua
più alta forma di valorizzazione.
Sara Degl’Innocenti
L’EDIZIONE ZERO DI AMPHORA REVOLUTION: SPOTLIGHT SUL VINO IN ANFORA CHE HA DISEGNATO NUOVE PROSPETTIVE PER IL FUTURO
L’evento targato Merano WineFestival e Vinitaly, svoltosi il 7 e 8 giugno alle Gallerie Mercatali di Veronafiere, ha ospitato oltre 101 aziende produttrici di vino in anfora provenienti da tutta Italia e ha “piantato un seme per il futuro” dando voce a una particolare nicchia dell’enologia. Interessante occasione di networking tra convegni scientifici e di ricerca, curati dal professor Attilio Scienza, masterclass e tavole rotonde con gli enologi a confronto. Presentata, inoltre, durante l’inaugurazione, la nuova guida ufficiale “The WineHunter Amphora Award 2024” e premiati i WH Amphora PLATINUM Award.
Obiettivo raggiunto per Amphora Revolution, il primo evento nazionale e internazionale dedicato ai vini in anfora, nato dalla joint venture tra Merano WineFestival e Vinitaly, che si è svolto il 7 e l’8 giugno nelle Gallerie Mercatali di Veronafiere. La manifestazione, infatti, si è dimostrata un’importante rampa di lancio per una nicchia enologica che ha recuperato una tradizione antica come innovazione. «È stato piantato un seme per il futuro» dichiarano Helmuth Köcher – The WineHunter e patron di Merano WineFestival - e Maurizio Danese – amministratore delegato di Veronafiere, che hanno ideato Amphora Revolution proprio per creare un punto di incontro tra i produttori di vini in giare di terracotta, nonché promuovere e valorizzare questa tecnica antica ma al tempo stesso rivoluzionaria. Qualificate le presenze, sia per quanto riguarda i winelover, molto informati, e gli operatori professionali con buyer e più di 100 giornalisti accreditati: la tendenza ha mostrato un pubblico specializzato e fortemente interessato e preparato al tema, un segnale positivo che sprona però a porsi l’ulteriore obiettivo di coinvolgere una platea sempre più ampia e variegata.
LA GUIDA UFFICIALE E LE PREMIAZIONI THE WINEHUNTER AMPHORA AWARD
Nel contesto dell’inaugurazione di Amphora Revolution, venerdì 7 giugno è stata presentata ufficialmente la nuova guida “The WineHunter Amphora Award 2024”, la prima guida dedicata interamente ai vini in anfora, ideata da Helmuth Köcher, che include una selezione di vini degustati e premiati da una speciale commissione d’assaggio. Con l’occasione, sono stati assegnati i premi WH Amphora Platinum Award, ovvero il massimo riconoscimento possibile, ai vini: REND NEN 2020 Erbaluce di Caluso di Luca Leggero (Piemonte), MIGIU Isola dei Nuraghi 2021 di LE ANFORE (Sardegna), Chambave Muscat 2022 di Rosset Terroir (Valle D’Aosta), Garnellen 2020 di Tröpftalhol (Alto Adige). Assegnati inoltre gli Amphora Wine Packaging, per l’etichetta più rappresentativa a Cielo Sommerso di Tenuta San Marcello (Marche) e Pagus Cerbaia di Poggio al Tesoro (Toscana).
WALK AROUND TASTING E QVEVRI WINES
Oltre 101 le aziende produttrici di vini in anfora provenienti da tutta Italia presenti ai banchi di assaggio allestiti alle Gallerie Mercatali di Veronafiere nelle giornate di venerdì 7 e sabato 8 giugno, a cui si è aggiunta una selezione di etichette georgiane Qvevri Wines, di vini subacquei e prodotti da vitigni antichi, con la partecipazione di G.R.A.S.P.O., Gruppo di ricerca ampelografica sostenibile per la preservazione della biodiversità viticola che identifica, cataloga e vinifica vitigni antichi e minori a livello nazionale e internazionale. Una proposta di eccellenze che ha attirato in particolare un pubblico di appassionati e operatori del settore specializzati e che si è rivelata un importante punto di incontro e confronto tra aziende vitivinicole, unite dalla stessa curiosità e dedizione per il recupero dell’antica tecnica di vinificazione in anfora.
CONVEGNI E SIMPOSI
Intenso il programma di convegni tecnico scientifici e di ricerca, simposi e tavole rotonde organizzati durante Amphora Revolution che ha disegnato nuove prospettive per il futuro dei vini in anfora. Occasioni di confronto, analisi ed elaborazione di dati che hanno evidenziato una tecnologia antica come innovazione e rivoluzione, specialmente in risposta alle sfide dettate dal rispetto della sostenibilità e dai cambiamenti climatici in atto. Il professor Attilio Scienza, presidente del comitato scientifico della manifestazione, ha condotto panel tecnico-scientifici con la partecipazione di: Nereo Pederzolli, dei professori Osvaldo Failla e Raffaele Guzzon, David Maghradze e Steven Batjuk in “The Wine Odyssey – from the past to the future”; il MW Andrea Lonardi, Manna Crespan, Gianluca Telolli, Aldo Lorenzoni e Luigino Bertolazzi in “GRAPE TRACKER. Vitigni dal passato per vini del futuro”. Successo anche per il panel di ricerca “Evoluzione dei vitigni e delle anfore. Il miglioramento delle varietà georgiane: la selezione clonale e la creazione di genotipi resistenti alle malattie” con Eugenio Sartori di Vivai Cooperativi Rauscedo e il georgiano Steven Batjuk. Alla tavola rotonda “Enologi Italiani a confronto”, condotta da Andrea Radic e Francesca Granelli, hanno partecipato: Elena Casadei (Le Anfore), Michele Bean (Roi Clâr), Francesco Mondini (Etruscanywine), Robin Baum (Winemakersclub Italia), Stefano Parisi (Poggio al Pino 1872) e Josef Reiterer (Arunda). La tavola rotonda “Vini georgiani: l’origine della viticoltura” ha visto, invece, gli interventi di Carlo Catani e Massimo Palmieri e la moderazione di Helmuth Köcher. Infine, la tavola rotonda “Produttori di anfore” ha visto la partecipazione di Michele Bean (Sirio Anfore), Massimo Carbone (Winejars), Luca Risso (Clayver) e Federico Manetti (Manetti e Gusmano) con Helmuth Köcher e Andrea Radic.
LE MASTERCLASS
Dalla teoria alla pratica: le masterclass di Amphora Revolution sono state preziosa occasione per vivere un’esperienza sensoriale e gustativa che ha condotto i partecipanti in un viaggio nel tempo e nello spazio. “Vini Rossi in Anfora - Un viaggio alla scoperta dei sensi, dal passato al futuro: il confronto” è stata dedicata a sei vini rossi prodotti in anfora - Hadrianum (Abruzzo), Drei Donà (Emilia – Romagna), La lepre e la luna (Marche), Roi Clâr (Friuli), Catabbo (Molise), Terrae Laboriae (Campania) - e moderata dal giornalista e conduttore televisivo Andrea Radic insieme a Simona Geri, degustatore, commissario di giurie nazionali e internazionali, membri della nuova commissione “The WineHunter Amphora Award”. La masterclass “10 Custodi per 10 Vitigni Rari – biodiversità viticola in Italia” moderata da Aldo Lorenzoni e Luigino Bertolazzi, ha svelato il segreto dell’origine della biodiversità viticola italiana, moderata da Aldo Lorenzoni di G.R.A.S.P.O. Presenti i vini delle cantine: La Chimera (Avanà Metodo Classico), La Rabiosa (Vernazola), Emilio Bulfon (Sciaglìn), In Sordina (Pomella), Santa Maria Valverde (Dindarella), Tenuta La Marchesa (Uvalino), Tenuta di Pietra Porzia (Lecinaro), Terenzuola (La Merla), Sacramundi (Saccola) e Sassotondo (Nocchianello Nero). La masterclass di Roero Bric Castelvey “Territorio unico: Langhe bianco – Langhe Rosso” ha trasportato gli ospiti tra le colline piemontesi con Cristian Gallino. “L’arte dell’anfora: sensazione ed evoluzione del vino bianco in terracotta” ha portato in degustazione sette vini bianchi, espressione della naturalità e della purezza, a cura di Andrea Radic e Simona Geri, delle cantine: Feudo Antico (Abruzzo), Luca Leggero (Piemonte), Petrognano (Toscana), Le Anfore di Elena Casadei (Toscana), Vigne San Lorenzo (Emilia-Romagna), Tenuta San Marcello (Marche) e Tenuta La Regola (Toscana). Infine, “Underwater Wines – Vino Subacqueo: alla scoperta delle profondità della maturazione del vino”, a cura di Andrea Radic, ha proposto una speciale panoramica sul particolare processo di invecchiamento e affinamento sotto il mare con le cantine: Cantine Paololeo (Puglia), Cantina di Venosa (Basilicata), Tenuta del Paguro (Emilia-Romagna), Consorzio AGER Asprino (Campania), Jamin Portofino (Liguria) e Vallecamonica (Lombardia).
Stefania Mafalda +39 345 5810 157